
Ambiente (619)
La coltivazione dell’olivo in Sicilia già 3.700 anni fa: una ricerca internazionale rivela le origini antiche del paesaggio mediterraneo
10 Apr 2025 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Un recente studio condotto da Sapienza Università di Roma, Università della Tuscia e Università di Pisa retrodata la coltivazione dell’olivo in Sicilia all’Età del Bronzo. Lo studio è stato pubblicato sul “Quaternary Science Reviews”
L’olivo è uno dei simboli più iconici del bacino del Mediterraneo, le cui prime pratiche di utilizzo e coltivazione furono sviluppate nel Vicino Oriente a partire da circa 7.000 anni fa. L’inizio dell’olivicoltura in Europa meridionale, tuttavia, è ancora oggetto di dibattito fra gli studiosi.
Uno studio coordinato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, con la partecipazione dell’Università Sapienza e dell’istituto Sintef Ocean, ha rilevato la presenza di farmaci e prodotti per la cura personale nelle acque del fiordo artico Kongsfjorden, alle isole Svalbard. Sul lungo periodo sono a rischio di sopravvivenza gli organismi acquatici che vivono in questo peculiare ecosistema marino. I risultati sono stati pubblicati su Science of The Total Environment.
Individuate tracce di farmaci e prodotti per la cura della persona nelle acque marine superficiali e reflue nel Kongsfjorden, fiordo situato nell’arcipelago artico delle isole Svalbard. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista Science of The Total Environment, coordinata dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Isp) e realizzata in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza e l’istituto di ricerca norvegese Sintef Ocean.
The Empty Quarter (Rub’ al-Khali), the vast desert of the Arabian Peninsula, was not always an arid landscape. A recent study by the University of Geneva (UNIGE), King Abdullah University of Science and Technology (KAUST) in Saudi Arabia, Griffith University in Australia, California Institute of Technology, University of Texas and University of the Fraser Valley in Canada reveals that this region was once home to a vast lake and river system. These favorable conditions fostered grasslands and savannahs, enabling human migration — until drought returned, forcing populations to move. Published in Communications Earth & Environment, this research highlights the impact of climate cycles on landscapes and human societies.
The Empty Quarter, or Rub’ al-Khali in Arabic, is one of the world’s largest deserts. Spanning nearly 650,000 square kilometers—mainly in Saudi Arabia—it dominates the Arabian Peninsula, with dunes towering up to 250 meters. Yet, this vast arid expanse was not always so inhospitable. A recent study by an international team led by UNIGE reveals a very different past.
Cambiamento climatico: rondini più piccole ma non per selezione naturale
06 Apr 2025 Scritto da Università di Milano
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Milano ha esaminato le dimensioni corporee di 9000 rondini nidificanti in Pianura Padana dal 1993 al 2023, evidenziando una riduzione della massa corporea e della lunghezza di ali e sterno negli ultimi anni. Lo studio, pubblicato su Journal of Animal Ecology, ipotizza come causa di questa alterazione i cambiamenti ambientali.
Più piccole e forse più a rischio. Con l’aumento delle temperature, la dimensione delle rondini è diminuita. Tuttavia, non si tratta di un adattamento evolutivo che garantirebbe un miglior adattamento al clima sempre più caldo in cui si riproducono, ma potrebbe essere una conseguenza di condizioni ambientali peggiorate e compromettere la loro sopravvivenza a lungo termine.
È questa la conclusione a cui è giunto un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e pubblicato su Journal of Animal Ecology. La ricerca, condotta sulla popolazione italiana di rondini (Hirundo rustica) nidificanti in Pianura Padana nell’arco di 31 anni (1993-2023) ha evidenziato come in questi decenni si sia verificato un calo significativo nella massa corporea, nella lunghezza dello sterno e delle ali, mentre il becco e le zampe non hanno subito variazioni altrettanto evidenti.
Diversità oscura: come l’impronta umana cancella la biodiversità
04 Apr 2025 Scritto da Università di Bologna
Solo una pianta autoctona su cinque sopravvive nei territori minacciati dalla presenza dell’uomo. Uno studio internazionale su 5500 siti di tutto il mondo svela la perdita invisibile della natura.
L’impatto della presenza umana sulla biodiversità naturale delle piante è devastante in moltissimi ecosistemi del pianeta: fino a quattro specie di piante su cinque sono assenti dai loro habitat naturali nelle aree a maggiore impronta ecologica umana. L’indice misura la quantità di risorse naturali che consumiamo o degradiamo a causa, per esempio, di urbanizzazione, inquinamento, disboscamento. È quanto emerge dallo studio internazionale collaborativo DarkDivNet - pubblicato su Nature – che ha coinvolto oltre 250 scienziate e scienziati di tutto il mondo. Sono stati ben quindici i botanici e le botaniche di nove università italiane impegnati nello studio, fra cui il professor Alessandro Chiarucci dell’Università di Bologna, membro del Comitato Scientifico.
Ricercatrici e ricercatori hanno raccolto dati di biodiversità in quasi 5500 siti di 119 regioni del mondo, registrando non solo le specie vegetali presenti in ogni sito, ma anche le specie autoctone che dovrebbero esserci e risultano invece assenti. L’innovativo approccio scientifico ha identificato quindi la diversità oscura. Ciò ha consentito di calcolare il potenziale della diversità vegetale di ogni area e rivelato quanto l’impronta umana l’abbia ridotto.
FAS, arriva in Parlamento il Decreto Legge che riduce i limiti nelle acque potabili
03 Apr 2025 Scritto da Greenpeace
FAS, arriva in Parlamento il Decreto Legge che riduce i limiti nelle acque potabili. Greenpeace: «Grazie alla mobilitazione della società civile finalmente il governo prende sul serio questo grave problema ambientale e sanitario»
È all’esame del Parlamento il Decreto Legge urgente, già approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 13 marzo, volto a ridurre i livelli consentiti di PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) nelle acque potabili e a inserire limiti per il TFA (acido trifluoroacetico), la molecola della classe dei PFAS più abbondante sul pianeta e finora non sottoposta a restrizioni. Il decreto arriva in seguito alla diffusione nel gennaio scorso dell’indagine di Greenpeace Italia “Acque senza veleni”, che aveva mostrato una contaminazione diffusa nelle acque di tutte le Regioni italiane. Con il decreto legislativo 260, il governo Meloni prende finalmente atto che, come da tempo denuncia l’associazione ambientalista, in Italia esiste un problema PFAS di enorme portata che necessita di interventi normativi urgenti e non più rinviabili.
La rielaborazione di una carta tecnica regionale evidenzia la differente situazione dei ghiacciai Marmolada, Antelao e Fradusta tra il 1992 e il 2023
Uno studio dell’Istituto di scienze polari del Cnr e dell’Università Ca’ Foscari Venezia svela che le aree di accumulo dei ghiacciai di queste maestose montagne si trovano al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina e che nel giro di pochi decenni si frammenteranno o spariranno. La ricerca, svolta in collaborazione con diverse istituzioni, tra le quali l’Università tecnica della Danimarca, l’Università Roma Tre, l’ARPA Veneto e l’Università del Quèbec a Montreal, ha utilizzato dati acquisiti con tecnologia LiDAR e da drone messi a confronto con immagini storiche rielaborate tramite algoritmi moderni. I risultati sono pubblicati su The Cryosphere.
Mediterraneo: precipitazioni stabili dalla fine dell’Ottocento, ma in futuro è prevista una diminuzione
26 Mar 2025 Scritto da Università degli studi di Milano
Un team di ricercatori di cui fa parte l’Università Statale di Milano ha tracciato l’evoluzione delle precipitazioni nel Mediterraneo a partire dalla fine del diciannovesimo secolo. I dati mostrano una sostanziale stabilità nel passato e confermano l'affidabilità delle recenti simulazioni modellistiche nel prevedere una diminuzione nel XXI secolo. Lo studio è stato pubblicato su Nature.
L’evoluzione delle precipitazioni ha importanti implicazioni per le politiche sociali, economiche e ambientali nella regione del Mediterraneo. Ora uno studio, condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, coordinato da Sergio Vicente Serrano del Pyrenean Institute of Ecology e Yves Tramblay del French Institute of Research for Development e con un importante contributo dell’Università Statale di Milano, dell’Università del Salento e del CNR-ISAC (Consiglio Nazionale Delle Ricerche, Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima), ha rilevato che dal 1871 al 2020 le precipitazioni in quest’area sono rimaste sostanzialmente stabili anche se distribuite irregolarmente; tuttavia nel XXI secolo si prevede una diminuzione. La ricerca, pubblicata Nature, si basa su dati provenienti da 23.000 stazioni in 27 Paesi e colma una lacuna di conoscenza causata dalla mancanza di dati meteo completi, dovuta a politiche di alcuni Paesi del Mediterraneo non favorevoli a mettere in comune le serie osservative del passato. Questo problema è stato risolto sviluppando un metodo di lavoro innovativo che ha permesso elaborazioni svolte in modo distribuito, ma basate su un unico pacchetto di codici di analisi dati, senza che i singoli Paesi coinvolti dovessero condividere i dati originali.
Sono in viaggio verso l’Europa, a bordo della nave da ricerca Laura Bassi, le carote di ghiaccio estratte in Antartide nell’ambito del progetto Beyond EPICA - Oldest Ice, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr. I campioni di ghiaccio, estratti fino a una profondità di 2.800 metri, saranno processati e analizzati nei laboratori delle istituzioni di ricerca europee coinvolte e disveleranno dettagli fondamentali sulla storia del clima e dell’atmosfera terrestre, tornando indietro nel tempo di oltre 1,2 milioni di anni.
Raggiungeranno presto il continente europeo a bordo della nave da ricerca Laura Bassi le carote di ghiaccio estratte in Antartide, a Little Dome C, nel corso della IV campagna di perforazione del progetto internazionale Beyond EPICA - Oldest Ice, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp).
Protagonista di questa storica campagna di carotaggio è un team di scienziate, scienziati e personale logistico provenienti da dodici istituzioni di ricerca di dieci Paesi europei. Per tre mesi, ricercatrici, ricercatori e tecnici hanno lavorato a un’altitudine di 3.200 metri sul livello del mare, con una temperatura media estiva di -35°C, raggiungendo un traguardo storico per le scienze del clima: l’estrazione di campioni di carote di ghiaccio fino a una profondità di 2.800 metri, dove la calotta glaciale antartica incontra la roccia sottostante.
L’influenza dei cambiamenti climatici sulle strategie riproduttive delle piante: uno studio dell’Università di Pisa traccia l’evoluzione dei semi negli ultimi 150 milioni di anni
06 Mar 2025 Scritto da Università di Pisa
La ricerca pubblicata sulla rivista New Phytologist
Uno studio dell’Università di Pisa ha tracciato l’evoluzione dei semi negli ultimi 150 milioni di anni evidenziando una relazione diretta tra radiazione evolutiva, cambiamento del clima terrestre e comparsa di innovazioni riproduttive nelle angiosperme, le piante a fiore maggiormente diffuse sul nostro pianeta. La ricerca condotta dal professore Angelino Carta dell’Ateneo pisano e da Filip Vandelook del Meise Botanic Garden in Belgio è stata pubblicata sulla rivista New Phytologist.
Non sappiamo se i nuovi tipi di semi hanno favorito tale diversificazione oppure se i nuovi tipi di semi son comparsi in conseguenza di essa. Certamente però, ed è la cosa più affascinante – aggiunge Carta – l’innovazione evolutiva dei semi, coincide con la comparsa dei principali modelli strutturali dei fiori contribuendo a spingere la biodiversità moderna verso cambiamenti epocali denominati Rivoluzione Terrestre delle Angiosperme”.