In tema di vaccini e autismo, su YouTube domina la disinformazione. E’ questo quanto emerge da una recente analisi condotta all’Università di Pisa e pubblicata sulla rivista scientifica “Human Vaccines and Immunotherapeutics”. Lo studio coordinato dal professore Luigi Lopalco, direttore del centro interdipartimentale ProSIT, e dalla professoressa Annalaura Carducci, direttore dell’Osservatorio della Comunicazione Sanitaria (OCS), è stato condotto su 560 video caricati su YouTube dal 2007 al 2017 e relativi al collegamento tra vaccini e autismo o altri gravi effetti collaterali sui bambini.
In particolare, i ricercatori hanno evidenziato come il tono dell’informazione sul tema sia principalmente negativo e come l’informazione istituzionale sia praticamente assente su questo mezzo di informazione. Il tutto incrementato da una sorta di “effetto valanga” dovuto al fatto che il numero annuale di video caricati è aumentato durante il periodo considerato con un picco di 224 nei primi sette mesi del 2017.
“A partire dal 2012 si è assistito in Italia ad un calo della fiducia nelle vaccinazioni che si è tradotto in una pericolosa diminuzione dei livelli di copertura vaccinale – sottolinea Lopalco – da questo punto di vista, la disinformazione diffusa ad arte su Internet sembra essere un fattore determinante considerato che moltissime persone usano il web come fonte di informazione e che nel 2016, ad esempio, il 42,8% dei cittadini italiani ha utilizzato internet per informarsi sui vaccini”.
Ma non è la prima volta che il gruppo di ricerca dell’Ateneo pisano si occupa del rapporto Intenet e vaccini. In un articolo pubblicato nel 2017 sulla rivista scientifica “Vaccine”, gli studiosi dell’Ateneo infatti avevano già osservato un legame fra il calo delle vaccinazioni contro morbillo, parotite e rosolia e, in quel caso, una notizia di cronaca diffusa attraverso siti web italiani di disinformazione antivaccinista a partire dal 2012.
Vaccini e autismo? Su YouTube vincono le bufale
Sulla rivista internazionale “Human Vaccines and Immunotherapeutics”, l’analisi dell’Università di Pisa su 560 video pubblicati dal 2007 al 2017
SIMIT - Ebola, torna la minaccia. Ogni epidemia è una storia a sé. Occorre accelerare l'impiego del vaccino

“Tutte le epidemie di Ebola descritte fino ad ora sono state la conseguenza di un nuovo spillover (un nuovo ‘uscire’) del virus dalla foresta - sottolinea il Prof. Massimo Galli Presidente della Simit Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali - cioè di un nuovo passaggio da un animale serbatoio all’uomo. Il contenimento del nuovo focolaio può ora avvalersi della procedura di vaccinazione ‘ad anello’, che prevede la vaccinazione delle persone che sono state a contatto con una persona malata e che si è dimostrata efficace in Guinea nel 2015”
È di nuovo pericolo Ebola dopo meno di 5 anni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha segnalato un focolaio di malattia da virus Ebola nella provincia dell’Equateur della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Al 16 maggio, sono già riportati sono 44 casi. L’epidemia ha avuto origine nell’area di Bikoro, in prossimità del lago Tumba, non lontano dal fiume Zaire e dal confine con la Repubblica del Congo (Congo Brazzaville). Otto casi sono stati segnalati anche nell’area di Iboko, ma a destare particolare preoccupazione sono i due casi diagnosticati in Mbandaka, una città di un milione e duecentomila abitanti che dista circa 80 Km dal focolaio iniziale.
“Il virus implicato in ogni epidemia è risultato sempre un po’ diverso da quello delle precedenti epidemie. Non esiste, quindi, un serbatoio di portatori umani dell’infezione: ogni focolaio, anche il peggiore di tutti, si è esaurito quando è stato possibile arrestare la diffusione interumana ed il ceppo virale implicato non è successivamente ricomparso come responsabile di infezioni umane” - precisa il Prof. Massimo Galli Presidente della SIMIT Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali dinanzi alla nuova ondata del virus. “Al contrario, il serbatoio animale è vasto, comprende probabilmente più specie di pipistrelli della frutta ed ancora mal definito”.
Patologie dell’occhio: brevettato al Politecnico di Milano Mag Shell Milano
L’ultima invenzione del Politecnico di Milano è un dispositivo biodegradabile, iniettabile nella camera posteriore dell’occhio, per il trattamento delle patologie retiniche, più precisamente della maculopatia. Si chiama Mag Shell ed è in grado di rilasciare precise dosi di farmaco ad intervalli di tempo predefiniti. Il nuovo dispositivo potrà sostituire le plurime iniezioni intravitreali di farmaci necessarie nel trattamento di patologie oftalmiche come l’edema maculare diabetico e la degenerazione maculare senile essudativa. Avere diverse dosi di farmaco pre-caricate per trattare queste patologie è ideale poiché eviterebbe di sottoporre il paziente a numerose iniezioni che, oltre ad essere fastidiose, sono un potenziale rischio di infezione. Mag Shell è costituito da strati o gusci di materiale biodegradabile alternati a dosi di farmaco.
‘Nuovo messaggero’ di un gene regola la fertilità maschile delle piante
Un team coordinato dall’Istituto di biologia e patologia molecolare del Cnr ha dimostrato che nelle piante la fertilità maschile è collegata a uno specifico messaggero del gene ARF8. L’indagine, pubblicata su Plant Cell, implica importanti ricadute in piante di interesse agrario di tipo ibrido che mostrano un maggior vigore rispetto a quelle prodotte per autofecondazione
L’immagine a sinistra mostra gli stami corti nel fiore della linea mutante arf8-7 che è difettiva del gene ARF8. L’immagine a destra mostra un ripristino della lunghezza degli stami nel fiore che esprime solo la variante di splicing ARF8.4.
La fertilità maschile in ambito vegetale dipende da un nuovo messaggero di un gene. Lo ha scoperto un team coordinato dall’Istituto di biologia e patologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm), unità di Roma, in collaborazione con l’Università di Kyoto e il Riken Institute di Yokohama, nell’ambito dei progetti bilaterali (Italia – Giappone) di grande rilevanza finanziati dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Lo studio, pubblicato sulla rivista Plant Cell, implica importanti potenziali ricadute in ambito agrario, poiché aiuterà la produzione di sementi ibride in specie coltivate, come riso, melanzana, pomodoro e molte altre.
“Sappiamo che la fertilità o capacità riproduttiva maschile delle piante è regolata dall’ormone auxina. La nostra indagine ha preso quindi in esame il fattore di trascrizione ARF8 (il gene Auxin Response Factor 8) che media gli effetti di questo ormone”, spiega Maura Cardarelli, primo ricercatore del Cnr-Ibpm. “L’obiettivo è stato capire come questo gene contribuisca alla fertilità maschile nelle piante in grado di autofecondarsi. Per questo motivo abbiamo lavorato su Arabidopsis, una specie spontanea presa comunemente a modello in quanto contiene sia gli organi fiorali maschili sia quelli femminili ed è quindi autogama, cioè si autofeconda. L’autofecondazione è una caratteristica negativa che va eliminata nelle piante coltivate. Infatti, la conseguenza è una maggiore consanguineità e le piante ‘prodotte’ per autofecondazione sono più deboli di quelle ibride, prodotte per incrocio tra due piante diverse. Per questo motivo in agricoltura vengono utilizzate sementi ibride e la loro produzione è favorita dalla ridotta fertilità maschile”.
Very obese women should lose weight during pregnancy for a healthy baby

Current recommendations should be changed for underweight and very obese women
Very obese women should actually lose weight during pregnancy in order to have a healthy baby, contrary to current recommendations, according to a new study in the journal Heliyon. The researchers behind the study, from Centre Hospitalier Universitaire Sud Réunion in France, say the current guidelines for weight gain in pregnancy should be adjusted for better outcomes in underweight and very obese women and their babies. The new study reveals the optimal weight gain for women that would give them a balanced risk of having a very small or very large baby. The findings will enable healthcare providers to give their patients more personalized recommendations. The team has developed an online calculator that can advise women on their ideal weight gain for the safest birth outcome, based on the research.
“The results of our research provide a solution to the conundrum affecting the 135 million pregnancies per year on this planet,” said lead author Dr. Pierre-Yves Robillard. “Women want to know what their optimal weight gain should be to have their baby as safely as possible, and their maternity care providers want to know what advice they can give women throughout their pregnancy. While our results show the recommendations are fine for women in the normal weight range, we have shown they are not ideal for very underweight and very overweight women.”
Team ricercatori italiani scopre malattia che provoca grave encefalopatia

Occhio: sperimentato un nuovo e più efficace sistema per somministrare i farmaci

Lo studio è stato condotto dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Unità di oftalmologia dell’Ospedale Versilia
Un team di ricercatori ha individuato un nuovo metodo più efficace per somministrare i farmaci nel trattamento delle degenerazioni retiniche come la maculopatia. La novità arriva dal dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa dove Susi Burgalassi, Daniela Monti, Nadia Nicosia, Silvia Tampucci, Eleonora Terreni e Patrizia Chetoni hanno condotto uno studio sperimentale in collaborazione con Andrea Vento Direttore dell’Unità di oculistica dell’Ospedale Versilia di Viareggio. La ricerca finanziata con i fondi di Ateneo è stata appena pubblicato sulla rivista “Drug Delivery and Translational Research”, giornale ufficiale della Controlled Release Society.
Ad oggi per la cura delle degenerazioni retiniche viene principalmente utilizzato il Bevacizumab, un farmaco che blocca la genesi vascolare della malattia, e la sua somministrazione avviene mediante iniezioni intraoculari all’interno del corpo vitreo ripetute, generalmente, a cadenza mensile.
“Queste ripetizioni aumentano il rischio e la gravità degli effetti collaterali che, in alcuni casi, possono essere anche molto seri – spiega Susi Burgalassi dell’Università di Pisa - del resto, la macromolecola del Bevacizumab non supera le barriere oculari in quantità terapeuticamente sufficienti se somministrato per via topica, cioè attraverso un semplice collirio”.
La soluzione sperimentata è stata quindi quella di mettere a punto un millimetrico impianto da inserire nell’occhio sotto la congiuntiva per il rilascio prolungato del farmaco, che si “dissolve” naturalmente una volta esaurito il suo compito. Si tratterebbe cioè di una “matrice” ottenuta mediante liofilizzazione e realizzata con un polimero che deriva dalla cellulosa.
“La possibilità di dosare il farmaco attraverso questo sistema, pur mantenendo un certo grado di invasività, porterebbe ad una diminuzione della frequenza di somministrazioni, con conseguente diminuzione dell’incidenza di effetti collaterali”, aggiunge Susi Burgalassi.
Breast cancer: discovery of a protein linked to metastasis

Jean-François Côté, a researcher at the Montreal Clinical Research Institute (IRCM) and professor at Université de Montréal’s Faculty of Medicine, studies metastasis, the leading cause of cancer-related death. Recently, his team uncovered a protein that, once deactivated, could prevent the development of metastases in an aggressive type of cancer, HER2-positive breast cancer. One in eight women will be diagnosed with breast cancer in her lifetime and one in 30 is expected to die from it. The findings, published in the journal Cell Reports, could improve this prognosis.
'Cunning' cells
A cancerous tumour develops when cells proliferate at an abnormally high rate and agglomerate in healthy tissue. Some of these cells are even more cunning. “Sometimes, cancer cells manage to leave the tumour to spread in the body, which complicates the evolution of the disease,” said Côté, director of the IRCM's Cytoskeletal Organization and Cell Migration Research Unit.
These cells move more easily than most of their peers. They detach from the tumour, enter the bloodstream and reach other organs, for example the lungs, bones or the brain. Called 'metastatic cells,' they are more difficult to destroy as they spread to other parts of the body and are more resistant to current treatments; 90 per cent of breast-cancer deaths are caused by metastases. Hence, one priority in oncology is to prevent tumour cells from spreading because it has the potential of saving many lives.
Alterazione genetica all’origine della precoce ossificazione del cranio dei neonati. La scoperta dei ricercatori dell’Università Cattolica pubblicata su “Bone”

Il risultato dello studio, coordinato dai ricercatori dell’Istituto di Anatomia Umana e Biologia cellulare della sede di Roma dell’Università Cattolica, in collaborazione con l’UOC di Neurochirurgia Infantile della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, apre la strada al disegno di nuovi test diagnostici più specifici per le craniosinostosi, malformazioni congenite del cranio causate dalla prematura ossificazione delle suture.
Si chiama BBS9 il gene coinvolto nel processo di craniosinostosi, malformazione congenita, diagnosticata alla nascita o nei mesi immediatamente successivi, legata alla prematura ossificazione e chiusura delle suture, che sono regioni elastiche nel cranio del neonato. La scoperta, di recente pubblicata sulla rivista scientifica “Bone”, è frutto dell’attività di ricerca, coordinata dalla dottoressa Wanda Lattanzi, ricercatrice dell’Istituto di Anatomia Umana e Biologia Cellulare della sede di Roma dell’Università Cattolica, diretto dalla professoressa Ornella Parolini, in collaborazione con l’Istituto di Anatomia Umana e Biologia Cellulare e della sede di Roma dell’Università Cattolica e l’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia Infantile della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. La craniosinostosi ha una prevalenza di 1 caso ogni 2000-2500 nati vivi; in Italia si stimano circa 180 nuovi casi all’anno, di cui circa 100 sarebbero casi di “craniosinostosi non sindromica”, che sono le forme studiate dal gruppo di ricerca. Lo studio, ha coinvolto 16 pazienti, fra gli oltre 400 reclutati presso questo centro, dovevengono trattati chirurgicamente in media 50-70 pazienti all’anno affetti da craniosinostosi, cioè oltre il 50% dell’intera casistica italiana.
Nell’olio d’oliva la molecola contro il diabete
Eat well, stay well. Questo il manifesto della dieta mediterranea, il modello nutrizionale che ha ricevuto l’onorificenza di "patrimonio orale e immateriale dell’umanità" per le ricadute positive che ha sulla salute. A oggi sempre più studi vanno nella direzione di verificare come alcune componenti alimentari siano in grado di prevenire determinate patologie e aumentare la qualità e la durata della vita.
In un precedente studio il gruppo guidato da Francesco Violi del Dipartimento di Medicina interna e specialità mediche della Sapienza, ha dimostrato che l’assunzione di 10 g. di olio extravergine di oliva durante i pasti era in grado di ridurre di 20 mg la glicemia post-prandiale. Dalla ricerca era emerso che l’extravergine di oliva si comporta come un antidiabetico con un meccanismo simile ai farmaci di nuova generazione, cioè le incretine (ormoni naturali prodotti a livello gastrointestinale che riducono il livello della glicemia nel sangue). L’assunzione di olio extravergine di oliva si associa, infatti, a un aumento nel sangue delle incretine.
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