La ricomparsa della poliomielite a Gaza non è un evento improvviso, ma il tragico epilogo di una serie di eventi che hanno gravemente compromesso le fondamenta della salute pubblica. Prima ancora del conflitto attuale, la pandemia di COVID-19 aveva già indebolito le difese globali. La sospensione dei programmi di vaccinazione di routine in molte aree del mondo aveva creato un "buco" immunitario, lasciando milioni di bambini senza protezione contro malattie prevenibili che si pensavano ormai sconfitte.
La guerra ha trasformato questa fragilità in una catastrofe. I bombardamenti e gli attacchi aerei hanno distrutto ospedali, cliniche e ambulatori, rendendo quasi impossibile l'accesso alle cure e, soprattutto, alle vaccinazioni di base. La situazione è ulteriormente aggravata dalla scarsità di forniture mediche, dalla distruzione dei sistemi di stoccaggio dei farmaci e dal numero crescente di operatori sanitari costretti a fuggire o a lottare per la propria sopravvivenza. Le infrastrutture idriche e igieniche, già precarie, sono crollate, contaminando l'acqua e l'ambiente e creando il terreno ideale per la diffusione di malattie trasmissibili per via oro-fecale, come appunto la poliomielite.
Un'emergenza che non aspetta
Nel luglio 2024, il primo segnale di allarme ha messo in fibrillazione le agenzie umanitarie: tracce del poliovirus sono state trovate nelle acque reflue. Un mese dopo, la paura si è trasformata in realtà con la diagnosi di poliomielite in un bambino di 10 mesi a Deir al-Balah, nel cuore della Striscia. È stato il primo caso confermato dopo un quarto di secolo e ha segnato l'inizio di una nuova, drammatica battaglia.
Di fronte a questa emergenza, organizzazioni come l'UNICEF e l'OMS hanno avviato una massiccia campagna di vaccinazione. A febbraio 2025, quasi 603.000 bambini sotto i 10 anni sono stati vaccinati, ma la strada è ancora lunga e piena di pericoli. Le operazioni sono costantemente ostacolate dalla violenza, dall'insicurezza e dagli spostamenti continui della popolazione, che rendono estremamente difficile raggiungere ogni bambino che ne ha bisogno. La missione degli operatori sanitari non è solo una corsa contro il tempo per fermare l'epidemia, ma anche una lotta per l'accesso e la sicurezza in una zona di conflitto in continuo cambiamento.
Il caso di Gaza ci ricorda come le conquiste della sanità pubblica siano estremamente fragili e possano essere cancellate in un attimo. In questo contesto, il ritorno della poliomielite non è solo una questione medica, ma un monito severo su come la guerra distrugga non solo le vite, ma anche le fondamenta stesse della salute e della speranza per le generazioni future. Se il dramma umano non è sufficiente a scuotere le coscienze, forse l'allarme di una malattia dimenticata che potrebbe tornare a diffondersi, ricordandoci la nostra interconnessione, potrà spingerci a riflettere e ad agire.
Bibliografia
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*Board Member, SRSN (Roman Society of Natural Science)
Past Editor-in-Chief Italian Journal of Dermosurgery