Infertilità femminile: la soluzione arriva dalla medicina rigenerativa, tecnologia al servizio della salute con stampanti 3D e sensori su medicazioni
Iniezioni di plasma concentrato per favorire la gravidanza. Dalla cura delle ferite attraverso i sensori alla creazione di tessuti con dispositivi di ultima generazione: grandi innovazioni nella disciplina che studia le cellule staminali
La medicina rigenerativa come rimedio all’infertilità femminile, grazie a microiniezioni di plasma e staminali. Il sangue viene prelevato dalla paziente, lavorato per ottenere un concentrato ricco di piastrine e cellule (tra cui appunto le staminali, fondamentali nel processo), e poi, attraverso delle microiniezioni, inserito nell’ovaio, con un aumento delle possibilità di concepimento. È questo uno dei temi di maggior interesse nell’ambito della medicina rigenerativa, su cui il 30 ottobre si terrà il primo Congresso Giovani SIMCRI (Società Italiana di Medicina e Chirurgia Rigenerativa Polispecialistica).
“Ci sono evidenze scientifiche che, sfruttando le capacità rigenerative del sangue, si possano aiutare le donne ad avere figli – precisa il professor Eugenio Caradonna, presidente nazionale SIMCRI –. Si tratta di una grande opportunità per chi ha difficoltà a restare incinta, perché permette l’ispessimento dell’endometrio, che favorisce il concepimento. Questa tecnica presenta anche tanti altri ambiti di applicazione: per esempio, garantisce grandi risultati nella risoluzione dei disturbi causati dalla sindrome urogenitale tipica della menopausa”. Le cellule staminali rappresentano un’importante materia di studio: la loro individuazione nel sangue consente, infatti, di osservare l’evoluzione di malattie cardiovascolari e degenerative, di valutare l’efficacia dei farmaci e di misurare il livello di stress nei pazienti.
L'eugenolo: potenziale antivirale contro il COVID-19
Struttura della proteasi principale 3CLpro del coronavirus SARS-CoV-2, con in evidenza il sito attivo della proteina a cui può legarsi l'eugenolo
Una collaborazione tra l’Istituto di nanotecnologia del Cnr e le Università della Calabria e di Saragozza ha mostrato che la piccola molecola di questo composto naturale inibisce la proteina 3CLpro del virus SARS-CoV-2, fondamentale per la sua replicazione. Lo studio pubblicato su Pharmaceuticals apre nuove prospettive, da approfondire con ulteriori ricerche.
La campagna vaccinale contro il coronavirus SARS-CoV-2 procede in Italia e in tutto il mondo, ma occorre proteggere la ristretta frazione di popolazione che si ammala in modo sintomatico anche dopo la vaccinazione, assieme a quella parte più ampia che non è possibile immunizzare perché fragile o che per svariati motivi si sottrae alla somministrazione. L’attenzione della comunità scientifica è pertanto concentrata sulla ricerca di ulteriori molecole da utilizzare direttamente come antivirali contro il COVID-19, oppure da cui iniziare nuovi studi.
Un approccio terapeutico chemio-free per il trattamento dei tumori infantili
Un team di ricerca italiano coordinato dalla Sapienza ha dimostrato l’azione di una combinazione farmacologica contro le cellule di neoplasie attivate dall’oncogene MYCN. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Oncogene, aprono a nuove prospettive terapeutiche per numerosi tumori, come il neuroblastoma e il medulloblastoma infantili
Diverse neoplasie maligne fra cui molte frequenti nell’età pediatrica, come il neuroblastoma, il rabdomiosarcoma e il medulloblastoma, possono derivare dall’attivazione dell’oncogene MYCN, un gene che potenzialmente favorisce lo sviluppo delle cellule in senso tumorale.
Questi tumori, accomunati da elevata aggressività e resistenza alle terapie antitumorali convenzionali, non sono a oggi aggredibili con terapie a bersaglio molecolare, per indisponibilità di farmaci specifici, ovvero quelli contro il fattore di trascrizione MYCN.
I cuprati: metalli strani e promettenti per la tecnologia del futuro
Un team internazionale di ricerca, che ha visto la partecipazione del Dipartimento di Fisica di Sapienza, ha pubblicato su Science una ricerca che aggiunge un importante tassello al complicato puzzle dei cuprati, famiglia di composti che diventano superconduttori ad alta temperatura critica
I superconduttori sono materiali che rappresentano una delle sfide ancora aperte della ricerca scientifica. Diverse, infatti, sono le loro possibili applicazioni per la proprietà di cui sono dotati di sostenere il passaggio di corrente elettrica senza scaldarsi e dissipare energia: questa caratteristica può essere sfruttata, per esempio, per ridurre gli sprechi nel trasporto di energia elettrica dalle centrali alle case, per la diagnostica avanzata della risonanza magnetica nucleare.
Tuttavia, affinché un materiale manifesti tale proprietà e diventi effettivamente superconduttivo, bisogna scendere a temperature bassissime. Al momento, l’uso dei superconduttori su larga scala è antieconomico per gli alti costi di gestione, principalmente rispetto al raffreddamento. Temperatura, dunque, è la parola chiave e, a livello globale, la soluzione è nei nuovi materiali che si comportino da superconduttori anche a temperature più elevate.