Queste lesioni attivano indebitamente i sistemi che segnalano la presenza di nutrienti a disposizione delle cellule, inducendone la crescita incontrollata. I ricercatori hanno scoperto che tale alterazione blocca il funzionamento dell’autofagia, uno dei processi principali per metabolizzare i nutrienti. Manipolando nel moscerino l’attivazione di molti geni coinvolti nell’utilizzo dei nutrienti, i ricercatori hanno poi mostrato come si possa rallentare la crescita delle cellule gliali tumorali, al contempo riattivando l’autofagia. “L’importanza di questa ricerca – afferma Valentina Vaira, ricercatrice esperta in oncologia molecolare del Policlinico di Milano e del dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti dell’ateneo – è che in futuro potremo pensare di utilizzare farmaci che regolano l’autofagia per riprogrammare il modo in cui le cellule tumorali si nutrono, bloccandone la crescita”.
“Le nostre ricerche illustrano come si possano utilizzare i modelli genetici propri della ricerca di base per comprendere lo sviluppo dei tumori all’interno di un organismo e per identificare le vulnerabilità specifiche delle cellule tumorali. Queste ultime, infatti, a causa delle loro lesioni tendono a comportarsi in modo differente dalle loro controparti sane”, sottolinea Thomas Vaccari, docente del dipartimento di Bioscienze dell’ateneo. “Speriamo così di trovare nuove vie per eradicare un tumore senza arrecare troppo danno ai tessuti sani dei pazienti”.