Per scoprire se il quadro è falso ora c’è la chimica

Le professoresse Degano e Colombini dell’Università di Pisa hanno curato un volume edito da Springer che fa il punto sulle tecniche più innovative a livello internazionale per verificare l’autenticità dei dipinti. Nei laboratori di Pisa analizzato un Picasso e opere di impressionisti
La scienza va in aiuto all’arte per studiare i dipinti e individuare i falsi. E’ questo il tema centrale di un volume appena pubblicato dall’editore Springer del gruppo Nature e curato dalle professoresse Ilaria Degano e Maria Perla Colombini del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa insieme a Austin Nevin del Courtauld Institute of Art di Londra. Il libro, intitolato Analytical Chemistry for the Study of Paintings and the Detection of Forgeries, fa il punto sulle metodologie scientifiche più innovative che possono aiutare a verificare l’autenticità di un quadro. In tutto questo, la chimica ha un ruolo chiave e non a caso le due curatrici hanno un primato nel settore con pochissimi altri centri che possono vantare simili competenze a livello internazionale.
A Melka Kunture (Etiopia), il più antico atelier per la produzione di bifacciali di ossidiana risalente a più di 1.200.000 anni fa

La missione archeologica finanziata da Sapienza ha evidenziato la presenza della più antica zona di produzione specializzata di utensili finora conosciuta. Lo studio, che mette in luce una tappa fondamentale dello sviluppo dell’intelligenza umana, è pubblicato sulla rivista Nature Ecology and Evolution
Situato a circa 50 km a sud di Addis Abeba, Melka Kunture è un’area archeologica che si estende sull’altopiano etiopico a circa 2000 m di altitudine: si tratta di un vasto agglomerato di depositi archeologici datati tra 2.000.000 e 5.000 anni fa che per estensione, per la lunga sequenza culturale e per la molteplicità e varietà delle situazioni archeologiche presenti nelle sue diverse fasi, si configura come un complesso straordinario, paragonabile soltanto alla Gola di Olduvai in Tanzania. Melka Kunture, però, si distingue nettamente dall’ambiente della savana, non soltanto per il clima fresco e piovoso, ma anche per una flora e una fauna differenti, rappresentando un unicum nel suo genere.
Parkinson: individuate mutazioni genetiche che causano la malattia nel 5% dei pazienti

Mutazioni del gene TMEM175, fondamentale per il corretto funzionamento di un tipo di organuli cellulari, sarebbero alla base di un certo numero di casi di malattia di Parkinson ad insorgenza tardiva. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Molecular Neurobiology
Una ricerca nata dalla collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed e Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb), finanziata dal Ministero della Salute, ha evidenziato che il 5% circa dei pazienti Parkinson è portatore di mutazioni dominanti nel gene TMEM175. Queste mutazioni sarebbero implicate in una forma di malattia che insorge dopo i 50 anni di età.
Studio di UniTo scopre un nuovo gene responsabile dell'autismo

La prestigiosa rivista Brain ha pubblicato il lavoro internazionale, guidato dall’Università di Torino, che fornisce nuove prove sulle basi genetiche dell’autismo.
CAPRIN1 è un nuovo gene responsabile di autismo. Grazie a uno studio multicentrico internazionale, coordinato dal Prof. Alfredo Brusco, docente di Genetica medica del Dipartimentodi Scienze Mediche dell’Università di Torino e della Genetica medica universitaria della Città della Salute di Torino, sviluppato in collaborazione con l’Università di Colonia e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Brain, è stato dimostrato il ruolo del gene CAPRIN 1 nello sviluppo di una rara forma di autismo. Lo studio è basato sulle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali.
Covid e trombosi: uno studio italiano coordinato da Sapienza scopre un recettore causa di ictus

La pubblicazione sulla rivista Circulation Research, giornale ufficiale della società americana di cardiologia, apre la strada a prospettive cliniche importanti nel trattamento dei pazienti Covid19
La grave polmonite bilaterale con conseguente insufficienza respiratoria non è la sola causa di mortalità dovuta al Covid-19. I pazienti infatti subiscono spesso le complicanze di embolie polmonari, infarto del miocardio ed ictus, che sono altrettanti fattori di rischio di morte; nei casi più gravi circa il 20 % dei pazienti ospedalizzati può avere conseguenze cardiovascolari. Sebbene l’uso di eparina abbia ridotto l’entità di queste complicanze, il rischio rimane ancora elevato.
L'effetto flipper degli atomi esposti ai raggi X alcuni vetri diventano fluidi

Lo studio pubblicato su «PNAS» dal team di ricerca guidato dall’Università di Padova mostra, per la prima volta, come gli atomi di alcuni vetri, esposti a raggi X, si spostano in risposta a tante piccole “molle cariche” che si accendono in maniera casuale nel materiale. L’effetto medio è che gli atomi si muovono con una serie di accelerazioni improvvise, un po’ come biglie in un flipper.
La ricerca mostra una possibile nuova strategia per modificare, e dunque alla fine controllare, le proprietà fisiche dei vetri. Un vetro può essere realizzato raffreddando rapidamente un liquido - si pensi ad un comune oggetto di vetro ottenuto per raffreddamento del fuso. In conseguenza di questa procedura, nello stato vetroso gli atomi si trovano in una forma disordinata, come in un liquido. A differenza di quest’ultimo, però, la loro configurazione resta pressoché fissa, vale a dire che gli atomi sono vincolati alla loro posizione di equilibrio e possono spostarsi all’interno del materiale solo in tempi estremamente lunghi (comunque troppo estesi anche per un osservatore molto paziente).
Recentemente si è rilevato che, esponendo i vetri a un fascio di raggi X di intensità sufficiente, è possibile indurre spostamenti degli atomi all’interno dei vetri: sottoposti ai raggi X i vetri fluiscono, come i liquidi.
Identificata proteina responsabile dell'instabilità genomica nell'osteosarcoma

Rappresentazione dei difetti mitotici con cromosomi disallineati, ponti di cromosomi o perdita di cromosomi
Un’alterazione cromosomica coinvolta nello sviluppo dell’osteosarcoma, un tumore delle ossa ancora poco curabile, si verifica quando manca o è alterata una piccola proteina chiamata Profilina 1. La scoperta è avvenuta nell’ambito di una ricerca sostenuta da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, condotta all’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igb) di Napoli. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Communications Biology
Un gruppo di ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb) coordinato dal dirigente di ricerca Fernando Gianfrancesco, ha condotto uno studio su un meccanismo cellulare implicato nell’osteosarcoma e i risultati sono stato pubblicati sulla rivista Communications Biology.
Mangiare o non mangiare? Come il digiuno modifica il cervello

Lo studio, pubblicato sulla rivista “Cellular and Molecular Life Sciences”, è coordinato dall’Università di Pisa
Molte persone ricorrono al digiuno spinte dalla moda o dalla pubblicità. Mentre alcuni effetti positivi del digiuno sulla longevità sono noti, non conosciamo cosa accade precisamente alle cellule del nostro cervello in conseguenza di uno scarso apporto di cibo. Uno studio coordinato da Paola Tognini, ricercatrice del dipartimento di Ricerca traslazionale dell’Università di Pisa (Unità di Fisiologia), ha dimostrato che l’assenza di cibo provoca alterazioni nell’espressione genica della corteccia cerebrale, andando a influire in particolare sull’orologio biologico. I risultati della ricerca, pubblicati in un articolo sulla rivista del gruppo Springer-Nature “Cellular and Molecular Life Sciences”, sono frutto di una collaborazione tra Università di Pisa, University of California Irvine (Stati Uniti), Scuola Normale Superiore, Istituto di Neuroscienze e Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc) e IRCCS Fondazione Stella Maris.
Dall'Università di Torino una nuova molecola che rallenta la progressione dell'atrofia muscolare spinale (SMA)

Il trattamento con mr-409 ha migliorato l'innervazione dei muscoli scheletrici
Una ricerca dell’Università di Torino, pubblicata sulla prestigiosa rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ha recentemente dimostrato come una piccola molecola sintetica chiamata MR-409, sia capace di rallentare la progressione della SMA, l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA)
L’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) è una malattia neuromuscolare rara dell’infanzia, caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone il movimento. La SMA, che ha un’incidenza di circa 1 su 10.000 nati vivi, provoca debolezza, atrofia muscolare progressiva e complicazioni respiratorie. È causata da mutazioni del “gene per la sopravvivenza del motoneurone” e conseguente carenza della proteina SMN (Survival Motor Neuron), essenziale per la sopravvivenza e il normale funzionamento dei motoneuroni.
Il trasformismo materico delle cellule tumorali: un potenziale alleato dell’immunoterapia

I ricercatori dell’IFOM e dell’Università degli Studi di Milano hanno scoperto che alla base dell’invasività metastatica del carcinoma intraduttale mammario c’è il trasformismo materico delle cellule tumorali, che sono in grado di passare dallo stato solido a quello liquido, agevolando la motilità nell’organismo. La medesima transizione tuttavia, sottolineano gli scienziati, ha il potenziale di rendere tali cellule al tempo stesso più sensibili all'immunoterapia: da strategia di invasione potrebbe pertanto essere convertito in chiave terapeutica.
I risultati dello studio, condotto grazie al fondamentale sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sull’autorevole testata scientifica Nature Materials. Un gruppo di scienziati dell’IFOM e dell’Università degli Studi di Milano ha individuato, negli stessi meccanismi molecolari che conferiscono alle cellule di carcinoma intraduttale mammario la capacità di acquisire proprietàinvasive, la possibile chiave per rendere tali cellule paradossalmente più sensibili all’immunoterapia e per frenarne l’aggressività metastatica. La ricerca è stata possibile grazie all’integrazione di approcci e competenze di biologia molecolare, istopatologia e fisica dei materiali.
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