Creata in laboratorio una proteina modificata che accelera la rigenerazione dei tessuti

Università degli Studi di Milano - Bicocca 11 Gen 2018


A seguito di un danno in un tessuto, sia l’infiammazione – a opera del sistema immunitario – che la successiva rigenerazione sono processi fondamentali per la guarigione. In uno studio pubblicato su The Journal of Experimental Medicine, un gruppo di ricercatori ha identificato in HMGB1 la proteina chiave nel governare entrambi i processi. I ricercatori hanno poi modificato HMGB1 in laboratorio, creandone una versione che agisce solo in chiave rigenerativa (3S-HMGB1). La nuova proteina si è dimostrata capace di accelerare il processo di ricostruzione del tessuto in topi che presentavano un danno muscolare o epatico. La ricerca è stata svolta presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele – una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo ospedaliero San Donato – in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca ed è stata coordinata da Emilie Vénéreau e Marco Bianchi, rispettivamente ricercatrice e capo dell’unità di Dinamica della cromatina all’Ospedale San Raffaele.

High Mobility Group Box 1 (HMGB1) è una proteina nucleare che viene rilasciata dalle cellule in seguito a uno stress o a un danno ed è una sorta di allarme che richiama le cellule del sistema immunitario nel sito danneggiato. La fase di infiammazione che segue al loro arrivo è fondamentale per pulire il tessuto da agenti patogeni e sostanze tossiche. A questa deve però seguire rapidamente una seconda fase, detta di rigenerazione, in cui le cellule staminali ricostituiscono il tessuto. Già nel 2012 il gruppo coordinato da Marco Bianchi aveva dimostrato (in questo studio) che HMGB1, a seconda dello stato in cui si trova, è in grado di influenzare la transizione fondamentale tra le due fasi: quando è in forma ossidata, la proteina promuove l’infiammazione; viceversa la sua forma ridotta (non ossidata) funziona come segnale di richiamo per cellule coinvolte nella riparazione tissutale. Il gruppo di ricercatori ha lavorato per creare una versione artificiale della proteina – chiamata 3S-HMGB1 – che non può essere ossidata e ne ha dimostrato in vivo la capacità di promuovere la rigenerazione muscolare ed epatica in modo più efficiente della forma normale, senza mai indurre una risposta infiammatoria esacerbata. Con una singola iniezione di 3S-HMGB1 in topi con danno muscolare acuto o danno epatico, si è accelerata la riparazione dei tessuti agendo, rispettivamente, sulle cellule staminali muscolari residenti o sugli epatociti (le cellule del fegato che svolgono la funzione rigenerativa in questo organo).

“I nostri studi dimostrano che la forma non ossidata di HMGB1 svolge un ruolo essenziale nella rigenerazione dei tessuti. La capacità della proteina modificata di accelerare in modo sicuro il processo con una sola somministrazione apre molte opportunità terapeutiche per la medicina rigenerativa, in diversi contesti clinici” afferma Mario Tirone, primo autore del lavoro e dottorando di Silvia Brunelli, docente presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e co-autrice del lavoro. Ad oggi, infatti, gli unici approcci terapeutici in fase di studio sono volti a neutralizzare del tutto l’attività della proteina HMGB1, eliminandone in questo modo sia i suoi effetti pro-infiammatori che quelli rigenerativi. “Le nostre ricerche suggeriscono che già oggi l’approccio terapeutico potrebbe essere quello di prevenire l’ossidazione della forma naturale piuttosto che la sua totale neutralizzazione” dichiara Emilie Vénéreau.

La comprensione della duplice natura di HMGB1 potrebbe avere importanti implicazioni anche in campo oncologico, in cui al contrario è l’azione infiammatoria della proteina naturale ad avere un potenziale ruolo terapeutico. ”I tumori si comportano in modo simile a tessuti danneggiati”, aggiunge Marco Bianchi “In questo caso l’azione rigenerativa di HMGB1 può essere però dannosa. Sfruttando le sue proprietà infiammatorie, si potrebbe invece ostacolare la crescita del tumore”. Questo lavoro è stato possibile grazie al supporto del Ministero della Salute e del Ministero dell’Università e della Ricerca italiani, dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, della Commissione Europea, dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e della Fondazione Cariplo.

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