Urban Nature, WWF: in citta' per i bambini e' deficit di natura

WWF 08 Ott 2018

 

La natura non è solo un elemento fondamentale per il nostro benessere quotidiano ma rappresenta anche una ‘scuola’ importantissima per i bambini che, purtroppo nei Paesi di più antica industrializzazione, sono costretti a stili di vita sempre più sedentari, con minori gradi di autonomia e costretti ad attività, esperienze e socialità sempre più virtuali.

Si tratta di un vero e proprio deficit di natura (espressione coniata dal giornalista americano Richard Louv) che ormai condiziona in modo evidente la crescita e la salute psicofisica delle nuove generazioni. È questo il cuore del report “Benessere e natura: città verdi a misura di bambino” lanciato dal WWF in occasione di Urban Nature (la festa della biodiversità urbana), realizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Studi sulla Qualità della Vita AIQUAV, che riunisce i migliori esperti che si occupano di benessere e qualità della vita e con il contributo del gruppo di lavoro su Ambiente&Salute dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP) e di LABUS, il Laboratorio per la Sussidiarietà.
“Come se non bastasse il debito economico di cui dovranno farsi carico negli anni a venire sulle spalle dei nostri giovani grava anche un ‘debito di natura’ che sta progressivamente erodendo salute, benessere e qualità della vita”. Dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che aggiunge: “Se non si inverte la rotta non solo i nostri giovani dovranno fare i conti con lo sfruttamento intensivo delle risorse, che consuma vorticosamente “Natura”, ma si troveranno a crescere in habitat sempre più artificiali. Il deficit di natura di cui si occupa il nostro Report è ormai una ‘patologia sociale’ che possiamo misurare quotidianamente osservando la vita e i comportamenti dei nostri ragazzi, sempre più abituati ad una dimensione virtuale della vita e della natura.

Per questo è necessario correre ai ripari: con Urban Nature vogliamo provare a favorire la riscoperta della natura, anche di quella che abbiamo vicino a casa o a scuola. Però è necessario che anche le istituzioni, locali e nazionali si attivino per garantire più verde alle nostre città, che significa più salute, più benessere e miglior qualità della vita”.
Oggi siamo di fronte ad un paradosso: i giovani, che potrebbero aspirare a guidare la difesa della natura, hanno sempre meno a che fare con essa. Secondo un’indagine Istat del 2017 il 93% dei bambini in età compresa tra i 6 e i 10 anni, guarda la TV tutti i giorni. Il dato scende al 87,7% per i ragazzi di età compresa fra gli 11 e i 14 anni che con molta probabilità sono già più attratti dal web. I ragazzi occidentali passano in media 44 ore della alla settimana davanti a TV e media elettronici. Escludendo le ore di sonno, questa percentuale tempo occupa una buona parte della giornata tipo di un giovane: circa 6 ore e mezza.


Il raggio di allontanamento medio da casa dei ragazzi, oggi, è circa un nono rispetto a quello di trent’anni fa. Nel 1971 l’80% dei bambini tra i 7 e gli 8 anni andava a scuola a piedi, da solo o con qualche coetaneo. Già negli anni ’90 la percentuale si era abbassata a meno del 10% dei bambini.
Sulla necessità di un cambiamento degli spazi urbani a favore della salute dei più piccoli la comunità medica è ormai concorde: “Le nostre città non sono progettate per i bambini. In media l’80% degli spazi pubblici urbani è occupato dal traffico automobilistico, che ostacola la possibilità di movimento attivo dei bambini - ricorda il pediatra Giacomo Toffol, coordinatore del gruppo Ambiente&Salute dell’Associazione Culturale Pediatri. “Le uniche isole tutelate sono i parchi urbani, purtroppo insufficienti e spesso non curati. Tutti i bambini, e soprattutto quelli che vivono in condizioni sociali più svantaggiate, hanno però bisogno di un contatto costante con la natura per crescere in modo equilibrato. Tantissimi studi dimostrano che la disponibilità di spazi verdi nelle zone di residenza è fondamentale per garantire il loro benessere fisico, psichico e relazionale. Incrementare questa disponibilità significa quindi migliorare il benessere dei bambini”.


Anche da un punto di vista clinico l’influenza dell’ambiente fisico sullo sviluppo cerebrale è nota e studiata da anni. Studi epidemiologici hanno messo in evidenza come i problemi mentali siano molto più frequenti in chi vive in aree urbane rispetto agli abitanti delle zone rurali. Esistono poi lavori scientifici specifici che si sono incentrati sulle correlazioni tra ambienti verdi e sviluppo cerebrale dei bambini. Oltre all’effetto dovuto al fattore protettivo che il verde determina riducendo l’esposizione agli inquinanti atmosferici e al rumore, noti per la loro possibile nocività sullo sviluppo delle funzioni cerebrali, lo studio conferma che il vantaggio degli ambienti verdi sulle funzioni cerebrali è dovuto proprio a una caratteristica intrinseca dell’ambiente. Questi dati sono rinforzati da un recente ulteriore studio che ha valutato l’effetto degli spazi verdi in prossimità dei luoghi di residenza sulla capacità di attenzione dei bambini. La vita sedentaria, l’inquinamento atmosferico, la mancanza di contatto con l’ambiente naturale stanno provocando l’aumento di patologie dell’infanzia come obesità, rachitismo, asma e allergie.
Negli ambienti urbani lo stile di vita è diventato ancora più sedentario, con minori gradi di autonomia. Molte malattie in rapida ascesa tra i giovani (obesità, asma, allergie, depressione, alcune manifestazioni di autismo e perfino l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività) sono in correlazione con queste dinamiche sociali. In Gran Bretagna i ragazzi dagli 11 ai 15 anni spendono, in media, la metà del loro tempo attivo davanti a uno schermo. Per quanto riguarda l’Italia il progetto “Okkio alla salute”, un sistema di sorveglianza promosso e finanziato dal Ministero della Salute che da più di 10 anni raccoglie informazioni da un campione di bambini della scuola primaria a livello nazionale, ci fa sapere che il 41% dei bambini intervistati trascorre più di due ore al giorno davanti a uno schermo (televisore, videogiochi, tablet, cellulare) e che il 44% possiede e utilizza questi apparecchi anche nella propria camera da letto.


La natura è fondamentale perché non solo stimola la dimensione intellettuale, ma anche corpo e affettività. In natura tutti i cinque sensi sono al lavoro per farci fare un’esperienza della vita completa. Con questa privazione sensoriale non possiamo pensare di evolvere né come individui né come collettività. Il mondo naturale è poi complesso, molto di più di qualsiasi ambiente costruito dall’uomo, ed evolve nel tempo. Meno i bambini giocano all’aperto, sperimentando continuamente nuove attività grazie alla libertà di cui godono, meno imparano a far fronte ai rischi e alle sfide che dovranno affrontare da adulti.

I sistemi della natura, gli ecosistemi, offrono gratuitamente e quotidianamente allo sviluppo e al benessere delle nostre società una serie di servizi (definiti appunto servizi ecosistemici) che sono la base essenziale dei processi economici, dello sviluppo e del benessere delle società umane. Questa straordinaria ricchezza costituisce il nostro capitale naturale e dovrebbe essere considerata al centro dell’impostazione dei nostri modelli di sviluppo economico perché, sappiamo ormai molto bene, un ambiente sano e vitale costituisce una base essenziale per il benessere e lo sviluppo di tutte le società umane.
Il capitale naturale non può quindi continuare ad essere “invisibile” ai modelli economici come avviene attualmente, ma deve essere considerato fondamentale per l’umanità.
Ecco perché oggi, a livello internazionale, si sono moltiplicati gli sforzi per individuare le modalità per mettere in conto la natura e cercare di fornirgli un valore. Questo valore non può essere individuato solo in termini “monetari” perché i valori delle strutture, dei processi, delle funzioni e dei servizi dei sistemi naturali vanno ben oltre ogni possibilità economica di mera rendicontazione monetaria, ma deve essere assolutamente tenuto in conto.
Le attività umane, così come si sono svolte sino ad oggi, esercitano una tale pressione sulle funzioni naturali della Terra che la capacità degli ecosistemi del pianeta di sostenere le generazioni future non può più essere data per scontata. Proteggere e migliorare il nostro benessere futuro richiedono un utilizzo più saggio e meno distruttivo delle risorse naturali. Ciò comporta a sua volta cambiamenti radicali nel modo in cui prendiamo ed attuiamo le decisioni. Dobbiamo perciò imparare a riconoscere il reale valore della natura, sia in termini economici sia per la ricchezza che offre alle nostre vite.


Il Millennium Ecosystem Assessment ha prodotto la distinzione tra i vari servizi ecosistemici, distinzione ancora oggi utilizzata:
• Servizi ecosistemici di supporto che sono, ad esempio, il ciclo dei nutrienti, la formazione del suolo, la produzione primaria (cioè la produzione di materia organica da parte degli ecosistemi che ha luogo grazie alla capacità di piante e batteri di generare nuova materia organi causando l’energia e le sostanze chimiche inorganiche), la fotosintesi, ecc.
• Servizi ecosistemici di fornitura o approvvigionamento che sono, ad esempio, la disponibilità di cibo, di acqua dolce, di legno e fibre, di combustibili, di risorse genetiche ecc.
• Servizi ecosistemici di regolazione che sono, ad esempio, la regolazione del clima, la regolazione delle inondazioni, la regolazione delle malattie, la purificazione dell’acqua, la regolazione dell’erosione, l’impollinazione ecc.
• Servizi ecosistemici culturali che sono, ad esempio, il valore estetico, spirituale, educativo, ricreativo, delle relazioni sociali, di inspirazione ecc. La perdita della biodiversità provoca inevitabilmente il progressivo impoverimento della struttura, delle funzioni e dei processi degli ecosistemi che, a loro volta, consentono alla nostra specie l’utilizzazione dei servizi offerti.
Verde urbano. Il numero di persone che vive in città è in continuo aumento: nel 2009 la quota della popolazione mondiale residente nelle aree urbane ha superato la soglia del 50% e le previsioni delle Nazioni Unite indicano che entro il 2050 le città ospiteranno oltre il 70% della popolazione complessiva (circa 6,3 miliardi su una popolazione mondiale prevista di 9,7 miliardi). Per quanto riguarda l’Italia, secondo i dati Istat (2016), il verde urbano rappresentava nel 2014 il 2,7% del territorio dei capoluoghi di provincia. Ogni abitante ha a disposizione, in media, 31 metri quadrati di verde urbano, ma nella metà delle città italiane (60% della popolazione urbana) tale estensione è molto più contenuta (inferiore ai 20 metri quadrati) e in 19 città (per 2,2 milioni di cittadini) non raggiunge la soglia dei 9 metri quadrati obbligatori per legge.
I servizi ecosistemici (di regolazione climatica, di depurazione dell’aria e dell’acqua, di approvvigionamento di cibo, di rigenerazione psico-fisica, ecc.) forniti dalla biodiversità urbana, sono cruciali per la salute e il benessere di coloro che vivono nelle città, per la sostenibilità stessa delle comunità urbane e per il futuro dell’intero Pianeta.

Urban Nature a livello nazionale ha il patrocinio del ministero dell’Ambiente, della Salute, del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), dell’ANCI e dall’Assessorato alla Sostenibilità Ambientale del Comune di Roma. Si svolge in collaborazione con l’Associazione Nazionale Musei Scientifici (ANMS) e l’Arma dei Carabinieri e vedrà la partecipazione dell’AGESCI. L’evento è inoltre supportato da Procter&Gamble Italia.

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