Accordo Oms-Onu per limitare i rischi per la salute derivanti dall'inquinamento

The History of Humanity Does Not Require Rewriting: The “Case of Untermassfeld”

Untermassfeld research excavation: Top (a) – Exposed skeleton parts of various large mammal species, with a completely preserved metacarpal bone (rectangle) of an early fallow deer (Dama nestii vallonnetensis) on the day prior to the theft. Photo: T. Korn, Senckenberg Weimar. Bottom (b) – Vandalism caused by illegal excavation: The lower part of the rare deer bone was broken off and stolen (rectangle). Photos: J.-A. Keiler, R.-D. Kahlke, Senckenberg Weimar
In a newly published study in the “Journal of Paleolithic Archaeology,” Senckenberg scientist Professor Dr. Ralf-Dietrich Kahlke, in conjunction with an international team of renowned Stone Age experts, refutes a recent publication regarding the dispersal of humans in Europe. This publication postulates that the first humans occurred in Northern and Central Europe as early as about one million years ago – more than 200,000 years earlier than previously documented. Moreover, the team of scientists around the Ice Age researcher from Weimar was able to show that the specimens of the archeological study were presumably stolen from the research excavation in Untermassfeld. Saber- and dirk-toothed cats, giant hyenas, hippopotamuses and elephants – the Untermassfeld fossil site in the Thuringian Werra Valley offers a unique representation of the time period around one million years ago. “Each recovered fossil helps us to understand the ecosystem at that time and offers a detailed view into the life history on earth,” explains Professor Dr. Ralf-Dietrich Kahlke of the Senckenberg Research Station for Quaternary Paleontology in Weimar, and he continues, “The diversity of the more than 17,000 specimens retrieved to date ranges from a tiny frog skeleton to the largest known cheetahs in geological history."
Alzheimer, molecola anti-neuroinfiammazione speranza per 3 mln italiani

La ricerca sull'Alzheimer va avanti e la patologia non diventera' orfana di cure. Per gli 800mila pazienti italiani, in tutto 3 milioni di persone contando anche i familiari dei malati, un nuovo trattamento promette di bloccare i sintomi iniziali del disturbo, ritardando l'avanzamento della malattia. Un intervento innovativo che agisce sul controllo della neuroinfiammazione e del connesso stress ossidativo localizzato, rallentando il loop di sofferenza neuronale e l'esordio conclamato della patologia. "Sulla malattia di Alzheimer la ricerca sta facendo grandi progressi e in questo senso il controllo della neuroinfiammazione costituisce la punta di diamante, un filone di grandissimo interesse che e a breve dara' importanti risultati- spiega Carlo Caltagirone, professore di neurologia all'Universita' di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia- Alcune molecole che agiscono come mediatori nei sistemi endocannabinoidi, come la PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), si stanno rivelando promettenti nella riduzione dell'infiammazione e del contemporaneo controllo dello stress ossidativo localizzato e quindi nel ritardo dell'avanzamento della malattia".
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