Profonde trasformazioni provocate da eventi naturali hanno sconvolto a più riprese la topografia marina e lo spazio urbano della città antica, complicando parecchio il lavoro di ricostruzione degli archeologi. “L'area urbana di Catania – spiegano gli autori – è ubicata ai piedi di uno dei vulcani più attivi della Terra, e risente anche dell'attività sismica generata lungo la scarpata di Malta, un sistema tettonico regionale localizzato in mare, a qualche decina di chilometri dalla costa”: terremoti devastanti distrussero completamente la città nel 1169 e nel 1693, e una colata lavica ne seppellì interi quartieri nel 1669 e fece avanzare la costa di mezzo chilometro (già nel 426 a.C. una colata lavica era scesa fino al mare, quando la colonia greca era stata fondata da tre secoli). Ma anche l'uomo ha fatto la sua parte: già in antico, il sovrapporsi di edifici romani e bizantini aveva di fatto annientato la città arcaica costruita dai coloni calcidesi nell'ottavo secolo a.C., di cui riemerse una traccia solo il secolo scorso grazie alla scoperta di una stipa votiva in Piazza San Francesco, ai piedi dell'acropoli greca. E tuttavia, la preesistenza di strutture architettoniche continua a condizionare l'urbanistica della Catania moderna, anche se, come sottolineano gli autori della ricerca, la “continuità insediativa ha variato la destinazione d'uso in funzione delle nuove esigenze”. E per lo studioso la “problematica diventa assai più complessa quando l'indagine si sposta sugli aspetti legati all'antica situazione portuale”.
Una delle vittime delle colate laviche (sulle quali i catanesi hanno pure ripreso a costruire ancora) è stata l'idrografia locale, che ne è stata più volte sconvolta anche se ne rimangono tracce toponomastiche (la Via Lago di Nicito, o la Via Botte dell'Acqua non hanno più alcuna corrispondenza con le realtà che ne generarono la denominazione): “La maggior parte dei corsi d'acqua sono stati sbarrati e/o obliterati dalle diverse colate”, avvertono gli autori, e “si è venuto a creare un complesso apparato idrico a scorrimento sotterraneo” che riaffiora in più punti nel centro cittadino (nella scena del teatro antico, nella Via Vittorio Emanuele vittima di recenti inondazioni, o nelle numerose terme romane), e soprattutto in prossimità della costa.
Nella zona del porto attuale si riversano le acque del fiume Amenano, “attualmente ridotto a un piccolo rivolo che fluisce nel sottosuolo dell'attuale Piazza Duomo” (piazza che corrisponde alla Platea Magna dell'epoca romana).
Eppure, in antico doveva essere un fiume importante con ben altro tracciato: i Calcidesi decisero di fondare la colonia di Katanè proprio sulla sua foce, e ne utilizzarono l'anfratto come primo approdo portuale della città. E su una delle prime monete battute dalla zecca catanese, un tetradramma del quinto secolo a.C., appare il dio fluviale Amenano rappresentato come un toro dalla testa umana incoronato da una Nike (o Vittoria) alata e sovrastante un animale marino, mentre sull'altra faccia della moneta è rappresentata una conchiglia marina: secondo l'interpretazione della Castagnino Berlinghieri, la moneta sottolinea “una stretta connessione del binomio fiume-mare, alludendo forse alla funzione marittimo-commerciale sostenuta in quel periodo dal porto”, che era un porto fluvio-lagunare.
Una nuova ricostruzione viene ipotizzata dagli autori della ricerca archeologico-geologica: il fiume Amenano era collegato a “un'articolata situazione portuale sviluppatasi attraverso un complesso apparato fluviale con area endolagunare localizzabile principalmente in corrispondenza dell'attuale Piazza Duomo, utilizzata a partire dalla fase arcaica e per tutta l'età greca. Possiamo supporre – prosegue lo studio della Castagnino Berlingieri e di Monaco, adducendo riscontri di natura geologica – l'esistenza di più ambiti marittimi dislocati lungo l'antica linea di costa sulla quale sfociava un articolato apparato idrografico, utilizzato con destinazioni d'uso differenziate. Funzione mercantile doveva assolvere qualla parte del sistema fluviale che trovava il suo sbocco principale nell'area dell'attuale Piazza Duomo. (…) Funzioni militari, principalmente collegabili alle strategie belliche che segnarono il quinto secolo a.C., nell'ambito delle manovre militari degli ateniesi e loro alleati contro Siracusa, venivano assolte dalla fascia costiera a regime sabbioso che correva a est dell'attuale Castello Ursino, quella stessa spiaggia che ancora durante la seconda guerra punica è citata da Diodoro Siculo”.
Quindi un duplice complesso portuale funzionava nella città antica, per rispondere “alle esigenze logistiche militari e mercantili della Catania greca ed ellenistica”. I due studiosi attribuiscono “funzioni militari alla 'spiaggia diodorea', e funzioni fluvio-mercantili al porto fluvio-lagunare”, oltre a uno scalo settentrionale individuato in località Ognina.
Ma l'importanza del porto fluviale dell'Amenano era tramontata già in epoca romana: la scomparsa di quel dio-fiume sulle monete battute a partire dal primo secolo viene interpretata dalla Castagnino Berlinghieri come il declino della sua rilevanza per la prosperità della città, provocato probabilmente dall'insabbiamento del porto e dalla progressiva riduzione della portata del fiume.
Guido Scialpi