Aprile 2021



C'era anche il WWF nelll'Expedition Guaviare 2021, nella quale 20 ricercatori hanno intrapreso un viaggio di dieci giorni per effettuare una prima caratterizzazione biologica di una specifica sezione del fiume Guaviare (principale affluente dell'Orinoco) e verificare la presenza dei suoi delfini di fiume.
Durante la spedizione, e con la guida della Fondazione Omacha, i ricercatori hanno osservato 188 delfini del Rio delle Amazzoni, insieme a circa 200 specie di piante, 74 specie di pesci, 9 di anfibi, 2 di rettili e 5 di pipistrelli. Sono stati raccolti inoltre oltre 300 campioni di macroinvertebrati d’acqua dolce.
"È molto importante continuare gli sforzi per ampliare la nostra conoscenza dei delfini di fiume e sviluppare azioni che garantiscano la loro conservazione e quella dei loro habitat", ha detto Saulo Usma, specialista acque dolci del WWF Colombia, che ha guidato la spedizione.

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Lo scorso 14 gennaio, su sollecitazione di Greenpeace, l’allora Ministero dell’Ambiente ha inviato  una nota alle autorità francesi per chiedere una consultazione transfrontaliera sul progetto di prolungare di dieci anni l’operatività di trentadue vecchi reattori. Sedici di questi impianti distano meno di 200 chilometri dai confini italiani.

“Queste vecchie centrali sono pericolose già adesso e nessun miracolo riuscirà mai a portarle agli standard di sicurezza oggi richiesti” dichiara Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. “Che i cittadini italiani siano “parte interessata”, ai sensi della Convenzione di Espoo è ovvio. In particolare, i cittadini di Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia saranno esposti con questa decisione a rischi notevoli nei prossimi dieci anni”.

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(pannello a) Processi coinvolti nell'accoppiamento e retroazioni tra aumento delle temperature e riflessione della radiazione solare (albedo) alla superficie delle diverse regioni dell'emisfero settentrionale; (pannello b) suddivisione delle aree dell'emi

 

Lo studio, coordinato dall’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr, mostra il rapporto tra il global warming degli ultimi decenni e la variazione di copertura nevosa e vegetale nelle diverse aree dell’emisfero settentrionale. I risultati sono pubblicati su ERL.

 Grazie ai nuovi dati resi disponibili dalle ultime campagne satellitari è ora possibile osservare i cambiamenti nella copertura di neve e vegetazione associati al climate change e come essi abbiano modificato la quantità di radiazione solare riflessa localmente dalle superfici continentali (effetto di retroazione locale su riscaldamento climatico).

I risultati di un lavoro realizzato da un team di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Bologna, mostrano come i cambiamenti climatici degli ultimi decenni abbiano determinato larghe riduzioni della copertura nevosa ed estese espansioni della vegetazione capaci di amplificare (retroazione positiva al riscaldamento globale) o controbilanciare (retroazione negativa al riscaldamento globale) l’incremento delle temperature nelle diverse regioni dell’emisfero settentrionale. Del team autore dello studio - pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters – hanno fatto parte l’Enea - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, l’European Centre for Medium Range Weather Forecasts (ECMWF, Gran Bretagna), il Royal Netherlands Meteorological Institute (KNMI, Olanda) e Deltares (Olanda).

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Lunedì, 19 Aprile 2021 14:41

TRASFORMARE LA CO2 DA PROBLEMA A RISORSA


È stata presentata oggi alle imprese del territorio CO2 Circle Lab - CCL, nuova infrastruttura di ricerca congiunta di Politecnico di Torino e Istituto Italiano di tecnologia (IIT), che risponde alla necessità di sviluppo e innovazione tecnologica in grado di alimentare modelli di produzione, e di gestione dei materiali e dell’energia, ispirati ai principi della circolarità e della sostenibilità ecologica.

L’anidride carbonica è un rifiuto delle nostre attività quotidiane che contribuisce in larga misura al problema del riscaldamento globale. Ma la CO2 può essere trasformata da problema a risorsa. È infatti possibile recuperare il carbonio della molecola di CO2 e riutilizzarlo per ottenere prodotti sintetici, combustibili, materiali, sostanze chimiche per la fertilizzazione del suolo, l’alimentazione degli animali e la cura della persona. È possibile realizzare questo processo in modo sostenibile: l’utilizzo del carbonio ha bisogno dell’idrogeno come partner chimico e sia l’idrogeno che la trasformazione della CO2 possono essere ottenuti attraverso diversi processi (elettrochimico, termochimico, fotochimico e biologico) usando energia rinnovabile. CO2 Circle Lab offre attrezzature d’avanguardia per il recupero, l’accumulo e il riutilizzo delle emissioni di diossido di carbonio attraverso tutti e quattro questi processi.

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Non è stata rilevata presenza di RNA del virus Covid-19 nel particolato atmosferico: questi i risultati sperimentali dello studio Evaluating the Presence of SARS-CoV-2 RNA in the Particulate Matters During the Peak of C OVID-19 in Padua, Northern Italy condotto da ricercatori delle Università di Padova, di Perugia e di Genova che suggeriscono così la bassa probabilità di trasmissione aerea dello stesso attraverso il particolato, ancorché, al momento, esistono pochissimi dati a livello mondiale per confermare definitivamente questa tesi.


Lo studio, appena pubblicato nella prestigiosa rivista «Science of the Total Environment», ha indagato la potenziale presenza di RNA di SARS-COV-2 su una serie rappresentativa di campioni di particolato atmosferico raccolti nella provincia di Padova, durante la prima ondata di pandemia del SARS-CoV-2. Quarantaquattro campioni di PM2,5 e PM10 sono stati raccolti tra il 24 febbraio e il 9 marzo 2020, periodo immediatamente antecedente alle misure di lockdown nazionale, ed analizzati presso il laboratorio di Igiene e Microbiologia Applicata dell’Università di Padova.

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Uno studio internazionale, svolto in collaborazione con la Sapienza, spiega i meccanismi alla base dei fenomeni di gigantismo e nanismo che caratterizzano molte specie insulari, confermando anche l’influenza di fattori geografici e climatici. Tra questi le dimensioni dell’isola, la temperatura e la stagionalità. La ricerca è pubblicata sulla rivista Nature, Ecology and Evolution
Le isole sono laboratori naturali di evoluzione, dove è possibile osservare traiettorie evolutive differenti da quelle che caratterizzano le masse continentali. Uno degli aspetti che da sempre suscita interesse e controversie tra gli esperti è la cosiddetta “regola dell’insularità” (o regola di Foster) proposta nel 1964, che tenta di spiegare i processi di gigantismo e nanismo che caratterizzano molte specie animali insulari.

Secondo tale principio biologico, i membri di una specie che popolano le isole tendono ad aumentare o a diminuire le proprie dimensioni nel tempo rispetto a quelli che vivono nei continenti: si pensi agli ormai estinti ippopotami ed elefanti nani nelle isole mediterranee, esempi di nanismo insulare. Così come ci sono specie di piccole dimensioni che possono evolvere in giganti dopo aver colonizzato le isole, dando vita a bizzarrie quali il topo dell’isola di St. Kilda in Scozia (due volte la dimensione dell'antenato continentale), il drago di Komodo, una grossa specie di lucertola diffusa nelle isole indonesiane, o il dodo, un piccione gigante delle isole Mauritious, estintosi nel diciassettesimo secolo a causa della presenza antropica.

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La ricerca dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Cnr, pubblicata sulla rivista Advanced Materials, introduce un nuovo paradigma per la manipolazione della materia su scala atomica, basato sull’uso di particolari molecole che vengono utilizzate come veri e propri droni

 Negli ultimi anni lo sviluppo delle nanotecnologie ha permesso la realizzazione di materiali innovativi, grazie alla modificazione della materia su una scala estremamente piccola, invisibile ad occhio nudo. Questo ha portato a progressi sorprendenti nella scienza e nella tecnologia. Fino ad oggi è stato sempre considerato difficile poter scendere ad un livello ulteriore, ovvero poter interagire con ogni singolo atomo di una superficie, operazione attualmente consentita solo con i microscopi a scansione di sonda.

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Enrico Garaci dell’Università San Raffaele Roma, nonché emerito dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’IRCCS San Raffaele Roma è uno degli autori del lavoro “Evidence of the pathogenic HERV-W envelope expression in T lymphocytes in association with the respiratory outcome of COVID-19 patiens” pubblicato sulla prestigiosa rivista EBioMedicine.

 “I retrovirus umani endogeni sono elementi genetici presenti nel genoma umano. La loro attivazione è associata a varie malattie quali la sclerosi multipla, il cancro e il diabete tipo 1. Nel presente lavoro viene dimostrato per la prima volta nel COVID-19 una elevata espressione della proteina dell’involucro retrovirale (HERV-W ENV) che ha un ruolo importante nell’immunopatologia di questa malattia” sostiene commentando l’importanza dei risultati ottenuti.

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L’Università degli Studi di Milano ha pubblicato su "ACS Sustainable Chemistry & Engineering - American Chemical Society” uno studio per recuperare gli scarti agricoli provenienti dal mais pigmentato attraverso un sistema di bioraffineria. Impieghi nell’industria tessile, farmaceutica e veterinaria.


Sfruttare il tutolo (la parte interna e spugnosa della pannocchia, solitamente scartata) di mais colorato per ricavarne antocianine, naturalmente ricche di pigmenti per le colorazioni rosso, blu, viola e porpora, e impiegarle in ambito tessile, farmaceutico e veterinario per la produzione di coloranti naturali e integratori alimentari. Il lavoro di ricerca, pubblicato sulla rivista ACS - Sustainable Chemistry & Engineering, è coordinato da Roberto Pilu, docente di Miglioramento Genetico delle piante, e da Fabrizio Adani, docente di Biomass and Waste Recycling Promoting the Circular Economy, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali e del Gruppo Ricicla e descrive un sistema di recupero di scarti agricoli aderente ai principi della bioeconomia circolare definita nell’ “Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile”. La materia prima è il mais pigmentato che entra in un ciclo estrattivo per il recupero degli antociani, mediante l’uso di solventi green: in questo modo sfruttate le diverse e importanti proprietà degli antociani che sono molecole coloranti, antiossidanti e anti-infiammatorie, e anche composti antibatterici naturali.

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Dispositivo organ-on-chip per lo studio delle interazioni cellulari


Sviluppato un sistema miniaturizzato capace di far crescere selettivamente e di differenziare neuroni e cellule di Schwann. Lo studio, condotto dall’Istituto di nanotecnologia del Cnr di Lecce in collaborazione con l’Irccs Ospedale San Raffele di Milano e l’Università di Maastricht, potrà aiutare la comprensione delle malattie neuromuscolari. La ricerca è pubblicata su Scientific Reports.

Un team di ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Lecce, in collaborazione con i colleghi dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Università di Maastricht, ha condotto una ricerca che ha portato allo sviluppo di una piattaforma microfluidica, fondamentale per studiare la comunicazione cellula-cellula e l’interazione cellula-microambiente extracellulare in maniera altamente precisa e con possibili applicazioni in campo neurologico. In particolare, i ricercatori hanno dimostrato come poter selettivamente crescere e differenziare neuroni e cellule di Schwann all’interno di comparti cellulari miniaturizzati, permettendo una separazione fisica tra tali comparti e al contempo non alterando la comunicazione cellulare paracrina. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature e rappresentano il primo passo verso l’individuazione dei meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative.

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