Ambiente

Ambiente (586)

Il rapporto biennale WWF fotografa lo stato di salute del pianeta e indica le soluzioni per invertire subito la rotta  L’ITALIA AL 29 POSTO IN CLASSIFICA: se tutti vivessero come noi servirebbero 2,8 pianeti

Una diminuzione del 30% dello stato di salute delle specie globali, con picchi fino al 60% nei Paesi tropicali e nelle nazioni più povere. Una pressione antropica sulla natura raddoppiata rispetto agli anni ’60, con una domanda di risorse naturali che richiede già oggi la capacità bioproduttiva di 1,5 pianeti e, se manteniamo l’attuale tendenza, addirittura di 2 pianeti nel 2030. Una crescita economica insostenibile nei Paesi ricchi con impatti sugli ecosistemi che ricadono più direttamente sulle popolazioni povere e vulnerabili. È il quadro che emerge dal Living Planet Report, il rapporto biennale realizzato dal WWF in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network, che nell’Anno internazionale della biodiversità e a pochi giorni dall’apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020, afferma energicamente la necessità di riconoscere il ruolo centrale della natura per la salute e il benessere dell’umanità includendo i servizi degli ecosistemi nei nuovi indicatori di sviluppo.

“La situazione sempre più grave in cui versano i sistemi naturali del pianeta a causa della nostra costante pressione dimostra chiaramente l’insostenibilità dei modelli economici sin qui perseguiti, basati su una crescita materiale e quantitativa continua – dichiara Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia – Nella nuova economia eco-sostenibile, il pensiero economico deve comprendere l’attenzione per gli esseri umani e per i sistemi naturali del pianeta, tra di loro indissolubilmente legati. Riconoscere alla natura il suo valore per la salute stessa dell’uomo è uno degli imperativi che dovranno guidare le decisioni della Conferenza di Nagoya.”

Il Living Planet Report del WWF, presentato oggi in diretta mondiale webcast con la partecipazione della giornalista di AlJazeera Veronica Pedrosa, mette in relazione l’Impronta ecologica e l’Impronta idrica, misure della pressione antropica sulle risorse naturali della Terra, con l’Indice del Pianeta vivente, che misura lo stato di salute del pianeta attraverso i trend di quasi 8.000 popolazioni di oltre 2.500 specie di vertebrati, che sono alla base dei servizi naturali da cui dipendiamo.

Proteggere almeno il 17% delle aree verdi e il 10% degli oceani entro il 2020. Questo l‘impegno assunto dalla decima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) tenuta a Nagoya, dal 18 al 29 ottobre 2010.
I rappresentanti dei 193 paesi firmatari della Convenzione si sono dati appuntamento con le ONG nella città portuale del Giappone orientale, “per rispondere alla sfida senza precedenti della perdita di biodiversità, aggravata dai cambiamenti climatici”, come ha dichiarato Ahmed Djoghlaf, segretario esecutivo della CBD. Adottata nel maggio 1992 a Nairobi in Kenya, la Convenzione sulla Diversità Biologica è stata aperta alla firma delle Parti nel giugno dello stesso anno, durante il Summit Mondiale ONU dei Capi di Stato di Rio de Janeiro.

Passano gli anni e i cimiteri diventano sempre più brutti e inospitali, vittime anche loro della speculazione edilizia e di appaltatori senza scrupoli che edificano costruzioni orrende, lontane anni luce dagli antichi cimiteri inglesi, luoghi di meditazione e di studio.

 

Commento a due articoli apparsi sul Corriere della Sera (8 luglio 2009)
e L'Eco di Bergamo (7 luglio 2009)

Ho letto l'articolo pubblicato su ‘Corriere della Sera – Lombardia’ dell’8 luglio 2009 "Clima, sparisce la primula delle vette" a firma Laura Guardini. Intervengo, in qualità di ricercatore CNR impegnato sui cambiamenti del clima e i suoi effetti sulla vegetazione, per portare alcuni chiarimenti sulla correttezza delle premesse scientifiche e i benefici che si vorrebbero ottenere da queste iniziative. Contestualmente commento le affermazioni del Presidente del Parco delle Orobie Bergamasche - Franco Grassi - e riportate nell'edizione del 7 luglio di "L'Eco di Bergamo" e la posizione del WWF.
L'articolo annuncia la creazione di una stazione del progetto Gloria (Global Observation Research Initiative in Alpine Environments) - coordinato dal prof. Graziano Rossi dell'Università di Pavia - nei pressi del Rifugio Albani, sul versante settentrionale del massiccio della Presolana. Il Presidente del Parco delle Orobie bergamasche, Franco Grassi, e il direttore, Mauro Villa, hanno dato i battesimi dell'iniziativa. Il WWF supporta l'iniziativa nel quadro della problematica sui cambiamenti climatici. In sostanza vengono sistemati reticoli per il monitoraggio della dinamica delle specie vegetali "che, spinte dall'aumento della temperatura, salgono". Dai conseguenti scenari di estinzione seguirebbe la necessità di "reintroduzione" di queste specie (parole del Presidente del Parco in L'Eco di Bergamo, martedì 7 luglio 2009) e quindi l'opportunità di creare una banca di semi per la conservazione ex situ delle specie. Addirittura si ipotizza che Primula albenensis ("primula delle vette") e il 60% delle specie si estingueranno entro il 2080.

Sabato 20 durante i normali controlli in provincia  di Salerno le guardie venatorie del WWF hanno trovato abbattuti da cacciatori una gru (a destra nella foto) e un giovane di nitticora, animali particolarmente protetti e facilmente riconoscibili anche dai meno esperti.

Le guardie WWF insospettite dal comportamento di tre cacciatori, si sono fatte consegnare tutta la selvaggina abbattuta. I cacciatori  hanno ammesso le loro responsabilità e,  accompagnati alla Caserma dei Carabinieri di Borgo Carillia, sono stati denunciati penalmente e sono state sequestrate le armi, munizioni e la selvaggina illegalmente abbattuta.

Buongiorno Terra

22 Apr 2009 Scritto da

 


 

Il 22 aprile di 39 anni fa venti milioni di americani si mobilitarono per la difesa del pianeta. Lo fecero rispondendo a un appello di un senatore democratico, Gaylord Nelson. Oggi per lo stesso scopo si celebra la giornata della Terra in 174 paesi del mondo.

Il principio che muove questo movimento è "Tutti, a prescindere dalla razza, dal sesso, da quanto guadagnino o in che parte del mondo vivano, hanno il diritto morale a un ambiente sano e sostenibile".

Il rapporto tra etica e ambiente si è sviluppato in tempi assai più remoti di quanto non si creda comunemente. Già nella produzione letteraria dell'Ellade e ancor più in quella dell'antica Roma non mancano riferimenti significativi al problema della difesa dell'ambiente dall'aggressione degli insediamenti umani. Scriveva Seneca: "Non passerà molto tempo che non vi sarà più un lago in cui non si rispecchino i timpani delle vostre ville! Non vi sarà più un fiume le cui sponde non siano assediate dalle vostre residenze di campagna! Ovunque la costa del mare s'incurvi in una baia, getterete le fondamenta di un nuovo palazzo!".

Bioetanolo

30 Lug 2008 Scritto da

Al di là delle forzature retoriche sui biocarburanti definiti da qualcuno un “crimine contro l’umanità” e accusati di affamare i poveri della Terra, è un dato di fatto che diversi governi africani hanno già preso accordi con grandi società petrolifere per coltivare piante alcoligene e produrre bioetanolo da destinare alla carburazione. Eppure anche i petrolieri, evidentemente, hanno ben chiaro che ogni litro di bioetanolo addizionato alla benzina comporta anche la vendita di un litro di benzina in meno.

Biodiversita’

23 Mar 2010 Scritto da

Il Mediterraneo rappresenta soltanto lo 0,8% della superficie marina dell'Oceano mondiale; ma la consistenza della sua biodiversità è paradossalmente relativamente elevata.

Le alterazioni ambientali, di origine sia naturale (cambiamento climatico globale, eventi sismici, dissesto del suolo ecc.) che antropica (eccessivo sfruttamento delle risorse rinnovabili, inquinamento, indiscriminato utilizzo della fascia costiera ecc.) e l’invasione di specie aliene, costituiscono le maggiori minacce per la biodiversità marina. Preservare la biodiversità nei popolamenti marini significa conservare le specie autoctone ed endemiche, mantenendone intatti i patrimoni cromosomici, in modo da garantire alle diverse popolazioni la possibilità di evolversi geneticamente in modo autonomo; la diversificazione all’interno di una stessa specie è garanzia di una maggiore adattabilità alle modificazioni dell’ambiente.

Lo studio della biodiversità marina, sottovalutato per troppo tempo, si è intensificato negli ultimi anni per identificare le problematiche e le priorità di azione per individuare strategie di intervento per la tutela degli habitat e di tutti gli organismi a rischio di estinzione o in condizioni di precario equilibrio. Allo stato attuale i frequenti episodi di depauperamento ambientale provocano spesso la perdita di “particolarità” biologiche, soprattutto a livello di quegli organismi che si trovano ai vertici della piramide alimentare (cetacei, pesci cartilaginei, tartarughe ecc.).Le attività antropiche che insistono lungo le coste meridionali del nostro territorio nazionale sono caratterizzate, per lo più, dalla mancanza di una seria programmazione ecocompatibile. L’eccessivo sfruttamento della fascia costiera provoca una condizione inevitabile di alterazione dell’ecosistema marino soprattutto per quanto riguarda la piattaforma continentale.

Il gruppo di climatologia storica dell’ISAC/CNR di Bologna, in collaborazione coi colleghi del Dipartimento di Fisica-UniMi, ha realizzato  una banca dati di serie storiche ultrasecolari di parametri meteorologici che copre uniformemente il territorio italiano e che ha consentito di colmare una fondamentale lacuna della comunità scientifica nazionale in questo ambito. La banca dati contiene oltre a temperatura e precipitazioni anche pressione atmosferica, copertura nuvolosa, eliofania, umidità relativa e pressione parziale di vapore. La risoluzione delle serie è per molte stazioni giornaliera. Assieme ai dati, sono state raccolte anche tutte le notizie relative alla storia delle varie stazioni meteorologiche (spostamento delle stazioni, sostituzioni di strumenti, malfunzionamenti degli stessi, etc.); tutte queste preziose informazioni si sono rivelate di fondamentale importanza nella fase di “omogeneizzazione” dei dati, necessaria per “ripulire” le serie meteorologiche da tutti i segnali di origine non climatica. La qualità di questa banca dati, ha garantito una ricostruzione attendibile della variabilità e delle variazioni climatiche avvenute in Italia negli ultimi 200 anni. I risultati sono pubblicati sulle più qualificate riviste internazionali del settore.

 

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