Iodio spaziale: una tecnologia per satelliti sostenibili e ricaricabili
È l’idea di BOOST, nuovo progetto di ricerca europeo coordinato dall’Università di Bologna: grazie a cartucce di iodio solido, ricaricabili e sostituibili, sarà possibile garantire il riutilizzo di satelliti che altrimenti sarebbero destinati a diventare spazzatura spaziale.
Un nuovo “carburante” per i satelliti spaziali: lo iodio. È l’innovazione su cui punta BOOST, nuovo progetto di ricerca Horizon Europe coordinato dall’Università di Bologna. L’obiettivo è consolidare la tecnologia dello iodio come propellente chiave per i piccoli satelliti (SmallSats), sviluppando attività di ricerca all'avanguardia in grado di rivoluzionare il campo della propulsione satellitare. “BOOST non è solo un progetto sulla propulsione spaziale, ma un'iniziativa che cambierà il modo in cui concepiamo e utilizziamo la
tecnologia dei propulsori”, spiega Fabrizio Ponti, professore al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università di Bologna e coordinatore del progetto. “Siamo entusiasti di guidare questo percorso e di collaborare con partner di prim'ordine per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del progetto e aprire la strada verso tecnologie europee di propulsione spaziale più sostenibili”.
Tracce di creme solari nelle nevi del Polo Nord
Uno studio condotto da ricercatrici e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia, dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l’Università delle Svalbard, ha identificato la presenza di contaminanti ‘emergenti’ riconducibili ai prodotti per la cura personale nella neve delle isole Svalbard. Lo studio è stato recentemente pubblicato su Science of the Total Environment.
Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard. Si depositano soprattutto in inverno, quando sull’Artico cala la notte. A misurarne la concentrazione e spiegarne l’origine è uno studio condotto da ricercatrici e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l’Università delle Svalbard. I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica Science of the Total Environment.
È un enzima del batterio Escherichia coli "l'osservato speciale" del tumore del colon
La sequenza cromosomica pks+, presente nel batterio Escherichia Coli (E.Coli), sembrerebbe contribuire allo sviluppo del tumore al colon. In particolare, vi sarebbe un legame tra le mutazioni associate alla sua presenza e le alterazioni in alcuni geni distintivi di questa tipologia di tumore. Questa scoperta potrebbe fornire opportunità innovative per strategie preventive e terapie personalizzate, specialmente considerando l'incremento dei tumori del colon, soprattutto tra i giovani adulti.
Questo è il risultato dello studio dal titolo “Contribution of pks+ E.coli mutations to colorectal carcinogenesis”, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, realizzato grazie alla collaborazione tra l’Istituto di Ricerca sul Cancro (Londra), Human Technopole e Università degli studi di Milano-Bicocca. Il team di ricerca è stato condotto da Bingjie Chen (Londra), Daniele Ramazzotti (Milano-Bicocca), Trevor A. Graham (Londra) e Andrea Sottoriva (Human Technopole).
Scoperta in Messico una specie unica di lucertola spinosa
Una ricerca, pubblicata sulla rivista Amphibia-Reptilia e frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza e l’Universidad Nacional Autónoma de México, ha individuato nella lucertola Sceloporus geminus una nuova specie caratterizzata da una combinazione unica di diversi caratteri tra i quali un particolare pattern cromatico del collare di squame presente alla base della testa
Una ricerca nata dalla collaborazione tra la Sapienza e l’Universidad Nacional Autónoma de México ha individuato una nuova specie di lucertola spinosa denominata Sceloporus geminus caratterizzata da una combinazione unica di diversi caratteri, tra i quali un particolare pattern cromatico del collare di squame presente alla base della testa. Questa specie, che in passato era stata confusa con altre, è stata scoperta nella regione più meridionale della catena montuosa Sierra Madre Orientale in Messico.
Scoperta una possibile causa del comportamento “strano” dei cuprati: un passo in avanti verso applicazioni dei superconduttori più sostenibili
Pubblicato su Nature Communications lo studio del Politecnico di Milano, della Chalmers University of Technology e della Sapienza Università di Roma.
Compiuto un significativo passo in avanti nella ricerca sulla superconduttività, la scoperta potrebbe aprire la strada a tecnologie sostenibili e contribuire a un futuro più rispettoso dell’ambiente.
Lo studio appena pubblicato su Nature Communications da ricercatori del Politecnico di Milano, della Chalmers University of Technology di Göteborg e della Sapienza Università di Roma chiarisce uno dei tanti misteri dei superconduttori ad alta temperatura critica, i cuprati: anche a temperature superiori a quella critica sono speciali, si comportano come metalli “strani”. Cioè la loro resistenza elettrica cambia con la temperatura in modo diverso da quella dei metalli normali.
La sorprendente plasticità delle cellule staminali muscolari
Una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Cnr e pubblicata sulla rivista Developmental Cell ha individuato in una piccola proteina la chiave che porta le cellule staminali adulte presenti nelle fibre muscolari a differenziarsi così da rigenerare il tessuto danneggiato o ad autorinnovarsi. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Istituto Sanford Burnham di La Jolla (California), l’Università degli Studi di Napoli Federico II e l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, fornisce un importante contributo alla comprensione dei processi di rigenerazione dei muscoli
Una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, condotta in collaborazione con l’Istituto Sanford Burnham di La Jolla (California), l’Università degli Studi di Napoli Federico II e l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, ha individuato in una piccola proteina la chiave che guida le cellule staminali adulte, presenti nelle fibre muscolari, a differenziarsi, rigenerando così il tessuto muscolare danneggiato o ad autorinnovarsi, mantenendo una riserva pronta per futuri cicli rigenerativi.
Autismo e disordini del neurosviluppo: un passo avan per il tratamento farmacologico dei sintomi principali
Uno studio in modelli pre-clinici dell’Università Statale di Milano, IEO – Istituto Europeo di Oncologia e Human Technopole, ha scoperto che in una particolare forma di autismo l’inibizione farmacologica dell’attività del gene GTF2I, codificante per una proteina con funzione regolatoria su molti altri geni e con impatto sullo sviluppo neuronale, ne fa regredire i sintomi principali. I risultati, ottenuti a partire da organoidi cerebrali, sono stati pubblicati su Science Advances.
Grazie a uno studio realizzato su organoidi cerebrali e ora in fase pre-clinica, un team interdisciplinare di scienziati dell’Università Statale di Milano, di IEO – Istituto Europeo di Oncologia e di Human Technopole ha scoperto che l’inibizione farmacologica di uno specifico gene (GTF2I) fa regredire i sintomi principali dell’autismo in modelli pre-clinici della sindrome 7Dup, una rara condizione genetica del neurosviluppo che fa parte dei disordini dello spettro autistico.
Un modello di intelligenza artificiale prevede la ricomparsa del tumore al fegato post-trapianto
Uno studio internazionale, coordinato dal Dipartimento di Chirurgia generale e specialistica della Sapienza di Roma ha raccolto i dati di circa 4000 pazienti provenienti da Nord America, Europa e Asia per sviluppare un calcolatore in grado di predire il rischio di recidiva di epatocarcinoma. Il sistema, disponibile su una pagina online completamente gratuita, consentirà una migliore gestione e cura dei pazienti.
Il tumore al fegato o epatocarcinoma rappresenta una delle indicazioni più comuni al trapianto: in Italia, più della metà degli oltre 1.500 trapianti di fegato effettuati ogni anno ha come causa principale l’epatocarcinoma. In questo contesto è di fondamentale importanza prevedere la possibilità che il tumore possa ripresentarsi, evitando da una parte di sottoporre a questo intervento pazienti ad alto rischio e dall’altra migliorando la cura e la gestione dei pazienti trapiantati.
Energia: inaugurato in Giappone reattore a fusione, successo anche italiano
Il Commissario europeo per l'Energia Kadri Simson e il ministro giapponese per Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia, Masahito Moriyam
Il reattore sperimentale per la fusione JT-60SA nasce da una collaborazione scientifica tra Giappone e Unione europea, con il contributo italiano di governo, imprese, ENEA, Cnr e consorzio RFX
Nuovo passo in avanti nella ricerca sull’energia da fusione nucleare. Oggi a Naka, in Giappone, è stato inaugurato il reattore sperimentale per la fusione JT-60SA, progettato e costruito nell’ambito dell’accordo Broader Approach, una collaborazione scientifica tra Unione europea e Giappone. Si tratta di un traguardo importante per la comunità scientifica e l’industria, che rende più vicino l’impiego dell’energia da fusione, sicura e rispettosa dell’ambiente, grazie anche al contributo italiano di governo, imprese, ENEA, consorzio RFX e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
Quando a Roma c’erano gli ippopotami
La ricerca di un gruppo di paleontologi del Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza ha gettato nuova luce sulla diffusione in Europa dell’ippopotamo comune largamente presente in tutto il continente durante il Pleistocene. Lo studio, pubblicato su PLOS ONE, ha rivelato che questa specie comparve in Europa circa 500 mila anni fa, probabilmente in seguito a intensi cambiamenti climatici e ambientali.
C’è stato un tempo in cui il territorio di Roma fu popolato da elefanti, ippopotami, rinoceronti e iene, testimonianza di ecosistemi scomparsi e condizioni climatiche ben differenti da quelle attuali. Resti fossili di mammiferi sono conosciuti fin dalla fine dell’Ottocento, oggi patrimonio culturale oltre che scientifico di diversi musei del territorio laziale, fra cui il Museo universitario di Scienze della Terra della Sapienza Università di Roma (MUST).
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