Il ruolo del clima nella Rivoluzione Neolitica della Mezzaluna Fertile
La piccola grotta nel Kurdistan iracheno dove è stata trovata la concrezione studiata
Uno studio condotto dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr e dall’Università Statale di Milano ha ricostruito il clima della Mesopotamia nei millenni passati, con l’obiettivo di comprendere quale ruolo abbia avuto nello sviluppo delle prime civiltà di agricoltori e allevatori del vicino Oriente, svelando che le variazioni climatiche hanno influito in modo limitato nelle dinamiche delle comunità. La ricerca è pubblicata su Scientific Reports.
Uno studio sul campo condotto da ricercatori dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg) e dall’Università Statale di Milano ha ricostruito e analizzato il clima che ha caratterizzato nei millenni passati la Mesopotamia – cioè la regione compresa tra gli attuali Iraq, Iran, Turchia e Siria - con l’obiettivo di comprendere quale ruolo abbia avuto nello sviluppo delle prime civiltà di agricoltori e allevatori del vicino Oriente.
Mai cosi poca neve negli ultimi 600 anni

Nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso si è accorciata di oltre un mese: lo attesta uno studio scientifico condotto da un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna. La ricerca è pubblicata su «Nature Climate Change»
La neve sta diventando sempre più effimera nelle nostre Alpi. Nonostante la tipica variabilità che conosciamo bene tra un inverno e il successivo, quello che stiamo sperimentando negli ultimi decenni è qualcosa che non si era mai riscontrato da prima della scoperta delle Americhe. In pratica, nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso si è accorciata di oltre un mese.
Coordinazione e regolarità ritmica tipicamente umane trovate in un altro primate

Sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B è stato pubblicato l’articolo “Isochrony and rhythmic interaction in ape duetting”, coordinato dai ricercatori dell’Università di Torino, della King Mongkut's University of Technology Thonburi di Bangkok e dell’Istituto Max Planck di Psicolinguistica di Nijmegen. Attraverso questa ricerca gli autori hanno studiato le vocalizzazioni dei gibboni dalle mani bianche, tra i più famosi primati che cantano duettando, registrate sia in alcuni parchi zoologici italiani, sia nelle foreste della Thailandia.
I ricercatori hanno osservato come questi canti posseggano delle regolarità ritmiche in parte simili a quelli della musica umana. Questa scoperta si inserisce in un progetto a lungo termine dell’Università di Torino e dell’Istituto Max Planck di Psicolinguistica sui tratti musicali condivisi da specie diverse. Questo filone di ricerca ha come obiettivo quello di far luce sulla biologia e l’evoluzione di ritmo e musica nella nostra specie.
Rna in tripla elica e informazioni genetiche

Per la prima volta è stato dimostrato l’effetto delle strutture a tripla elica sia sullo spegnimento che sull’accensione dei geni.
Pubblicata su «Nucleic Acids Research» la ricerca di un team internazionale guidato dal Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova.
Le molecole che immagazzinano e trasmettono l’informazione genetica, gli acidi nucleici DNA e RNA, sono polimeri lineari che si trovano comunemente nelle cellule nella forma a singolo filamento o in duplex (doppio filamento ad elica). Nonostante tali polimeri possano assumere altre geometrie come il triplex (tre filamenti) o il quadruplex (quattro filamenti), le funzioni biologiche di queste architetture alternative rimangono tuttora poco note. In particolare i triplex “ibridi” sono strutture a tripla elica composte da un duplex di DNA o RNA e un singolo filamento di un altro acido nucleico e sembrano coinvolti in meccanismi regolatori.
Elettronica: dalla lignina arriva il transistor del futuro

Green ed economico è prodotto con gli scarti della lavorazione della cellulosa
Da rifiuto a risorsa. La lignina, principale prodotto di scarto dell’industria cartiera, potrebbe presto essere alla base di una piccola, ma significativa rivoluzione “green” nell’elettronica. Uno studio internazionale, guidato dal Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Advanced Sustainable Systems”, ha infatti dimostrato un suo possibile impiego nella produzione dei transistor integrati in dispostivi leggeri, flessibili e trasportabili, come i nostri tablet e cellulari.
Ecologica, economica e sostenibile, questa nuova tipologia di transistor permetterebbe di non sprecare più le circa 80 milioni di tonnellate di lignina prodotte ogni anno e, attualmente, destinate ad essere bruciate in bioraffinerie con scarso rendimento. Un uso veramente poco dignitoso per uno dei biopolimeri più abbondanti sulla Terra, prodotto dalle piante.
Nuova luce per la cura della distrofia muscolare di Duchenne

Il microbiota intestinale e le sue relazioni con gli endocannabinoidi sono importanti attori nel contrastare i processi infiammatori e muscolo-degenerativi come quelli che caratterizzano la distrofia muscolare di Duchenne. Lo dimostra uno studio di un team di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb), pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine.
Da uno studio scientifico pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine, emergono nuovi elementi per la cura della Distrofia muscolare di Duchenne – una delle più frequenti forme di miopatia ereditaria, la cui conseguenza è un progressivo e irreversibile indebolimento della struttura e della funzione dei muscoli scheletrici. La ricerca è a cura di un team dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli (Cnr-Icb) , coordinati da Fabio Arturo Iannotti e dal responsabile del gruppo di ricerca, Vincenzo Di Marzo. Iannotti e i suoi collaboratori hanno dimostrato che la composizione e funzione di specifiche famiglie di batteri simbiotici (comunemente definiti “buoni”), fisiologicamente necessarie per il benessere dell’organismo, sono compromesse dalla patologia (una condizione definita come “disbiosi intestinale”), e come, pertanto, sia necessaria la produzione di specifiche molecole da parte dei batteri intestinali simbiotici, come il butirrato, utili a contrastare i processi infiammatori e muscolo-degenerativi.
Non solo acqua: al centro della terra ci sono anche metano e idrogeno molecolare

Foto a - Microfotografia del diamante studiato – foto Margo Regier
Lo studio pubblicato su «Nature» conferma per la prima volta che le placche tettoniche penetrano nel mantello seguendo talvolta percorsi non lineari.
La scoperta potrebbe contribuire anche a comprendere l’origine dei terremoti profondi e di grande magnitudine. I diamanti super profondi, quelli estremamente rari che si formano a profondità da 300 fino a 1000 km all’interno del mantello terrestre, sono vere e proprie capsule inerti capaci di trasportare “frammenti” di terra profonda fino alla superficie terrestre senza quasi alcuna alterazione chimica.
L’articolo dal titolo "Extreme redox variations in a superdeep diamond from a subducted slab", che ha come prima firma Fabrizio Nestola del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova con il contributo di Luca Bindi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze e pubblicato su «Nature» dal team di ricerca internazionale – a cui hanno partecipato anche l’Università canadese di Alberta, la tedesca di Bayreuth, l’americana Northwestern University e l’inglese University of Glasgow – descrive la composizione di un diamante davvero unico e sensazionale.
Caccia, a Roma auto colpita dal proiettile di un cacciatore

WWF: “NON CHIAMATELI INCIDENTI, LE NUOVE NORME AUMENTANO I RISCHI PER LA SICUREZZA PUBBLICA”
Nei giorni scorsi in località Fonte Nuova, in provincia di Roma, un cacciatore ha esploso un colpo di fucile dalla finestra di casa colpendo un’auto di passaggio, fortunatamente senza conseguenze per gli occupanti. Questa notizia non riguarda un caso isolato ma si inserisce in un elenco sempre più lungo, che comprende ferimenti, uccisioni e danneggiamenti connessi allo svolgimento dell’attività venatoria che ogni anno si verificano nel nostro Paese.
Così come accaduto durante tutto il 2022, già dai primi giorni del 2023 si sono verificati numerosi eventi, anche dagli epiloghi tragici: in Abruzzo il 6 gennaio ha perso la vita un uomo di 64 anni, in Calabria l’8 gennaio un cacciatore di 61 anni è stato ferito all’addome, nel Lazio lo scorso 9 gennaio un cinquantenne ha subito l’amputazione di due dita dopo avere ricevuto un colpo di fucile al piede.
La terapia intelligente che “spegne” i tumori

Nell'immagine stilizzata curata dall’illustratrice Laura Seclì, gli AptaDiR sono rappresentati come esche d'oro di un tesoro nascosto, capaci di arrestare e prevenire l'assedio dei granchietti (metaforicamente cellule tumorali) alla meravigliosa città sommersa (metaforicamente espressione della vita umana).
Ridurre la crescita dei tumori tramite molecole di RNA in grado di controllare le alterazioni genetiche delle cellule malate e correggerne i difetti: è il risultato di uno studio internazionale al quale ha partecipato anche l’Italia con tre istituti del Consiglio nazionale delle ricerche. La ricerca pubblicata su Nature Communications.
Ridurre la crescita dei tumori tramite molecole di RNA in grado di controllare le alterazioni genetiche delle cellule malate e correggerne i difetti: è il risultato di uno studio internazionale che in Italia è stato finanziato da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, Fondazione Cariplo, MIUR, MEF e Regione Campania, al quale hanno partecipato studiosi del Consiglio nazionale delle ricerche -Istituto di ricerca genetica e biomedica (Irgb), Istituto per l’endocrinologia e l’oncologia (Ieos), Istituto di biostrutture e biommagini (Ibb)- e dell'Università del Piemonte Orientale in collaborazione con colleghi di prestigiose istituzioni statunitensi -il Cancer Research Institute del Beth Israel Deaconess Medical Center e Harvard Medical School di Boston, il Department of Cancer Biology and Molecular Medicine del Beckman Research Institute al City of Hope Medical Center (Duarte, California)- e l’Università di Singapore.
Un mini-cervello per la diagnosi precoce del Parkinson

L’Università di Pisa alla guida di un innovativo progetto di ricerca internazionale.
Entro il 2026 potremmo essere in grado di individuare precocemente il morbo di Parkinson sulla base di uno studio personalizzato del sonno. E questo grazie a NAP, l’innovativo progetto di ricerca coordinato dall’Università di Pisa e il cui inizio è fissato il 1° marzo 2023.
Finanziato con tre milioni di euro dal programma per la ricerca e l'innovazione dell'Unione Europea “Horizon Europe” – di cui 800.000 destinati all’Ateneo pisano -, il progetto NAP ha come obiettivo quello di utilizzare, per la prima volta in questo particolare campo di indagine, degli organoidi cerebrali, ossia dei modelli cellulari tridimensionali avanzati del cervello umano.
“Riuscire ad individuare per tempo il morbo di Parkinson, anche prima che inizino i tremori tipici, è fondamentale per controllare la malattia, gestirne l’evoluzione e garantire al paziente una miglior qualità della vita - spiega Chiara Magliaro, ricercatrice presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e il Centro di Ricerca ‘E. Piaggio’ e responsabile del progetto - Con la tecnologia che intendiamo sviluppare grazie al progetto NAP, sarà possibile farlo in maniera personalizzata”.
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