Grande genoma, piccoli spermatozoi
Gruppo di ricercatori dell’Università di Padova ha analizzato la dimensione degli spermatozoi in 1.400 specie di tetrapodi.
Nonostante le differenze di dimensioni corporee – da frazioni di grammo a molte tonnellate – che si osserva nei tetrapodi, vertebrati con quattro arti che comprendono anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, la dimensione delle cellule che li compongono varia generalmente molto meno. Con un’eccezione: quella degli spermatozoi che, sebbene svolgano tutti la medesima funzione di trasporto del genoma paterno all’interno dell’uovo, possono misurare da pochi micron a oltre 3 mm.
L’interesse nel comprendere queste differenze da un punto di vista evolutivo è aumentato negli ultimi due decenni circa, ma le metodologie statistiche applicate non permettevano di investigarlo ad una scala tassonomica ed evolutiva ampia; questo è stato poi possibile solo grazie all’abbondante disponibilità di dati riguardanti determinate specie e allo sviluppo di nuove metodologie soprattutto per il controllo filogenetico.
Biotecnologie e malattie neurologiche: un parassita opportunamente ingegnerizzato per trasportare proteine terapeutiche al sistema nervoso centrale
Un gruppo di scienziati internazionali dell’Università degli Studi di Milano e di Human Technopole ha studiato un metodo per l’ingegnerizzazione del parassita Toxoplasma gondii come veicolo per il trasporto di proteine terapeutiche al sistema nervoso centrale, offrendo una potenziale soluzione alle difficoltà del trattamento delle malattie neurologiche.
La pubblicazione su Nature Microbiology.
Ingegnerizzare un parassita, il Toxoplasma gondii, naturalmente adatto ad attraversare la barriera emato-encefalica ed entrare nelle cellule neuronali, in modo che possa fornire proteine terapeutiche al sistema nervoso centrale: ecco il risultato dello studio di un gruppo di scienziati internazionali di cui fanno parte anche gli studiosi dell’Università degli Studi di Milano e di Human Technopole, appena pubblicata su Nature Microbiology.
Archeologia: scoperta in Italia la più antica testimonianza dell’uso del “rosso cinabro”
All’inizio del VI millennio a.C. le popolazioni neolitiche italiane avevano già sviluppato tecniche avanzate per estrarre, lavorare e utilizzare il cinabro. È questa l’importante scoperta fatta da un gruppo di ricerca italo-spagnolo che vede assieme Università di Pisa, la sede pisana ICCOM del CNR e il Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) di Barcellona. Il ritrovamento delle tracce che testimoniano l’uso precoce del cinabro è stato fatto nel sito archeologico de La Marmotta, situato sulle rive del Lago di Bracciano nel Lazio. Il ritrovamento, spiegano i ricercatori, impone una revisione delle conoscenze attuali riguardanti la diffusione e l'uso dei pigmenti minerali nel Neolitico europeo.
Sonno rem e melatonina, scoperto il ruolo cruciale del recettore MT1
Pubblicato sul «Journal of Neuroscience» lo studio congiunto delle università McGill, Padova e Toronto che dimostra come l’utilizzo di un nuovo farmaco mirato ai recettori della melatonina MT1 agisce selettivamente sul sonno REM senza alterare il sonno non-REM.
Significativo è il potenziale clinico della scoperta specie in patologie come Parkinson e Demenza con corpi di Lewy.
La ricerca dal titolo “Selective Enhancement of REM Sleep in Male Rats through Activation of Melatonin MT1 Receptors Located in the Locus Ceruleus Norepinephrine Neurons” pubblicata sul «Journal of Neuroscience» è un importante passo in avanti nella comprensione dei meccanismi del sonno e apre nuove possibilità di cura nel trattamento dei disturbi del sonno e delle condizioni neuropsichiatriche associate.
Lo studio pubblicato è il risultato della ricerca sulla melatonina e i suoi due recettori, MT1 e MT2, sviluppata negli ultimi 15 anni dal team scientifico. Gli autori della pubblicazione hanno individuato nel recettore MT1 il regolatore cruciale del sonno REM (Rapid Eye Movement) e i risultati dello studio hanno portato alla scoperta della prima molecola capace di agire selettivamente sul sonno REM senza alterare il sonno non-REM.
Identificata una nuova regione cerebrale coinvolta nell'inibizione delle reazioni di paura e ansia
Una nuova ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica eLife ha testato con successo una procedura di neurostimolazione per disinnescare le reazioni corporee di allarme associate alla memoria traumatica. La sperimentazione è stata condotta dal ricercatore Eugenio Manassero insieme al team di ricerca coordinato dal Prof. Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e dalla Prof.ssa Raffaella Ricci del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino.
In seguito a un’esperienza traumatica, nel cervello si forma un ricordo dell’evento che racchiude due principali componenti: la rappresentazione consapevole di ciò che è accaduto e la valenza emotiva associata all’episodio. Quest’ultima si manifesta attraverso modificazioni delle risposte corporee (come l’aumento del battito cardiaco e della sudorazione). Queste modificazioni degli stati corporei sono percepite come spiacevoli dalla persona, provocando sentimenti di paura o di panico, e possono talvolta evolversi in veri e propri sintomi di patologie, quali il disturbo post-traumatico o il disturbo d’ansia.
Come le variazioni climatiche influenzano gli incendi
Frazione della variabilità interannuale di area bruciata spiegata dalla variabilità delle condizioni climatiche. Nelle regioni in cui tale frazione è più grande, il riscaldamento globale potrebbe aumentare significativamente l'impatto degli incendi
Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr mostra come il clima influenzi gli incendi boschivi e l'ampiezza delle aree bruciate, determinando la quantità di vegetazione secca che può alimentarli. Lo studio, frutto di venti anni di raccolta dati, è stato pubblicato sulla rivista Earth's Future: permetterà di sviluppare strategie più efficaci per prevenire e gestire gli incendi
Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg), guidato dall’Università di Murcia in Spagna, ha permesso di ottenere, per la prima volta, una stima precisa di come i cambiamenti climatici influenzino l'estensione delle aree bruciate dagli incendi. Sebbene spesso siano le attività umane, intenzionali o accidentali, a innescare gli incendi, è il clima a determinarne la portata. Una volta divampate, le fiamme bruciano un’area che dipende dalle condizioni meteorologiche durante l’incendio, come la presenza di forte vento, ma anche da altri due fattori cruciali: la disponibilità di combustibile, come legna e vegetazione secca, e l'efficacia delle misure di prevenzione e controllo. Lo studio, condotto su scala globale, mette infatti in evidenza che lo stato e la quantità di combustibile sono strettamente legati alle condizioni climatiche dell'area interessata dagli incendi.
Antibiotic Resistance Genes a Proposed Factor of Global Change
International research team led by scientist from Freie Universität Berlin proposes that elevated levels of antibiotic resistance genes be considered a new factor of global change.
Human-caused global change is a complex phenomenon comprising many factors such as climate change, environmental contamination with chemicals, microplastics, light pollution, and invasive plants. One of the main tasks of global change biology is to investigate the effects of these factors, as well as to identify potential new ones. The Rillig Lab at Freie Universität Berlin, led by biology professor Matthias Rillig, has been investigating factors of global change such as microplastics. In a new study, titled “Elevated Levels of Antibiotic Resistance Genes as a Factor of Human-Caused Global Environmental Change” and published in the scientific journal Global Change Biology, Rillig and his colleagues propose recognizing increased levels of antibiotic resistance genes (ARGs) in the environment as a new, standalone factor of global change.
New dawn for space storm alerts could help shield Earth's tech
A coronal mass ejection is seen erupting from the Sun in June 2015.
Space storms could soon be forecasted with greater accuracy than ever before thanks to a big leap forward in our understanding of exactly when a violent solar eruption may hit Earth. Scientists say it is now possible to predict the precise speed a coronal mass ejection (CME) is travelling at and when it will smash into our planet – even before it has fully erupted from the Sun. CMEs are bursts of gas and magnetic fields spewed into space from the solar atmosphere.
They can cause geomagnetic storms that have the potential to wreak havoc with terrestrial technology in Earth's orbit and on its surface, which is why experts across the globe are striving to improve space weather forecasts.
Advancements such as this one could make a huge difference in helping to protect infrastructure that is vital to our everyday lives, according to researchers at Aberystwyth University, who will present their findings today at the Royal Astronomical Society's National Astronomy Meeting in Hull. They made their discovery after studying specific areas on the Sun called 'Active Regions', which have strong magnetic fields where CMEs are born. The researchers monitored how these areas changed in the periods before, during and after an eruption.
Tunnel lunare: una cavità sotto il mare della tranquillità
Nello studio pubblicato su «Nature Astronomy» dal team di ricerca internazionale guidato dall’Università di Trento, Riccardo Pozzobon dell’Università di Padova ha validato le rilevazioni del radar della Nasa Lunar Reconnaissance Orbiter in modo da ottenere un’interpretazione geologica convincente.
La presenza di queste cavità era teorizzata e discussa da oltre 50 anni e ora ne è stata dimostrata l'esistenza con la pubblicazione dell’articolo dal titolo “Radar Evidence of an Accessible Cave Conduit below the Mare Tranquillitatis Pit” su «Nature Astronomy». Si tratterebbe di un condotto di lava svuotato che permetterebbe l’accesso in profondità al sottosuolo lunare tramite un collasso chiamato Mare Tranquillitatis Pit, situato nell’omonimo mare basaltico. L’osservazione diretta è stata resa possibile sfruttando un'innovativa metodologia di elaborazione delle immagini radar sviluppata dagli autori dello studio guidato dall’Università di Trento. Tale metodologia ha la capacità unica di vedere attraverso l'oscurità ed è stata applicata ai dati radar acquisiti dal sensore radar Mini-RF attualmente in orbita intorno alla Luna. Riccardo Pozzobon, ricercatore in geologia planetaria al Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova ed esperto in telerilevamento satellitare di superfici planetarie e analoghi terrestri, ha fornito il supporto delle conoscenze geologiche di tali strutture vulcaniche e, in particolare, ha validato i dati ottenuti dal radar MiniRF in modo da ottenere una interpretazione geologica convincente.
La luce svela i segreti delle nano eliche, le “viti” dei materiali del futuro
Una collaborazione internazionale a cui partecipa la Sapienza è riuscita a utilizzare l’effetto Tyndall non lineare per capire il verso di rotazione di nano eliche di silicio. La ricerca, pubblicata su ACS Nano, apre la strada a nuove applicazioni negli ambiti delle terapie biomimetiche e dei nano assemblaggi
Le nanoparticelle inorganiche chirali, cioè non sovrapponibili alla propria immagine specchiata (come una vite a causa della sua filettatura), disperse nei liquidi hanno dimostrato grandi potenzialità in varie applicazioni tecnologiche. Tra queste i sensori, la creazione di nuovi farmaci e terapie biomimetiche, la nanorobotica. Tuttavia per tutte queste applicazioni, un problema finora aperto era quello di caratterizzare sperimentalmente proprio la chiralità delle particelle.
Medicina
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