Il gruppo di ricerca Quantum Lab della Sapienza, in collaborazione con le Università di Natal e Rio de Janeiro (Brasile), ha dimostrato come gli effetti della meccanica quantistica siano talmente radicati nella Natura da incidere sui modelli basilari della fisica classica, come le relazioni causa-effetto. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature Physics
“Perché alcune cose succedono e altre no?”, “Cosa determina gli eventi che osserviamo in Natura?”. Queste sono da sempre tra le più ricorrenti e affascinanti domande che si sono posti scienziati e filosofi. Tentare di dare una risposta definitiva resta tutt’oggi una sfida.

Un nuovo studio, condotto dal gruppo di ricerca Quantum Lab della Sapienza in collaborazione con le Università di Natal e Rio de Janeiro in Brasile e pubblicato su Nature Physics, ha dimostrato dal punto di vista teorico e verificato sperimentalmente che, quando entra in gioco, la fisica quantistica può offrire una predizione alternativa alla fisica classica degli schemi causa-effetto.


Un coccodrillo trasformato in personaggio dei cartoni animati, una tartaruga che mangia le lumache scoperta in un mercatino tailandese e un pipistrello col muso “a ferro di cavallo” che starebbe bene in un film di Star Wars, sono solo 3 delle 115 nuove specie scoperte dagli scienziati nella regione del Greater Mekong, nel corso del 2016, secondo il nuovo report, Stranger Species, pubblicato oggi dal WWF. Il report documenta il lavoro svolto da centinaia di scienziati, organizzazioni per la conservazione e istituti di ricerca sparsi in tutto il mondo, che hanno contribuito alla scoperta di 11 specie di anfibi, 2 di pesci, 11 rettili, 88 piante e 3 mammiferi in Cambogia, Laos, Birmania, Tailandia e Vietnam.
Le scoperte includono anche una rana variopinta rintracciata in Vietnam sulle montagne carsiche di pietra calcarea, due specie di talpa scoperte da un team di scienziati vietnamiti e russi, e anche un cobide (pesce a strisce dal corpo lungo e affusolato) in Cambogia. In totale sono ben 2.524 le nuove specie di piante, uccelli, mammiferi, rettili, pesci e anfibi scoperti nella regione tra il 1997 e il 2016.


Pubblicato su Nature, lo studio è tra le 30 migliori ricerche selezionate dalla Optical Society of America. Ci sono oggetti che pur essendo trasparenti non lasciano passare la luce senza modificarne le caratteristiche in modo apparentemente irreversibile. Ad esempio, non siamo in grado di guardare attraverso un vetro smerigliato perché l’immagine ne esce frammentata. L’informazione si è persa nel caos. Un fenomeno analogo può avvenire nelle fibre ottiche. Per aumentare la capacità di trasmissione dati nei sistemi ottici di nuova generazione, numerosi fasci di luce alla stessa lunghezza d’onda vengono trasmessi simultaneamente sulla stessa fibra. Possiamo immaginare questi fasci di fotoni come dei puzzle i cui pezzi, durante la propagazione lungo la fibra, si mescolano tra loro fino a rendere le immagini originarie indistinguibili e
difficilmente ricomponibili. Finora l’unico modo di recuperare l’informazione era convertire il segnale ottico in formato elettronico e ricostruirlo digitalmente, bit a bit, con processori ultraveloci. Fattibile, ma estremamente oneroso dal punto di vista energetico e limitato dalla velocità di elaborazione dell’elettronica. La ricerca condotta dal Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano ha permesso di realizzare
un dispositivo ottico in grado di eseguire questa ricostruzione in modo molto più efficiente, manipolando direttamente i fotoni. Si tratta di un dispositivo di silicio estremamente piccolo (circa 1 mm2), costituito da una maglia di combinatori ottici integrati che permettono di separare i fasci di luce comunque siano miscelati tra loro. Un po’ come sbrogliare una matassa i cui fili sono intrecciati con nodi che cambiano continuamente nel tempo…

 


Le sequenze sismiche in aree estensionali mediamente hanno una magnitudo più bassa, ma durano di più rispetto a quelle in ambienti compressivi. A dimostrarlo, uno studio condotto da Sapienza Università di Roma, Ingv e Cnr che spiega anche l’imponente e persistente corteo di repliche dell’Appennino, 80.000 in 15 mesi. Il lavoro è stato pubblicato su Scientific Reports

 

Quanto durerà il terremoto? È una delle domande a cui i ricercatori spesso si trovano a dover far fronte all’inizio di ogni sequenza sismica. Una nuova analisi di repliche (aftershock) dei terremoti ha permesso di dimostrare che gli ambienti estensionali hanno periodi più lunghi e numero di repliche maggiori rispetto agli ambienti compressivi. Lo studio, Longer aftershocks duration in extensional tectonic settings, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irea), e Sapienza Università di Roma, è stato pubblicato su Scientific Reports. “La ricerca”, spiega Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv e professore della Sapienza Università di Roma, “dimostra che nelle zone dove la terra si dilata le sequenze sismiche, nonostante abbiano magnitudo mediamente più basse rispetto agli ambienti compressivi, durano più a lungo, poiché il volume crostale si muove a favore della forza di gravità. Le sequenze quindi terminano solamente quando il volume collassato trova un suo nuovo equilibrio gravitazionale”. Viceversa, negli ambienti compressivi, il volume si deve muovere contro la forza di gravità e quindi l’energia in grado di continuare a sollevare il tetto delle faglie si esaurisce più rapidamente.

Nasce The Science Bridge: 82 istituzioni di tutto il mondo, fra cui Sapienza, unite per sviluppare nuove terapie e promuovere lo scambio scientifico interculturale tra Occidente e Medio Oriente. L’articolo di presentazione dell’iniziativa è pubblicato sulla rivista Neuron

“The Science Bridge” è l’iniziativa di scambio scientifico interculturale che riunisce oltre 200 scienziati provenienti da ogni parte del mondo attorno a due ambiziosi obiettivi: promuovere collaborazioni di ricerca fra diversi paesi per accelerare le scoperte scientifiche e lo sviluppo di nuove terapie e migliorare le relazioni umane fra le diverse culture nel mondo, a partire da quelle tra Paesi Occidentali e del Medio Oriente-Sud/Est asiatico. La Sapienza è rappresentata da Patrizia Campolongo del Dipartimento di Fisiologia e farmacologia, co-autore dell’articolo di presentazione dell’iniziativa, pubblicato pochi giorni fa sulla rivista Neuron con la collaborazione di 82 centri di ricerca e 22 nazioni.

IL PROGRAMMA

Nell’articolo gli autori presentano il programma “The Science Bridge” che si articola in due fasi di attuazione. In un primo tempo è prevista l’organizzazione di conferenze scientifiche, programmi di scambi di ricerca e borse di studio condivise per aumentare la collaborazione nelle scienze biologiche - specialmente le neuroscienze - mantenendo come obiettivo principale l’ottenimento di nuove cure e trattamenti terapeutici mirati. In un secondo tempo si auspica la creazione di due “istituti gemelli”, ovvero di due enti di ricerca complementari situati uno in Occidente e l’altro in un Paese del Medio Oriente - Sud/Est asiatico, strutturati in modo da promuovere il libero scambio di idee e la condivisione delle scoperte.

 

Osmo-dog il primo cane molecolare per il monitoraggio del coleottero Osmoderma eremita, specie protetta dalla Ue e marker della qualità ambientale

 

Teseo, il golden retriever addestrato sotto la guida di Paolo Audisio del Dipartimento di Biologia e biotecnologie C. Darwin della Sapienza, si è rivelato uno strumento funzionale per scovare le larve di Osmoderma eremita, una specie classificata, all’interno del progetto europeo Mipp (Monitoraggio di insetti con la partecipazione pubblica), come "prossima alla minaccia" e ormai rara in gran parte dei paesi europei. L'obiettivo principale del progetto – iniziato alla fine del 2012 e terminato il 30 settembre 2017 – è stato quello di sviluppare metodi standard e non invasivi per il monitoraggio di alcune specie di coleotteri saproxilici, fra i quali appunto Osmoderma eremita. Tra i beneficiari associati del progetto, la Sapienza ha seguito l’addestramento di Osmodog, un cane da ricerca per la conservazione, che individua le larve di Osmoderma eremita nel loro habitat, cioè all’interno di cavità di vecchi e grandi alberi (querce, castagni, salici, faggi, pioppi ecc.), una nicchia ecologica molto ristretta e in costante riduzione.

La scuola hi-tech in gara

02 Ott 2017 Scritto da

Sulla scia del successo delle precedenti edizioni, il concorso ‘InvFactor - anche tu genio’, organizzato dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr) e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, torna a selezionare le migliori invenzioni create dagli studenti nei laboratori scolastici. La premiazione dei tre vincitori 2017 si è tenuta il 28 settembre a Roma, presso lo Spazio Europa.

Primo classificato è il progetto proposto dall’Iti ‘G. M. Angioy’ di Sassari: ‘Sintesi e applicazione green di nanoparticelle di rame’. L’aspetto importante e innovativo di questo procedimento sta nel fatto che la sintesi, che ha lo scopo di creare un nuovo materiale conduttivo, è realizzata attraverso una ‘green way’, ovvero con l'utilizzo di prodotti naturali, a partire da un infuso di foglie di alloro. Tali nanoparticelle evidenziano proprietà conduttive se disperse in gomma arabica, pertanto si potrebbe pensare a un utilizzo di questo metodo ecocompatibile per la realizzazione di circuiti, resistenze e pannelli touch a basso costo. 

 

Il reperto è stato identificato da un gruppo di ricerca internazionale guidato da Pierfilippo Cerretti della Sapienza. Lo studio, che fornisce importanti novità sull’evoluzione della specie, è pubblicato su Plos One

Dall’ambra nuove testimonianze di vita primordiale sulla terra. In questa resina fossile è stato conservato per 17 milioni di anni il primo antenato della mosca. A ritrovare l’insetto è stato un gruppo di ricerca internazionale guidato da Pierfilippo Cerretti del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie 'Charles Darwin della Sapienza.
L’insetto appartiene al gruppo dei Ditteri Calittrati, lo stesso delle fastidiose mosche domestiche, delle mosche tse-tse, delle mosche della carne che conta circa 22.000 specie viventi e rappresenta una delle più spettacolari radiazioni adattative nella storia della vita sulla Terra. Questi insetti sono abbondanti in quasi tutti gli ecosistemi terrestri, giocando spesso ruoli chiave come decompositori, parassiti, vettori di patogeni e impollinatori.
“E' difficile concepire oggi un mondo senza le noiose mosche - sottolinea Cerretti - chi prenderebbe il loro prezioso posto di efficaci decompositori della materia organica? Per gli Oestroidei, il gruppo ecologicamente più diversificato e ricco di specie tra i Calittrati - aggiunge Cerretti - non erano noti fossili fino ad oggi”.

I cebi barbuti di Fazenda Boa Vista, in Brasile, tramandano di generazione in generazione comportamenti tecnologici come l’uso di strumenti per rompere noci di palma: allo studio che ha ottenuto la copertina di Pnas partecipa Elisabetta Visalberghi dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr

 Le tradizioni culturali umane si mantengono attraverso meccanismi quali l’imitazione e l’insegnamento. Ma cosa accade in altre specie? I risultati di uno studio su una popolazione di cebi barbuti ‘Sapajus libidinosus’, condotto da un gruppo di ricercatori - fra cui Elisabetta Visalberghi dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Istc-Cnr) - a Fazenda Boa Vista, nel Nord-Est del Brasile, mostrano che l’uso di strumenti per queste scimmie è una ‘tradizione’ che gli individui imparano da giovani e che passa di generazione in generazione. L’articolo ‘Synchronized practice helps bearded capuchin monkeys learn to extend attention while learning a tradition’ è stato appena pubblicato sul numero dei Proceeding of the National Academy of Science (Pnas) guadagnandosi anche l’onore della copertina. “I risultati sono chiarissimi. Se un cebo esperto usa strumenti, l’attenzione di quelli inesperti viene ‘catturata’ facendo aumentare significativamente la frequenza con cui questi individui eseguono comportamenti rilevanti per l’apprendimento dell’uso di strumenti, come battere una noce su un’incudine o un sasso sulla noce. Anche dopo che il cebo esperto ha rotto la sua noce, quelli inesperti continuano a svolgere queste attività per parecchi minuti”, spiega Visalberghi.

NASA Space Apps Challenge: ci siamo! Torna l’hackathon giunto alla terza edizione che si svolgerà in contemporanea mondiale in oltre 130 città i prossimi 10, 11 e 12 Aprile.

 

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