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Il tatto nasce nel cervello: la percezione dipende dal senso di appartenenza corporea

Alessia Di Gioacchino 24 Dic 2025


Un innovativo studio rivela che la mente può "accendere" o "spegnere" le sensazioni tattili in base a ciò che riconosciamo come parte di noi.
Percepire un tocco non è solo una questione di recettori cutanei: è il frutto di una complessa elaborazione cerebrale legata all'identità corporea. Una ricerca condotta in sinergia tra il Manibus Lab dell'Università di Torino e l’Università di Milano-Bicocca, pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), dimostra che il cervello funziona come un vero "regista" della sensibilità, filtrando gli stimoli in base al senso di appartenenza del corpo.

L'esperimento: ingannare la mente per svelare il tatto
I ricercatori hanno utilizzato il paradigma dell'illusione della mano di gomma. In questo esperimento, i partecipanti vengono indotti a percepire una mano artificiale come se fosse la propria.

I risultati hanno evidenziato un fenomeno sorprendente:

Tatto "fantasma": Quando il soggetto accetta la mano finta come propria, riferisce di sentire stimoli tattili applicati su di essa.

Silenziamento reale: Parallelamente, la sensibilità sulla mano vera diminuisce, come se il cervello "spostasse" l'attenzione sensoriale verso l'arto artificiale riconosciuto in quel momento come parte del sé.

La rete neurale dietro l'illusione
Attraverso l'uso combinato di elettroencefalografia (EEG) e stimolazione magnetica transcranica (TMS), il team ha mappato cosa accade tra i neuroni. È emerso che la corteccia somatosensoriale primaria (l'area che gestisce il tatto) modifica il proprio dialogo con le altre regioni cerebrali a seconda delle nostre convinzioni:

Se riconosciamo un arto come "nostro", la comunicazione tra le aree cerebrali aumenta, rendendo la sensazione cosciente.

Se un arto viene temporaneamente "escluso" dalla nostra mappa mentale, la connettività si riduce, attenuando la percezione dello stimolo fisico.

«I dati confermano che la comunicazione tra diverse aree cerebrali è fondamentale per l’accesso cosciente alle sensazioni», spiega Alberto Pisoni, docente presso la Milano-Bicocca e primo autore dello studio. «Queste scoperte aprono la strada a nuove ricerche per modulare i network neurali e intervenire dove la percezione risulta alterata da patologie».

Verso protesi che "sentono" con gli occhi
Le ricadute di questa scoperta vanno ben oltre la ricerca di base, toccando da vicino la medicina riabilitativa. Comprendere come il cervello possa "sentire" attraverso la vista apre scenari rivoluzionari per chi ha subito amputazioni.

In futuro, le protesi potrebbero non essere più solo strumenti meccanici, ma arti integrati capaci di restituire sensazioni naturali sfruttando la plasticità cerebrale. Come sottolinea Francesca Garbarini, coordinatrice del Manibus Lab di Torino: «Il prossimo passo sarà potenziare la connessione tra aree visive e somatosensoriali tramite la TMS. L'obiettivo è trasformare uno stimolo visivo in un'esperienza tattile reale, migliorando drasticamente la vita dei portatori di protesi».

Ultima modifica il Lunedì, 22 Dicembre 2025 08:50
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