Non sono tutte rose e fiori

 

Anche quest'anno rigorosi giudici provenienti da tutto il Mondo si sono dati appuntamento, durante il mese di maggio, a Roma per valutare colore e profumo dei concorrenti ad un particolarissimo campionato internazionale. La competizione in questione è il "Premio Roma", gara floristica che in questa edizione, la settantesima, vede la partecipazione di centinaia di piante di rose, provenienti da ogni angolo della zona temperata del pianeta, che verranno giudicate sulla base di standard universalmente riconosciuti in campo internazionale. I giudici della manifestazione per assegnare il premio "Rosa dell'anno" debbono prendere in considerazione lo sviluppo della pianta e del fiore nelle diverse fasi: lo sboccio del fiore, la piena fioritura ed il momento dell'appassimento.

La cornice in cui la competizione si svolge è assolutamente unica. Il Roseto di Roma, sulle pendici del colle Aventino a ridosso del Circo Massimo, è infatti considerato il più bello e suggestivo del mondo. Un roseto che ha una storia lunga e curiosa. Il primo roseto della Capitale, risalente al 1932, era infatti posizionato sul Colle Oppio e contava 300 esemplari. Era stato istituito su pressioni di una caparbia ragazza americana, Mary Gayley che, divenuta nobile dopo il matrimonio con il Conte Giulio Senni, si era decisa a riprodurre un roseto a Roma simile a quello che aveva visitato in occasione di un viaggio a Bagatelle nei pressi di Parigi. Realizzato il Roseto, la Contessa si impegnò perchè fosse indetto un premio internazionale. La prima edizione risale al il 10 ottobre 1933 grazie al coinvolgimento di numerosi ibridatori italiani.

 

 

Il terreno che oggi ospita il Roseto è stato dal 1645 al 1934 cimitero ebraico della Capitale. Il cimitero successivamente, in virtù del piano regolatore della seconda metà degli anni 20, venne trasferito nel settore israelitico del Campo Verano. Una decisione questa che non fu per nulla gradita alla comunità ebraica di Roma e che venne giustificata dal regime fascista dalla necessità di costruire una grande strada parallela al Circo Massimo capace di ricordare con il suo percorso i fasti della Roma Imperiale.

Inaugurata il 28 ottobre del 1934, dodicesimo anniversario della Marcia su Roma, la strada lambiva l'attuale appezzamento di terra in cui oggi è situato il Roseto, un terreno che durante la guerra venne utilizzato come "orto di guerra", così erano chiamati i piccoli appezzamenti di terra interni alla città adibiti alla coltivazione di ortaggi in un periodo di grave ristrettezza alimentare. Solo nel 1950, dopo cinque anni dalla fine del conflitto, in un clima di riconciliazione con la Comunità Ebraica di Roma, il Comune chiese ed ottenne il permesso da parte del Presidente della Comunità Ebraica di destinare quel luogo, un tempo sacro, all'attuale Roseto. Ancora oggi una coppia di stele, disegnate dall'architetto Di Castro e riproducenti le tavole di Mosè, sono poste agli ingressi del Roseto, per ricordare la passata sacra destinazione dell'area.

Attualmente essa è suddivisa in due settori. Il più grande ospita la collezione permanente costituita da circa 1200 piante di rose botaniche (spontanee) di differenti varietà, antiche e moderne, posizionate in modo da costituire un percorso che mostra l'evoluzione biologica che ha subito la pianta nel corso dei secoli. Una evoluzione assai lunga dal momento che alcuni fossili di rosa, ritrovati in Giappone, Stati Uniti e Francia, risalgono a 40-50 milioni di anni fa.

L'altro settore del Roseto ospita invece le rose partecipanti al Concorso internazionale "Premio  Roma". Queste arrivano a Roma 2 anni prima della manifestazione e durante questo periodo vengono curate dai Tecnici del Roseto e monitorate da una speciale giuria permanente fino al giorno della premiazione.

La rosa, considerata "la regina dei fiori" è stata curata e coltivata fin dall'antichità. Risalgono infatti a circa seimila anni i primi scritti e le prime citazioni riguardanti le rose. Tali documenti sono stati rinvenuti in Persia ed in Cina. Nell'Antica Roma i giardini delle case patrizie, come scrive Plinio il Vecchio, erano abbellite dalla rosa Bifera, ibrido spontaneo che assicurava una fioritura anche in autunno. Dopo la caduta dell'Impero Romano la pianta della rosa attraversò un fase di scarsa coltivazione, fase che si interruppe con il Rinascimento quando ritrovò nuovamente ampio spazio nella decorazione dei giardini.

Ma è tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento che inizia, per mano degli ibridisti occidentali, soprattutto olandesi, tedeschi e francesi, quella che potremmo chiamare la "Rivoluzione della rosa" dalla quale è scaturita la grande varietà di questo magnifico fiore che è riuscito ad attraversare i millenni grazie alla sua bellezza, al suo profumo e certo anche alla notevole resistenza alle infestazioni fungiformi.

 

Fabrizio Giangrande

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Ultima modifica il Mercoledì, 17 Ottobre 2012 16:03
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