Astrofisica

Astrofisica (53)




Su Nature Astronomy un nuovo studio pone nuova luce sulla comprensione di Cygnus X-3.


I membri del team di IXPE del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre nel gruppo di ricerca internazionale
È stato pubblicato  su Nature Astronomy un importante studio che pone nuova luce sulla comprensione di Cygnus X-3, una delle sorgenti binarie a raggi X più brillanti del cielo. Lo studio, coordinato da Alexandra Veledina, ricercatrice dell’Università finlandese di Turku, è frutto della collaborazione di un team internazionale di ricercatori di diversi istituti di ricerca e università. Tra questi anche gli astrofisici Stefano Bianchi, Giorgio Matt e Francesco Ursini, membri del team di IXPE del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università degli Studi Roma Tre.
Le Binarie X sono sistemi affascinanti composti da due corpi celesti: una stella normale e un oggetto compatto come un buco nero o una stella di neutroni, che acquisisce materiale dalla sua compagna stellare. Finora sono state identificate alcune centinaia di queste sorgenti nella nostra Galassia.


I cianobatteri non solo vivono, ma addirittura proliferano in presenza di luce di stella rossa nana e in assenza di ossigeno.
Un altro passo avanti per cercare vita nell’Universo, grazie a uno studio coordinato dalla prof.ssa Nicoletta La Rocca del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e condotto da un gruppo di ricerca multidisciplinare che coinvolge biologi, bioinformatici, ingegneri e astronomi.


Pubblicato sulla rivista «Frontiers in Plant Science», lo studio Transcriptomic and photosynthetic analyses of Synechocystis sp. PCC6803 and Chlorogloeopsis fritschii sp. PCC6912 exposed to an M-dwarf spectrum under an anoxic atmosphere dimostra per la prima volta come cianobatteri esposti a condizioni simulate di esopianeti con atmosfera anossica e illuminati da una stella rossa nana mostrino buona capacità di crescita e di fotosintesi grazie ad una specifica regolazione genica.


Grazie a una tecnica innovativa, un gruppo internazionale di ricerca è riuscito a tracciare gli enigmatici campi magnetici che permeano cinque colossali ammassi di galassie, incluso il monumentale El Gordo, risalente a quando l’universo aveva circa 6,2 miliardi di anni, poco meno di metà della sua età attuale
Un gruppo internazionale di ricerca è riuscito a tracciare per la prima volta il più esteso campo magnetico all’interno di un ammasso di galassie. L’ammasso in questione è quello di “El Gordo”, il più massiccio mai osservato a grandi distanze, risalente a quando l’universo aveva circa 6,2 miliardi di anni, poco meno di metà della sua età attuale. I risultati – pubblicati su Nature Communications – offrono nuove fondamentali indicazioni per la comprensione della composizione e del processo di evoluzione degli ammassi di galassie.

È arrivato il via libera alla missione spaziale LISA. Si tratta di un passaggio cruciale, denominato in gergo “adozione”, con cui ESA ha approvato la costruzione dei satelliti e della strumentazione di bordo con l’importante contributo di ASI, l'Agenzia Spaziale Italiana. Grazie a LISA, il cui nome sta per Laser Interferometer Space Antenna, si aprirà una nuova finestra sull’Universo: l’obiettivo è infatti costruire un osservatorio spaziale per la rivelazione delle onde gravitazionali provenienti da molteplici sorgenti cosmiche. Centrale, nell’ambito del programma scientifico Cosmic Vision dell’ESA in cui rientra questa missione, è il ruolo dell’Università di Milano-Bicocca e del team dalla professoressa Monica Colpi del dipartimento di Fisica “Giuseppe Occhialini” che ha ricoperto posizioni di guida in diversi gruppi di ricerca, in ESA e nel LISA Consortium, un consorzio internazionale di scienziati che ha definito gli obiettivi scientifici di LISA e progettato la missione.



Negli ultimi decenni, gli astronomi hanno scoperto diverse migliaia di pianeti extrasolari. I pianeti extrasolari orbitano attorno a stelle al di fuori del nostro sistema solare. La nuova frontiera in questo campo di ricerca include lo studio della loro composizione e struttura interna, al fine di comprendere meglio il loro processo di formazione.

 Elisa Goffo, dottoranda presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e il Thüringer Landessternwarte (Germania), insieme a un team di ricerca internazionale, ha fatto una scoperta unica, relativamente al pianeta GJ 367 b, che solleva domande interessanti su come nascano i pianeti. È la prima autrice dell'articolo Company for the ultra-high density, ultra-short period sub-Earth GJ 367 b: discovery of two additional low-mass planets at 11.5 and 34 days pubblicato sulla rivista "The Astrophysical Journal Letters".


Osservata nell’universo ancora giovane (1,25 miliardi di anni dopo il Big Bang), grazie al James Webb Space Telescope, la galassia GS-9209 ha una massa stellare simile a quella della Via Lattea e ha già terminato la formazione di stelle: le sue caratteristiche fanno luce sulla nascita delle galassie sferoidali e la connessione con i buchi neri di grande massa
Una collaborazione tra studiosi dell’Università di Edimburgo (Regno Unito) e dell’Università di Bologna ha identificato la più antica galassia quiescente – cioè che non forma più stelle – finora conosciuta. La galassia – chiamata GS-9209 – è stata osservata 1,25 miliardi di anni dopo il Big Bang: un’epoca che corrisponde a circa il 9% dell’età attuale dell’Universo. E a quel punto la formazione di nuove stelle al suo interno si era già fermata da circa mezzo miliardo di anni.
La scoperta – pubblicata sulla rivista Nature – è stata possibile grazie al James Webb Space Telescope e ci offre nuovi indizi per comprendere i processi fisici che guidano la formazione e l’evoluzione delle galassie. In particolare, lo studio ha permesso di evidenziare la correlazione tra la presenza di buchi neri supermassicci e l’inibizione della capacità delle galassie di formare nuove stelle.


La sonda lanciata il 14 aprile, arriverà a destinazione dopo otto anni di crociera. A bordo importanti strumenti finanziati e sviluppati sotto la guida dell'Agenzia Spaziale Italiana con la partecipazione di un team scientifico a cui ha preso parte anche la Sapienza
Giove e le sue lune ghiacciate - Ganimede, Europa e Callisto - saranno il fulcro dell'indagine della sonda JUICE (Jupiter Icy Moon Explorer), lanciata con successo oggi, 14 aprile alle 14.15 ora italiana, dalla Guyana francese.

 

A dicembre 2021 il Governo italiano ha affidato all’Agenzia Spaziale Europea l’impegnativo incarico di sviluppare il sistema IRIDE. L’ESA ha raggiunto il primo degli obiettivi programmatici imposti dal PNRR, ovvero l’aggiudicazione di tutti i contratti entro il termine del 31 marzo 2023. Il programma è dotato di un budget complessivo di circa 1.1 miliardi di euro e sarà completato entro la metà del 2026.


IRIDE, uno tra i più importanti programmi spaziali satellitari europei di Osservazione della Terra – sarà realizzata in Italia sotto la gestione dell’ESA – European Space Agency e con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La costellazione, insieme ad altri sistemi spaziali nazionali ed europei, è concepita per servire le Amministrazioni Pubbliche, quali la Protezione Civile e molte altre, per contrastare il dissesto idrogeologico e gli incendi, tutelare le coste, monitorare le infrastrutture critiche, la qualità dell’aria e le condizioni meteorologiche. Fornirà, infine, dati analitici per lo sviluppo di applicazioni commerciali da parte di startup, piccole e medie imprese e industrie di settore. In particolare IRIDE offrirà 8 macro servizi relativi al monitoraggio marino e costiero, alla qualità dell’aria, al monitoraggio dei movimenti del terreno, alla copertura del suolo, all’idro meteo clima, al monitoraggio delle risorse idriche, alla gestione delle emergenze e alla sicurezza.

 

Un team di astronomi guidato dal ricercatore Luca Di Mascolo dell’Università degli Studi di Trieste ha osservato per la prima volta le fasi iniziali di formazione di un ammasso di galassie.

Gli ammassi di galassie sono le strutture cosmiche gravitazionalmente legate più grandi dell’Universo e, come suggerisce il nome, contengono fino a diverse migliaia di galassie, oltre che materia oscura e un alone diffuso di gas caldo, il cosiddetto "Intracluster medium" (ICM). Si tratta di un gas che di fatto ha una massa che supera notevolmente quella delle galassie stesse e ne permea lo spazio tra l’una e l’altra.

 

“Tutto è pronto, mancano pochi secondi al Lancio. Inizia il conto alla rovescia: ‘Dieci… nove…motto…’ I motori del Lanciatore Spaziale si sono accesi e il satellite si aggrappa strettissimo al suo amico razzo. In un bagliore scintillante attraversa velocissimo il cielo, supera la stratosfera ed entra nello spazio!”
Scrivere un libro per bambini non è certo impresa facile. Deve essere semplice, ma non banale, divertente ed essere capace di accendere l’immaginazione del piccolo lettore. Le meraviglie del Lancio Spaziale scritto da Andrea Papa per Carmignani scienze contiene tutti questi elementi. Il libro approfondisce il tema dei satelliti iniziato su “Lo Zio Orso racconta i Satelliti” e ne descrive anche le fasi di integrazione, lancio e messa in orbita.

 

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