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Quando la solitudine pesa sul cervello: come l’isolamento sociale trasforma l’adolescenza

 Claudia Gianvenuti 08 Ott 2025

 

I cambiamenti cerebrali nascosti dell’adolescenza solitaria


L’adolescenza rappresenta una fase delicata di riorientamento sociale, dove la ricerca di nuovi legami e l’esposizione a stress relazionali possono condizionare profondamente il cervello. Un nuovo studio coordinato da Caterina Stamoulis e colleghi presso il Boston Children’s Hospital, grazie ai dati del programma Adolescent Brain Cognitive Development (ABCD), rivela che i ragazzi socialmente ritirati mostrano differenze strutturali e funzionali diffuse nel cervello rispetto ai coetanei.

Secondo Stamoulis,

“Abbiamo confermato che l’isolamento sociale colpisce non solo le aree cerebrali dedicate all’interazione, ma anche molteplici circuiti coinvolti nel pensiero, nelle emozioni e nel processo decisionale.”

Le aree cerebrali più vulnerabili all’isolamento
L’analisi su quasi 3.000 adolescenti ha individuato riduzione dello spessore corticale nelle regioni insulari, cingolate anteriori e temporali, nonché aumenti volumetrici di amigdala e gangli basali: tutte aree chiave per la regolazione emozionale e sociale. Questi risultati sono coerenti con quanto osservato da recenti meta-analisi che indicano come l’isolamento sociale provochi vulnerabilità neurologiche diffuse anche nei circuiti dell’attenzione, della memoria di lavoro e del controllo motorio (1,2).

Gli adolescenti più ritirati presentavano inoltre una segregazione funzionale anomala nelle reti dell’attenzione e nei network sociali, con collegamenti più deboli e maggior fragilità dei circuiti decisionali.

Solitudine e rischio per la salute mentale
Gli studi ABCD mostrano che la predilezione per la solitudine e il ritiro sociale correlano con alti punteggi di ansia, depressione e disturbi esternalizzanti (es. difficoltà comportamentali). Una review internazionale guidata da Chen et al. (2024) pone in evidenza che alterazioni cerebrali simili si associano a un rischio aumentato di insorgenza di patologie psicologiche anche in età adulta (2).

Il gruppo della dott.ssa White nel 2023 aveva già evidenziato che l’isolamento precoce predispone a persistenti disturbi dell’umore e peggiora la capacità di recupero dagli stress successivi (3).

Clinica e prevenzione: come riconoscere il campanello d’allarme

“In adolescenza un po’ di solitudine è fisiologica, ma la persistenza di pattern di ritiro merita un’attenzione clinica specifica,” sottolinea Stamoulis. “Attraverso la visualizzazione del cervello possiamo aiutare famiglie e scuole a riconoscere i rischi prima che si consolidino quadri clinici complessi.”

Early detection e follow-up longitudinale, favoriti dai dati ABCD e da modelli predittivi, permetteranno nei prossimi anni di chiarire se e quanto le alterazioni osservate siano reversibili con il ritorno a relazioni sociali positive.

Esperimenti recenti confermano che la neuroplasticità adolescenziale, se stimolata precocemente, permette il recupero strutturale e funzionale dei circuiti compromessi dall’isolamento. Queste evidenze suggeriscono che interventi tempestivi possono contenere il rischio di disturbi cronici, promuovendo la resilienza nel percorso verso l’età adulta (3).

Note bibliografiche:

1- Stamoulis C, et al. Neural correlates of social withdrawal and preference for solitude in adolescence: evidence from the ABCD cohort. Cereb Cortex. 2025;bhaf260.

2- Chen L, White K, et al. The neurodevelopmental impact of chronic social isolation in youth: a systematic review. Neurosci Biobehav Rev. 2024;156:105402.

3- White K, Jones T, Aleman A. Early adolescent isolation predicts persistent mood disorders and attenuated stress resilience. J Child Psychol Psychiatry. 2023;64(7):850–861.

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