Timeline dell’Architheutis, narrazione di Gianpaolo Coro, realizzazione: Digital libraries group. Isti-Cnr. Credits: Jamie Watts, Sea Monsters
“Il primo spiaggiamento certificato del cefalopode risale al 1639, ritrovato sulle rive della Norvegia dal naturalista Japetus Steenstrup. Le dimensioni del calamaro effettivamente corrispondono alle leggende che lo circondano, con una lunghezza che può arrivare fino ai 18mt. Gli ultimi avvistamenti ufficiali rimandano al 2009-2010, dal Golfo del Messico fino alle coste della Florida, e al periodo 2012-2015 in Giappone, forse presente anche nel Mar del Nord”, spiega Gianpaolo Coro, ricercatore dell’Isti-Cnr. “Per produrre questa timeline del calamaro gigante abbiamo messo in correlazione la mole di dati già acquisiti sugli habitat con le rilevazioni reali e presunte. Si è valutata anche la distribuzione in relazione all’ambiente: mari molto ampi, elevate profondità (tra i 450 e i 1000 mt.) e temperature molto basse (circa 1°C) sono areali tipici degli Oceani Atlantico del Nord e Pacifico del Sud-Est. La mappa interattiva, prodotta con l’ausilio dei dati forniti dalla libreria digitale ‘Copernicus’ dell’Agenzia spaziale europea (Esa), stima in dettaglio la presenza-assenza del calamaro nei mari di tutto il mondo”. Un aspetto rilevante del lavoro sta nella possibilità di unire le informazioni raccolte negli archivi digitali e nelle tecniche di realizzazione di mappe interattive per osservare il comportamento delle specie animali, studiarne lo stato di salute, realizzare modelli ecologici e valutare come subiscano le mutazioni ambientali. “L’Isti-Cnr, in collaborazione con la Food and Agriculture Organization of the United Nations (Fao), già partner dello studio per produrre la mappa del calamaro gigante, ha creato delle mappe digitali per 406 specie marine allo scopo di monitorare i cambiamenti degli habitat da qui al 2050, legati alle anomalie climatiche in corso. Molte delle specie indagate, il 67% pesci, il 19% mammiferi, il restante coralli, rettili e molluschi, vedranno perdere gran parte del loro habitat a causa dei rialzi di temperatura dei mari”, conclude Coro. “Il know how che possiamo mettere in campo riguarda il cloud computing, la rete di server che fornisce le capacità di calcolo e di memorizzazione, le Infrastrutture digitali che permettono di elaborare, archiviare condividere e memorizzare dati e la ‘tecnologia semantica’, associazione di documenti e dati che permette di capire l’evoluzione dell’informazione e realizzare rappresentazioni interattive anche a scopo educativo”.