“La VTA è composta prevalentemente da neuroni che producono dopamina, un neurotrasmettitore molto importante per la regolazione dell’umore e della motivazione. Basandoci sui risultati ottenuti in questi studi, abbiamo simulato al computer i processi patologici che si innescano nelle primissime fasi della malattia”, spiegano Daniele Caligiore e Massimo Silvetti del Cnr-Istc.
I due colleghi dell’Università Campus Bio-Medico e del Neuromed, Marcello D’Amelio e Stefano Puglisi-Allegra, sottolineano l’importanza del lavoro per la comprensione delle possibili cause dell’Alzheimer: “Questo lavoro ha consentito di chiarire come la degenerazione iniziale della VTA alteri a cascata la funzione di altri circuiti neuromodulatori, causando inizialmente sintomi simili alla depressione (tipici delle prime fasi della malattia) e favorendo in seguito l’accumulo di proteine neurotossiche che caratterizza la malattia (placche extra-cellulari di Beta-amiloide e grovigli intracellulari della proteina Tau), con conseguente distruzione di neuroni in aree del cervello funzionali alla memoria e ad altre funzioni cognitive”.
Il sistema d’Intelligenza Artificiale usato dai ricercatori è stato in grado di fornire una teoria unificante, capace di spiegare molti dati relativi alla malattia di Alzheimer, delineando uno schema interpretativo che consente di far combaciare i molti tasselli di questo complesso puzzle. “Essendo l’attività dei neuroni della VTA legata alla gestione delle emozioni e dello stato motivazionale, la nostra scoperta evidenzia l’importante ruolo dello stato psicologico del paziente, suggerendo come la riduzione della motivazione e la graduale perdita di interessi, fenomeni spesso sottostimati dai pazienti e dai loro familiari, possano accelerare l’avanzamento della malattia”, conclude il Gianluca Baldassarre, coordinatore del team del Cnr-Istc.
La ricerca, pubblicata sulla rivista “Journal of Alzheimer’s Disease”, apre una nuova strada alla diagnosi precoce e allo sviluppo di terapie da attuare nella fase iniziale della malattia, per riuscire a rallentare, se non addirittura a bloccare, la degenerazione di aree del cervello coinvolte nella produzione e nell’utilizzo della dopamina.