Gli archeologi del team di Abu Tbeirah hanno individuato e stanno scavando un porto risalente al 3° millennio a.C.: uno scavo che consentirà di scrivere un nuovo capitolo della storia della Mesopotamia e della sua civiltà, nata dalle acque del Tigri e dell'Eufrate, superando l'immaginario comune che identifica le antiche città mesopotamiche attorniate da distese di campi di cerali, irrigati da canali artificiali.
La Missione Archeologica italo-irachena ad Abu Tbeirah, diretta da Licia Romano e Franco D'Agostino, presenterà l’importante risultato della campagna condotta nell’Iraq meridionale, mercoledì 21 marzo presso il Rettorato, con una iniziativa promossa dalla Fondazione Sapienza.
Non è un caso che la parola araba per porto "MARSA (هرسى)" riprenda il termine sumerico MAR.SA, che indicava la struttura amministrativa del porto e delle attività a esso connesse: le città sumeriche erano tutte organizzate attorno al polo templare/palatino e collegate tra di loro tramite canali, dotate per questo di un porto che consentisse la gestione dei contatti e dei commerci. Pur nota dalle fonti cuneiformi, questo tipo di struttura è stata solo a volte individuata dalle tecnologie satellitari, ma a tutt’oggi mai scavata: di fatto gli archeologi della Sapienza sono i primi ad affrontare lo scavo di un porto sumerico risalente al 3° millennio a.C., aprendo alla possibilità di riconsiderare l’humus su cui la grande ricchezza della civiltà mesopotamica si fondava.
Gli archeologi e specialisti della Sapienza hanno indagato il sito di Abu Tbeirah, posto vicino all'antica linea di costa del golfo arabico, una posizione peculiare all'interno di un ambiente paludoso e a ridosso del mare, che ha influenzato fortemente la vita dell'insediamento, come dimostra la grande struttura portuale appena individuata.
"Il porto situato nella parte N-O del Tell di Abu Tbeirah (ndr. collina formata da accumuli antropici) è un bacino artificiale, una zona più depressa, circondata da un massiccio terrapieno con un nucleo di mattoni d'argilla” ci raccontano Licia Romano e Franco D'Agostino "con due accessi che lo mettevano in comunicazione con la città e che sono chiaramente visibili anche dalle immagini satellitari di Google. Si tratta del porto più antico sinora scavato in Iraq, visto che le uniche testimonianze di strutture portuali indagate archeologicamente provengono da Ur, ma sono di duemila anni più tarde".
La connessione del sito con le paludi sumeriche era già stata rilevata grazie alla cultura materiale portata alla luce durante gli scavi precedenti condotti dalla Missione, ed è ora confermata nel porto di Abu Tbeirah, una versione in scala maggiore di alcune peculiari strutture connesse alle dighe dei villaggi delle Marshland attuali. Anche sulla base di questo confronto, i ricercatori non escludono che il porto individuato ad Abu Tbeirah non fosse deputato esclusivamente alla funzione di ormeggio delle barche e di gestione dei commerci con le altre città, ma che fungesse anche da riserva d'acqua e immensa vasca di compensazione delle piene del fiume, nonché da fulcro di varie attività dell'insediamento connesse all'utilizzo della risorsa idrica.
"Le indagini proseguiranno durante le prossime stagioni di scavo, vista la grandezza del complesso portuale: il bacino, di forma oblunga è di 130x40 m ca., doveva avere una capienza probabilmente superiore 12 piscine olimpioniche” precisano i ricercatori “e questo spiega le numerose nuove linee di ricerca che questa scoperta porta con sé. In particolare l’interesse si focalizzerà non soltanto sul funzionamento di questa struttura, ma, grazie alla collaborazione con i dipartimenti di Biologia Ambientale e di Scienze della Terra, anche sul territorio che circondava il sito. Recenti indagini sull'antica canalizzazione che connetteva i siti mesopotamici, portate avanti dal collega Jaafar Jotheri, dell'Università di Qadisiyah e membro della missione, hanno evidenziato la particolarità del sito di Abu Tbeirah, che dalle satellitari appare chiaramente circondato da paleo-canali che si dipartono come raggi dalla città e che ci ricordano molto i canali delle Marshland (ndr le paludi attuali create dal delta del Tigri e dell'Eufrate)”.
La scoperta del porto apre nuovi scenari di ricerca sulla vita delle città del sud della Mesopotamia, ma anche sulle ragioni del loro abbandono. La forte connessione con le paludi del delta, quindi con un ambiente estremamente sensibile ai cambiamenti climatici e al regime delle precipitazioni, potrebbe chiarire i motivi della riduzione e poi scomparsa dell'insediamento di Abu Tbeirah alla fine del 3° millennio a.C., un momento in cui in diverse parti del mondo si registra un cambiamento climatico importante, il cosiddetto 4.2 ka BP (ndr 4200 anni dal presente) event.
Lo scavo del contesto archeologico è iniziato nel 2017 grazie ai finanziamenti della Sapienza e del Ministero degli Affari Esteri italiano e proseguiranno anche con il supporto della generosa donazione della Fondazione Bardelli.