Diffusa soprattutto sui rilievi nord-orientali della Sardegna, nell'area compresa tra Tempio, Monti e Berchidda, la sughereta è un ecosistema ricco di biodiversità, che offre un habitat ideale per molti animali rari, come il cervo sardo e l'aquila di Bonelli. In essa trova rifugio una grande varietà di insetti e di invertebrati, oltre che una fitta vegetazione di macchia mediterranea. La quercia da sughero (Quercus suber L.) è anche una risorsa preziosa per l'economia dell'isola, alla quale fornisce ogni anno quasi 100.000 quintali di “oro morbido”, come viene spesso definito il sughero che si ricava dalla sua spessa corteccia. L'azione dell'uomo, però, ha profondamente alterato gli equilibri di questo delicato ecosistema, contribuendo a rendere le querce dei bersagli sempre più facili da colpire per i parassiti sia animali che vegetali, che si annidano nella pianta e ne minacciano la sopravvivenza.
Ovature di Lymantria
Il più temibile nemico della quercia da sughero è un lepidottero defogliatore, la Lymantria dispar o Bombice dispari [1], una farfallina che si nutre dei germogli freschi della pianta, ma non mancano altre specie infestanti come il Tortrix viridiana, il Malacosoma neustria, l'Euproctis chrysorrhoea. Questi parassiti, innocui per l'uomo e per gli animali, possono distruggere in poco tempo migliaia di ettari di bosco, con effetti molto simili a quelli di un incendio: una foresta di querce fitta e rigogliosa, popolata di piante e animali, si trasforma in un paesaggio spettrale, dove resta solamente il nudo scheletro degli alberi. Le larve di Lymantria, infatti, divorano le parti verdi della quercia riducendo l'attività fotosintetica della pianta, con danni permanenti alle sue funzioni fisiologiche.
La Lymantria dispar, una farfallina ampiamente diffusa in Europa e in Asia, trascorre l'inverno come larva dentro l'uovo. In primavera, tra aprile e maggio, le piccole larve escono dal guscio e si appendono alle foglie degli alberi con lunghi fili di seta, facendosi trasportare dal vento grazie ai minuscoli peli aerofili di cui sono munite. Verso metà giugno le larve raggiungono la maturità sessuale e si trasformano in crisalidi sulle piante dove sono cresciute. Gli adulti compaiono in grandi quantità tra la fine di giugno e il mese di luglio, quando la femmina arriva a deporre fino a 1.200 uova su rami, tronchi e foglie, ma non disdegna all'occasione neppure pietre e muretti. La femmina vola solo di rado e trascorre la maggior parte della vita adulta in prossimità della crisalide da cui è uscita, emettendo una sostanza attrattiva per richiamare il maschio durante gli accoppiamenti.
Lo stadio pericoloso per le piante è quello in cui la Lymantria è allo stato di larva e si alimenta di germogli freschi. Nei boschi misti, dove la sughera convive con altre piante di sottobosco, le larve di Lymantria divorano anche le foglie di corbezzolo, erica e cisto. “Durante le infestazioni di Lymantria dispar – sottolinea il professor Andrea Lentini, che insegna entomologia agraria all'Università di Sassari – tutte le foglie del bosco sono prese d'assalto da questi lepidotteri, che tolgono il nutrimento agli altri insetti”.
La quercia diventa facile preda dei parassiti quando l'ecosistema in cui vive si impoverisce. “La frequenza con cui i parassiti attaccano le querce sugherifere – spiega il professor Lentini – dipende dalla complessità degli ecosistemi: dove la sughereta convive con altre specie arboree e con un ricco sottobosco di macchia mediterranea, gli attacchi dei parassiti si ripetono ad intervalli di 8-10 anni. La frequenza delle infestazioni aumenta invece con la semplificazione del bosco, ossia man mano che diminuisce la biodiversità”.
A minacciare questo prezioso ecosistema concorrono diversi fattori, tra cui la diminuzione delle precipitazioni, gli incendi boschivi, l'eccessivo sfruttamento da pascolo e l'azione selettiva dell'uomo che, per ricavare il sughero, ha favorito lo sviluppo della sughera a discapito di altri alberi, come il leccio e la roverella, meno resistenti agli incendi.
I metodi di lotta: predatori naturali e insetticidi biologici
Per contrastare le infestazioni di Lymantria e limitarne i danni ci sono vari metodi, tra cui l'introduzione di predatori naturali come il Calosoma Sycophanta, conosciuto in Sardegna anche come “micolina” e “su cane de sa ruga”. Questo coleottero caraibide dalla livrea cangiante è particolarmente ghiotto di larve e crisalidi di Lymantria, che attacca facilmente grazie alle sue doti mimetiche. Più mirata è invece l'azione dei parassitoidi, minuscoli insetti che depongono le uova nella larva di Lymantria e la uccidono dall'interno.
Fino ad oggi, il metodo di lotta più sicuro ed efficace contro i parassiti delle querce sugherifere è quello microbiologico, che, a differenza degli insetticidi chimici, ha un basso impatto ambientale ed è innocuo per l'uomo e per gli animali. Dal 1989 al 2000 in Sardegna è stata fatta una sperimentazione con il Bacillus thuringiensis (Bt) [2]. La caratteristica principale di questo microrganismo è quella di avere molti ceppi, o sottospecie, ciascuno dei quali agisce su un determinato tipo di parassita senza provocare danni agli insetti utili e agli altri organismi non-bersaglio: il ceppo kurstaky, ad esempio, è attivo solo sulle larve di Lymantria, mentre la sottospecie israelensis è utilizzata per il controllo delle larve di zanzara.
Il Bt è un batterio aerobico normalmente diffuso in natura; i suoi ceppi possono essere isolati dal terreno (che ne è la principale riserva), dalla vegetazione o da insetti uccisi. Durante la produzione di spore, il Bt produce dei cristalli contenenti una tossina, la delta-endotossina, che agisce sull'intestino delle larve, a PH alcalino, come un vero e proprio veleno, paralizzando i muscoli dell'apparato digerente e interrompendo l'attività trofica della larva.
Il piano di interventi e lo stop del Ministero
Il piano triennale di interventi di disinfestazione, programmato nel 2006 dal Corpo forestale regionale, dall'Ente Foreste e dal Dipartimento di Protezione delle piante dell'università di Sassari, prevedeva uno stanziamento di 1 milione e 200.000 euro di fondi regionali per bonificare ampie aree boschive utilizzando un prodotto a base di bacillus thiringiensis kurstaki, il Foray 48 B. I buoni risultati ottenuti nel 2007 avevano fatto ben sperare le autorità locali, ma nel 2008 è arrivato l'inatteso stop del Ministero della Salute, che ha negato l'autorizzazione ad usare questo prodotto e lo ha sostituito con il Wormox, già utilizzato contro i lepidotteri delle conifere ma non ancora testato sulle querce da sughero. La sperimentazione del Wormox, condotta dal Dipartimento di Protezione delle Piante dell'università di Sassari su circa 1000 ettari di sugherete, di cui 100 nella zona della Gallura, ha mostrato risultati deludenti, registrando una moria di lepidotteri di gran lunga inferiore a quella ottenuta con il Foray 48 B. Il motivo – spiega il professor Lentini – risiede nel fatto che, pur derivando dallo stesso principio attivo, il Wormox ha una formulazione diversa, su base oleosa, quindi più leggera, che impedisce al preparato di fissarsi sulle foglie delle piante da trattare.
Quest'anno, dopo le pressanti richieste della Regione Sardegna, il Ministero ha finalmente approvato in via eccezionale l'utilizzo del Foray 48 B, che sarà irrorato con mezzi aerei su 20.000 ettari di foreste sarde, di cui quasi la metà nella zona della Gallura, epicentro dell'infestazione.
Note:
[1] Il suo nome, derivato dal latino limanter (distruttore) e dispar (diverso) dipende dalla forte differenziazione tra gli esemplari maschi (apertura alare di 35-50 mm e colorazione dal grigio al castano) e le femmine (50-65 mm di apertura alare e colorazione bianca con linee nere a zigzag).
[2] Le proprietà insetticide del Bacillus thiringiensis furono scoperte in Giappone nel 1901 da Ishiwata, che lo isolò da larve di baco da seta e lo denominò “sotto bacillus”. Dieci anni dopo, il tedesco Berliner isolò lo stesso batterio da tignole della farina e lo battezzò bacillus thuringiensis. Il primo preparato fu messo in commercio nel 1938, ma è a partire dagli anni 60 che l'industria ha iniziato a mettere in commercio prodotti a base di Bt idonei per le coltivazioni. Oggi l'industria biotecnologica utilizza il Bacillus thuringiensis per produrre colture geneticamente modificate, in grado di generare da sole il proprio insetticida.
Link consigliati:
Università degli Studi di Sassari
Facoltà di Agraria
http://agrariaweb.uniss.it/agraria/
Gallura capitale del sughero
La produzione di sughero nella regione della Gallura in Sardegna (1936, Istituto Luce)
http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=92831
* Consulenza: Professor Andrea Lentini, docente di entomologia presso la facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Sassari
Veronica Rocco