Diabete dell’adulto: linee guida per riconoscerlo e affrontarlo

Università di Roma La Sapienza 07 Set 2020


Un panel internazionale di esperti di diabete e metabolismo da tutto il mondo, fra cui Raffaella Buzzetti del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma, ha provveduto alla stesura di un “consensus” sulla terapia del LADA pubblicato sulla rivista Diabetes dell’American Diabetes Association.
Il 10-15% circa di soggetti con diagnosi di diabete mellito tipo 2 è affetto in realtà da una forma di diabete a lenta evoluzione, definito LADA, acronimo dall’inglese di Latent Autoimmune Diabetes in Adults.

Tale tipo di diabete insorge dopo i 30 anni ma riconosce una patogenesi simile al diabete tipo 1 (a insorgenza giovanile), ovvero determinata dalla distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina da parte del proprio sistema immunitario, e per diagnosticarlo è necessario riscontrare la presenza degli autoanticorpi “colpevoli”.

Il LADA però ha una evoluzione più lenta rispetto al diabete tipo 1, tanto che i pazienti vengono indirizzati verso una terapia a base di insulina anche dopo anni dalla diagnosi.

Per tale ragione ottenere una diagnosi corretta e precoce della tipologia di diabete è estremamente fondamentale per sviluppare un trattamento adeguato e specifico, eppure fino a oggi linee guida sulla terapia del LADA, a differenza del diabete tipo 2, non esistevano.

Un panel internazionale di esperti di diabete e metabolismo da tutto il mondo, fra i quali Raffaella Buzzetti del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma, si è riunito e ha provveduto alla stesura di un “consensus” sulla terapia del LADA, pubblicato sulla rivista Diabetes, dell’American Diabetes Association.

In particolare, gli autori del lavoro hanno proposto un algoritmo che si basa sulla valutazione della riserva insulinica del soggetto con diabete autoimmune, che si ottiene grazie a un semplice dosaggio di laboratorio. I dati ottenuti indirizzeranno i medici verso la terapia più appropriata per il paziente.

“C’era assoluta necessità di fornire indicazioni precise per la cura di questa forma di diabete finora trattata in maniera differente nei diversi contesti clinici” – afferma Raffaella Buzzetti della Sapienza, primo autore della pubblicazione. “Poter diagnosticare il LADA a un soggetto precedentemente considerato affetto da diabete tipo 2 significa portare un cambiamento anche sostanziale alla sua terapia e ottenere così un significativo miglioramento del controllo metabolico e una corretta prevenzione delle complicanze croniche”.

Infatti, al momento, sono tante le classi di farmaci a disposizione del diabetologo per la cura del diabete, ma soltanto con una diagnosi precisa si può prescrivere al paziente una terapia personalizzata.

“Nel caso del LADA – conclude Buzzetti – l’utilizzo di farmaci ipoglicemizzanti in grado di preservare la funzione delle cellule che producono insulina è senz’altro prioritaria, così come il ricorso alla terapia insulinica più precocemente possibile, qualora la funzione delle cellule sia già stata compromessa. Ciò al fine di prevenire le conseguenze più gravi, quali infarto, ictus, insufficienza renale e retinopatia, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia”.

 

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