Per comprendere gli effetti biologici del sale nei pazienti con malattie autoimmuni, i ricercatori hanno allestito uno studio di 5 settimane modulando l’introito di sale nella dieta. I risultati ottenuti hanno confermato l’intuizione iniziale: in tutti i pazienti è stata osservata una riduzione della frequenza dei linfociti proinfiammatori dopo le prime 3 settimane di dieta a basso contenuto di sale, cosiddetta “iposodica”. E inoltre un successivo aumento dei linfociti è stato registrato alla fine dello studio, cioè dopo le 2 settimane in cui si aumentava l’introito salino, seppure entro la soglia dei 5 gr al giorno del regime normosodico stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità.
“Capire se un fattore modificabile come la dieta possa avere effetti su queste malattie è importante – spiega Guido Valesini – perché permetterebbe di avere a disposizione un’arma in più contro patologie autoimmuni, sia a livello terapeutico che di prevenzione nei soggetti a rischio per familiarità”.