Prodotto per la prima volta il ghiaccio cubico perfetto

Istituto di fisica applicata Nello Carrara (Ifac) del Cnr di Sesto Fiorentino 06 Feb 2020

I grafici mostrano il cambiamento della diffrazione di neutroni, via via che il materiale viene riscaldato da 130 a 220 K, e cambia struttura. Le figure schematiche in alto rappresentano la disposizione delle molecole di acqua nei tre differenti tipi di ghiaccio, che si ottiene dall'analisi di questi dati: ghiaccio XVII, ghiaccio Ic (cubico) e ghiaccio Ih (esagonale).

 

Ricercatori del Cnr-Ifac hanno prodotto per la prima volta ghiaccio con struttura cristallina a simmetria cubica praticamente perfetta, denominato ghiaccio Ic. La scoperta, ovviamente, non interessa i barman e i cocktail ma ha un grande rilievo scientifico e apre il campo a numerosi studi di base nell’ambito della fisica del ghiaccio. Lo studio, pubblicato su Nature Materials, è realizzato in collaborazione con laboratori internazionali per spettroscopia neutronica

Si fa presto a dire “un cubetto di ghiaccio”… In realtà, il ghiaccio desta da sempre un alto interesse in ambito scientifico-tecnologico, soprattutto per lo stretto legame con la biosfera ma anche per aspetti più strettamente fisici, inclusi quelli strutturali. Benché sia un materiale di esperienza comune, numerosi studi, fin dall'inizio del secolo scorso, hanno chiarito che esistono diverse forme ("fasi") di ghiaccio: ad oggi ne sono note 18, tra stabili e metastabili a differenti condizioni di pressione e temperatura, che si distinguono per la loro struttura cristallina.


Il ghiaccio comune, quello che si ottiene nel freezer a pressione ambiente, è denominato ghiaccio Ih, e possiede una struttura a simmetria esagonale (figura). In linea di principio, ne esiste anche una versione a simmetria cubica detta ghiaccio Ic (figura), ma fino ad oggi ghiaccio cubico strutturalmente puro non era mai stato prodotto. Questo materiale è stato ottenuto per la prima volta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di fisica applicata Nello Carrara del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifac) di Sesto Fiorentino, coordinati da Lorenzo Ulivi. “La struttura cubica del ghiaccio è prevista teoricamente, ma in pratica avevamo solo delle realizzazioni approssimative. Fin dalla metà del secolo scorso – spiega Ulivi – i numerosi tentativi perseguiti con diverse strategie di sintesi, ad esempio la condensazione di ghiaccio da vapore o il congelamento di nano-gocce di acqua, hanno sempre portato a produrre ghiaccio cubico con consistenti difetti, denominato ghiaccio Isd (stacking-disordered), una via di mezzo tra ghiaccio cubico ed esagonale”.


I ricercatori sono giunti alla nuova scoperta del “cubetto perfetto” proseguendo un precedente studio di Ulivi che aveva individuato una nuova forma di ghiaccio poroso, metastabile a pressione ambiente e a temperature inferiori ai 130 Kelvin (-143 °C), denominata ghiaccio XVII. “Si tratta di un ghiaccio ottenuto dall’idrato di idrogeno C0, a seguito del rilascio del gas. Studiando il ghiaccio XVII a pressione ambiente e sottoponendolo a un lento riscaldamento, abbiamo osservato la transizione verso la forma pura di ghiaccio cubico Ic a 140 K, verificando la metastabilità di questa struttura per temperature inferiori a 180 K, oltre le quali il campione si trasforma lentamente nel comune ghiaccio esagonale Ih”, prosegue Ulivi. “L’elevato livello di purezza della struttura cubica ottenuta sopra 140 K è stato confermato grazie ad accurate analisi strutturali dei campioni, condotte con strumentazione avanzata presso le sorgenti di neutroni ISIS nel Regno Unito e l’Institut Laue-Langevin (ILL) a Grenoble, in Francia”.
La realizzazione del “cubetto perfetto” non ha ovviamente alcuna importanza per i barman, i quali usano stampini per realizzare le forme più diverse, ma ha invece una notevole importanza scientifica. “Lo studio rappresenta una pietra miliare nell’ambito della fisica del ghiaccio. Il motivo per il quale proprio il ghiaccio XVII sia il precursore del ghiaccio Ic resta un punto aperto di notevole interesse che tutta la comunità scientifica è chiamata ad affrontare”, conclude Ulivi.

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