Un’altra magia in cui ci si imbatte immediatamente, appena entrati in questo spazio loro dedicato, è offerta dai ritagli di carta, arte cinese antichissima, risalente almeno a 1400 anni or sono. Si tratta di un’arte semplice, la quale ha incontrato molto favore presso il popolo, fino a diventare l’arte che esprime il gusto dei lavoratori. In occasione dei matrimoni, la gente non dimentica mai di ritagliare con le carte rosse gli ideogrammi di “fortuna” e di “felicità”, per abbellire la stanza nuziale. Addirittura la sposa viene valutata da parenti e amici se brava, intelligente e abile, in base a come essi giudicheranno i ritagli di carta, che lei stessa avrà preparato e distribuito loro. Ogni festa dà occasione agli artigiani e alle donne contadine di creare ritagli di carta. Dunque, un’arte importante e sentita tra la popolazione, fino a caratterizzare vari momenti della vita di tutti, tanto più che è insegnata a qualsiasi età, persino all’Università. Sono stati i docenti dell’Università di Chongqing, infatti, ad esporre qui a Roma, mostrandosi all’opera fattivamente e omaggiando con generosità il pubblico, in segno di Amicizia verso la città che li ospita.
Accanto a queste piccole meraviglie quasi impalpabili, si ha il piacere d’imbattersi nel culto del thé verde, nella sua ritualità di preparazione, per indicare come sia importante recuperare il tempo da dedicare a se stessi. Il thé verde, inoltre, è una bevanda dalle proprietà rilassanti, contrariamente all’eccitante thé “occidentale”.
L’entrata in questo mondo “altro” si rileva e sottolinea sempre più, man mano che ci si inoltra nel cuore dell’evento artistico e divulgativo, che i cinesi hanno regalato ai romani. Si ascoltano suoni provenienti da strumenti musicali ben diversi dai nostri ed essi sono fortemente identificativi di una cultura differente dalla nostra, un qualcosa di antico ben ancorato nella modernità, alla quale non è permesso, però, snaturare quanto nei millenni si è collaudato. Il matouqin, ad esempio, è lo strumento musicale mongolo per eccellenza, una sorta di violino a due corde, in legno, dalla cassa quadrata e dal lungo manico, con una testa di cavallo alla sua estremità. Produce un suono profondo e melanconico, che ricorda un po’ quello del nostro violoncello, pur essendo uno strumento molto più piccolo nelle dimensioni. Dunque, da tutti questi esempi, rinveniamo chiaramente il secondo elemento dello slogan: l’Eredità. I cinesi, in effetti, in questa mostra, hanno voluto trasmettere a noi occidentali quanto sia importante non perdere la propria identità, ricordando in modo vivo a se stessi e agli altri le proprie origini più antiche.
Accanto alla musica, con i suoi strumenti millenari ancora usati, ecco un altro esempio di culto del corpo; si vede un ragazzo intento in una dimostrazione di ginnastica dolce esattamente tra musica e teatro, per ricondurci ancora una volta al loro concetto di Armonia.
Certamente di storia ne hanno da raccontare, vantando civiltà più antiche di quella ellenistica o romana, come dimostrano le grandi scoperte che storicamente hanno dato grandezza alla Cina – stampa, bussola, polvere da sparo, carta. I cinesi di oggi - la Giovinezza, il futuro – sono, infatti, ben intenzionati a mantenere salde le loro tradizioni millenarie.
Con piccole mani di fata alcune fanciulle, subito dopo, c’immergono nell’universo della seta, mostrandoci splendidi ventagli di seta, decorati a mano. Sembrano ragazze di porcellana, per la delicatezza nel modo di porsi e nell’espletare le loro opere di alto artigianato.
Un universo, dunque, delicatissimo e fortissimo al contempo, fatto di carta, seta, aquiloni, ginnastica, musica, arti marziali, scrittura cinese, dove non potevano mancare il cinema e il teatro.
Per l’arte cinematografica, la CUC – Comunication University of China – ha pubblicizzato su vari cartelloni-slogan il suo credo d’integrazione, dimostrandoci come la loro università offra grandi opportunità di scambi con il resto del mondo, poiché si avvale di partners come prestigiose università statunitensi, inglesi e non solo. Essa offre concrete opportunità lavorative ai propri studenti, attraverso una stretta rete di correlazione con molte altre strutture universitarie, che prevedono corsi di digital media e animazione. Anche nel tessuto tecnico, comunque, s’inseriscono in modo predominante due concetti fondamentali per la cultura cinese, Armonia e Integrazione, presentati come il focus di ogni percorso di studio.
Per quanto riguarda il teatro in Cina, inoltre, balza subito agli occhi quanto si dissoci dalle forme di teatro occidentale, mantenendo stretta la sua eccellente tradizione di costumi e trucco, nei quali la scelta del colore non è affatto casuale ma simboleggia valori precisi: rosso=lealtà - giallo=coraggio – blu=risolutezza – bianco=arroganza - argento e oro=natura divina.
Anche nella tradizione teatrale ritornano i ritagli di carta usati nel teatro delle Ombre, facendo riemergere il concetto di Armonia, mentre la sontuosità dei costumi è essa stessa un capolavoro di scenografia, così come il trucco sostituisce quella che nella civiltà ellenistica era la maschera. L’imponenza dell’attore cinese, con indosso il suo costume come fosse un’armatura, oltretutto, è ancora più accentuata dai suoi alti calzari, i quali, invece, sembrano ricordare più da vicino la cultura dell’antica Grecia, con i coturni usati dagli attori tragici.
Certamente la mediazione tra moderno e antico è materia molto complessa ma si può affermare che i cinesi abbiano dato ottima prova di armonizzazione delle due parti, almeno a livello artistico. Si è, tuttavia, più cauti nell’asserire la stessa cosa per quel che riguarda l’idea di integrazione, un obiettivo verso cui si vuole tendere ma ancora da raggiungere, chiaramente. A ben guardare, erano pochi i cinesi presenti alla manifestazione che conoscevano la lingua italiana, pur essendo l’Italia il Paese ospitante del loro evento. Senza dubbio, sono comprensibili le grandi difficoltà di acquisizione di una lingua basata su un alfabeto, che non ha nulla da spartire con i loro ideogrammi ed è evidente che proprio le manifestazioni di questo tipo sono un ottima strada da perseguire, in favore dell’integrazione da parte di chi ospita e di chi è ospitato.
A riprova di questa linea diplomatica, infatti, va reso noto che a Roma esiste il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, con all’interno un liceo scientifico internazionale, in cui si studia cinese per cinque anni, con un minimo di 7 ed un massimo di 9 ore settimanali riservate allo studio della complessa lingua orientale. Un liceo particolarissimo, primo in Italia e secondo in Europa, dopo Parigi, riconosciuto Aula Confucio, che è la massima onorificenza di cui si possa fregiare una struttura operante nella diffusione della lingua e della cultura cinese. Inoltre - ci ha confermato il coordinatore del liceo, Prof Francesco Alario - vengono riservati cinque posti per classe ai figli di cinesi di seconda e terza generazione, proprio per favorirne l’integrazione, offrendo loro come hard core delle materie, appunto, lo studio della loro lingua madre.
Naturalmente la storia insegna che dal passato non provengono molte notizie di grandi esploratori cinesi, a riprova, forse, di un certo senso di centralità autosufficiente da parte del dna asiatico. I cinesi, infatti, hanno difficilmente sentito il bisogno di viaggiare per conoscere qualcosa di nuovo. Siamo stati noi europei, al contrario, Marco Polo in primis, animati da quella forte curiosità che sempre ci contraddistingue a voler conoscere il loro mondo, scoprendolo meraviglioso ed affascinante quale è.
Certamente la storia si evolve e l’evoluzione di un popolo liberato da un regime totalitario, con le conseguenti difficoltà contingenti, ha portato loro a guardare a occidente, così come oggi l’occidente guarda ad oriente come al futuro. Ben vengano, dunque, manifestazioni come quella tenutasi all’Auditorium, per favorire un cammino d’integrazione, in cui gli attori chiamati a recitare sono certamente due: loro e gli altri.
Margherita Lamesta