Luglio 2018
 
Subire traumi nell'infanzia espone la persona a maggiori rischi di dipendenza dalla cocaina. Un ruolo importante in questo fenomeno sembra averlo il sistema immunitario. Questo il risultato di uno studio realizzato della Fondazione Santa Lucia Irccs in collaborazione con le Universita'di Roma Sapienza e Tor Vergata. I ricercatori hanno analizzato 40 persone in trattamento per il disturbo di dipendenza dalla cocaina, osservando che l'esposizione a tale sostanza aveva indotto un'alterazione nel funzionamento del sistema immunitario.

Sorprendentemente, questa condizione era particolarmente marcata nei soggetti che durante la loro infanzia avevano subito abusi e maltrattamenti. "Il maltrattamento, soprattutto emotivo, provoca nel bambino uno stress capace di attivare una risposta infiammatoria abnorme e di alterare la maturazione del sistema immunitario con una modifica permanente del suo funzionamento- spiega la dottoressa Valeria Carola, Ricercatrice del Laboratorio di Neurobiologia del Comportamento dell'Irccs Santa Lucia e coordinatrice della ricerca- Dal momento che la cocaina si lega ai recettori TLR4 del sistema immunitario per produrre i suoi effetti, questa particolare sensibilita' del sistema immunitario rende il soggetto piu' esposto al rischio di dipendenza e di ricadute durante l'astinenza. In piu' aumenta per il soggetto il rischio di malattie del sistema nervoso centrale indotte dall'abuso di sostanze, innanzitutto l'ictus". Attraverso l'osservazione incrociata di dati raccolti mediante analisi del sangue e di funzioni biologiche del sistema nervoso centrale, i ricercatori hanno anche dimostrato che l'alterazione del sistema immunitario in eta' precoce contribuisce a modificare la formazione del sistema dopaminergico.
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Migliora, con studi di maggior dettaglio, il quadro conoscitivo nazionale

 

Si aggiorna lo scenario del dissesto idrogeologico in Italia: nel 2017 è a rischio il 91% dei comuni italiani (88% nel 2015) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità. Aumenta la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9% rispetto al 2015) e quella potenzialmente allagabile nello scenario medio (+4%); tali incrementi sono legati a un miglioramento del quadro conoscitivo effettuato dalle Autorità di Bacino Distrettuali con studi di maggior dettaglio e mappatura di nuovi fenomeni franosi o di eventi alluvionali recenti. Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio.

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È il quadro che emerge dai risultati di uno studio condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla rivista internazionale “Frontiers in Psychiatry”.
È elevata la prevalenza degli adolescenti italiani con comportamenti a rischio di dipendenza da sostanze e non solo: oltre il 22% dei giovani che frequentano le scuole superiori presenta un rapporto disfunzionale con il Web. È il dato che emerge da uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Frontiers in Psychiatry”.

La ricerca è stata condotta dal Dottor Marco Di Nicola e coordinata dal Professor Luigi Janiri dell’Unita operativa Complessa del Gemelli e Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica e dimostra anche una relazione tra l’uso problematico di Internet ed un peggiore rendimento scolastico, oltre che alcuni tratti di personalità e caratteristiche psicologiche già associati al rischio di sviluppare disturbi psichici.

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In relazione ai recenti casi di morsi di ragno violino che hanno interessato i media e la popolazione, il Centro Antiveleni della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, che in questi giorni sta ricevendo numerose telefonate da cittadini allarmati, ha elaborato una scheda - questionario informativa per fare chiarezza sulla reale pericolosità dell'aracnide con l'obiettivo di fugare paure ingiustificate.

Le risposte che seguono sono state redatte dal dott. Maurizio Paolo Soave

 Il recente allarme sul ragno violino è giustificato da dati reali ?

L’allarme sul ragno violino veicolato dai giornali e dai social media ha provocato un significativo aumento delle chiamate ai Centri Antiveleni e degli accessi ai Dipartimenti di Emergenza degli Ospedali. Il ragno violino è sempre stato presente in Italia e non esistono dati che giustifichino un aumento del livello di attenzione rispetto alla pericolosità dell’esposizione dell’uomo al morso del ragno.

 

Il ragno violino è aggressivo ?

No, è un animale schivo e solitario. Non attacca e si difende solo se disturbato.

Si sono verificati recentemente fenomeni ambientali o climatici che possono aver causato una infestazione da ragno violino ?

La riproduzione degli aracnidi varia in base a condizioni e fattori non sempre prevedibili e misurabili. Non esistono dati in favore di una particolare significatività della riproduzione del ragno violino e in ogni caso non si può parlare di fenomeni di infestazione

 

La presenza del ragno violino in Italia è un fenomeno biologico nuovo ?

Il ragno violino è da sempre presente nel Lazio e in Italia e casi di morsi sono da sempre raccolti e documentati dai Centri Antiveleni.

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 Mosquitoes (left) inject malaria parasites (top middle) into skin. The parasites move very rapidly (bottom middle left) using a protein that is very similar to the one our cells (lower middle right) use to construct their form and contract: actin (right). Douglas and co-workers found that certain parts of the parasite protein are responsible for the different behavior of the actin in parasites. Image: Heidelberg University Hospital/ HITS/ ZMBH (66)

Elementary cytoskeleton protein is different in parasites and represents a starting point for a possible new therapy against malaria infections. Researchers from the Heidelberg University Hospital, the Centre for Molecular Biology at the University of Heidelberg (ZMBH), and the Heidelberg Institute for Theoretical Studies (HITS) have published these findings in the journal “PLOS Biology”.

Malaria parasites of the genus Plasmodium move ten times faster through the skin than immune cells, whose job it is to capture such pathogens. Heidelberg scientists have now found a reason why the parasite is faster than its counterpart. They did this by studying actin, a protein that is important to the structure and movement of cells and that is built differently in parasites and mammals. The findings of Ross Douglas and his colleagues at the Centre for Infectious Diseases (Department of Parasitology) at Heidelberg University Hospital, the Centre for Molecular Biology at the University of Heidelberg (ZMBH), and the Heidelberg Institute for Theoretical Studies (HITS) are not only changing our understanding of a key component of all living cells, but they also provide information that could help in the discovery of new drugs.

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Researchers have found that a major component of cinnamon oil can help to clear certain bacterial infections.

Dr Sanjida Topa from Swinburne University of Technology, Australia, looked towards traditional medicine to treat bacterial infections. Dr Topa used cinnamaldehyde (CAD), a component of cinnamon essential oils.
 In a paper published in Microbiology, researchers tested the ability of CAD to break up the protective layer which forms over Pseudomonas aeruginosa infections.
 The research found that CAD broke down 75.6% of P. aeruginosa biofilms. In addition to this, CAD also affected the formation of biofilms and the ability of the bacteria to spread. Dr Topa said, ‘These findings definitely contribute to the search for novel antimicrobials.’

P. aeruginosa is a common cause of bacterial infection in immune-compromised patients, including those with cystic fibrosis, diabetes or cancer. During infection, the bacteria group together and form a protective layer known as a biofilm. Biofilms act as a shield against antibiotics and the immune system, making infections very difficult to clear.

Pubblicato in Scienceonline
 
Grazie a uno studio condotto a Roma presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs-Universita' Cattolica, con il supporto tecnico dell'Irccs San Raffaele Pisana, potrebbe presto divenire possibile sapere chi si ammalera' di demenza (anche di Alzheimer) con un doppio test combinato - semplice e low cost - basato su un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma (Eeg). Il test sara' rivolto a tutti coloro che presentano un lieve declino cognitivo (Mci e' l'acronimo in inglese) e che proprio per questo hanno un rischio 20 volte piu' elevato di ammalarsi di demenza rispetto ai coetanei sani. Ma solo la meta' di coloro che hanno una forma di declino cognitivo lieve svilupperanno effettivamente poi la malattia; a oggi non e' dato prevedere chi si ammalera' e chi no in modo semplice, economico e non invasivo, ma servono esami onerosi come la Pet, la risonanza magnetica o la puntura lombare.

La ricerca che potrebbe rappresentare una svolta almeno per questo gruppo di soggetti a rischio e' oggi pubblicata sulla prestigiosa rivista Annals of Neurology ed e' stata coordinata dal professor Paolo Maria Rossini, direttore dell'Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e ordinario di Neurologia all'Universita' Cattolica, con la collaborazione del dottor Fabrizio Vecchio dell'Irccs San Raffaele Pisana di Roma, del professor Camillo Marra, responsabile della Clinica della Memoria della Fondazione Gemelli, della dottoressa Francesca Miraglia, bioingegnere presso il Policlinico Gemelli, del professor Danilo Tiziano, della Genetica medica della Fondazione Gemelli, e del dottor Patrizio Pasqualetti, responsabile bio-statistico e direttore scientifico dell'Associazione Fatebenefratelli per la ricerca (AFaR).
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“Diarrea e febbre i rischi principali, ma non si possono escludere complicazioni in alcuni casi. Igiene, sorveglianza e controlli degli alimenti sono le misure preventive necessarie” spiega il dott. Marco Tinelli, Segretario SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali

 

IL BATTERIO LISTERIA - In questi ultimi giorni si parla molto di alcuni alimenti, sia di natura vegetale che animale, colonizzati dal microrganismo Listeriamonocytogenes, che sono prodotti da alcune grandi catene alimentari e poi venduti al pubblico dalla grande distribuzione in tutta Europa. Il ministero della Salute ha richiamato dal commercio un lotto di prosciutto cotto proprio per rischio di Listeria; una settimana fa era toccata sorte analoga ai minestroni di una nota marca di surgelati. Cosa sta accadendo?

“La Listeria monocytogenes è un batterio Gram positivo” spiega il dott. Marco Tinelli, Segretario della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali - SIMIT “che normalmente è presente sia a livello ambientale (nel suolo, nell’acqua, nella vegetazione), che animale (uccelli, pesci ed anche mammiferi). Il batterio tende a resistere a temperature sia molto basse che elevate e quindi può persistere anche molto a lungo nell’ambiente. Tale elevata resistenza e persistenza nell’ambiente è il motivo per cui periodicamente esso può essere trovato nelle derrate alimentari anche dopo salatura, in alimenti di solito a media scadenza e spesso conservati in refrigeratori”.

Listeria monocytogenes si può trovare in vari alimenti che siamo abituati ad assumere: verdure crude e insalate preconfezionate, carni specie congelate, pesce, latte non pastorizzato. Casi di trasmissione dell’infezione dovute a contatto diretto con animali, ambienti contaminati o tra uomo e uomo sono tuttavia molto rari.

“Clinicamente le infezioni da Listeria monocytogenessono sono quasi sempre gastro-enteriche, con diarrea che compare a poche ore dall’assunzione di cibi contaminati, in qualche caso accompagnata da febbre” chiarisce Tinelli. “Sono sintomi che quasi sempre vengono catalogati come “tossinfezione alimentare”, che nella gran parte dei casi non determinano conseguenze (solo in alcuni pazienti fragili come i bambini piccoli e gli anziani la diarrea provoca disidratazione e può essere necessaria un’infusione di liquidi per via endovenosa). In alcuni rari casi e specie in persone con immunità gravemente compromessa, come ad esempio per malattie neoplastiche o per cicli di terapie farmacologiche (farmaci anti neoplastici, cortisonici, anti rigetto dei trapianti ecc.), la forma clinica può diventare “invasiva” e provocare patologie pericolose per la vita come meningiti e sepsi. Il trattamento delle forme gravi è con antibiotici per circa 2-4 settimane e, se riconosciute in tempo, si possono controllare e portare a guarigione”.

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Foto 1: Campo scientifico in un lago perennemente ghiacciato di Tarn Flat (Foto Baio © PNRA) Un team di ricerca al quale partecipa anche l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Cnr sta studiando le forme di vita nelle brine dei laghi ghiacciati del Polo Sud, ambienti che ripropongono condizioni estreme simili a quelle presenti sul Pianeta Rosso. La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports

 Un team di ricerca italiano del quale fa parte anche l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iamc) di Messina, oltre alle Università dell’Insubria, di Perugia, di Bolzano, di Trieste, di Venezia e della Tuscia, ha studiato in Antartide le brine, liquidi molto salati, in cui prosperano microorganismi che si sono adattati a vivere in crio-ecosistemi (sistemi estremi caratterizzati da basse temperature). Lo studio è stato condotto in un lago perennemente ghiacciato di Tarn Flat, nella Terra Vittoria, dove sono stati rinvenute due distinte comunità di funghi in due strati di brine, separati da un sottile strato di ghiaccio di 12 cm. I risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.

“Quanto evidenziato rende possibile ipotizzare una prospettiva di vita anche in ambienti analoghi, quali le Lune ghiacciate del sistema solare o Marte. L’ipotesi che possa esistere una qualche forma di vita in ambienti extraterrestri è legata al fatto che vi è stata rilevata la possibile presenza di brine, come in Antartide”, spiega Maurizio Azzaro del Cnr-Iamc, coautore dello studio. “I crio-ecosistemi sono studiati per comprendere come queste realtà funzionino sulla Terra e quali potrebbero essere le fonti di energia in grado di consentire la vita in analoghe condizioni estreme. Ancora non sappiamo se nelle brine di altri pianeti del sistema solare ci siano microbi ma per studiare la possibile abitabilità di tali sistemi extraterrestri, in futuro, si potrebbero impiantare microbi terrestri”.

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Insectivorous birds, represented by more than 6,000 species, are found across the world in all major land ecosystems. The fact that they are extremely useful as natural enemies of herbivorous insects had been known for some time. Zoologists at the University of Basel, the University of Utah (Salt Lake City), the University of Illinois (Chicago), and Koç University (Istanbul) have now used calculations to highlight their global ecological importance.

Comparable to human consumption of meat and fish

Based on these estimates, the world’s insectivorous birds have a total weight of around 3 million tons. Every year they eat 400 to 500 million tons of insects and other arthropods such as millipedes and spiders. Thus, the world’s insectivorous birds annually consume about the same amount of energy as a megacity the size of New York, which has a value of about 2.8 exajoules.

The amount of food consumed by insectivorous birds is similar to that of the human world population, which according to the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) consumes about 400 million tons of meat and fish per year. Furthermore, according to previous estimates, the global spider community is known to consume between 400 and 800 million tons annually.

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