Alessandro Ghigi genetista

Pierangelo Crucitti - Andrea Tenca 10 Feb 2023


Ricorda Vannini: “Un altro merito di Alessandro Ghigi è stato, inoltre, quello di avere compreso tra i primi, all’inizio del nostro secolo, l’importanza di impiegare su larga scala negli studi naturalistici le metodiche ed i criteri introdotti in Biologia da una scienza, la Genetica …. (omissis). Egli può essere considerato un autentico pioniere, per avere utilizzato la nascente Genetica nelle indagini di Ornitologia pura e applicata” (Vannini, 1970). Queste linee di ricerca produrranno frutti copiosi in un periodo compreso tra il primo contributo del 1906 e l’ultimo del 1962 con oltre 60 tra note e monografie su riviste assai qualificate, di cui otto in francese e inglese (Pasquini, 1972). Effetti delle mutazioni e ibridogenesi trovano adeguata rispondenza nei più moderni studi di microsistematica e microevoluzione (Vannini, 1970). In queste ricerche riscontriamo le basi di una Avicoltura razionale della cui importanza pratica Ghigi è sostenitore dapprima come Vicepresidente, poi come Presidente e infine come Presidente Onorario della World’s Poultry Science Association, presiedendo inoltre il IX Congresso Internazionale di Ornitologia, inaugurato dalla sua dissertazione “Il contributo dell’Ornitologia al progresso della Genetica”.

Le ricadute pratiche del suo lavoro si consolidano nel corso di molti anni di osservazioni sull’alimentazione, il comportamento riproduttivo e le patologie di Phasianidae, Numididae e altri Galliformi, in particolare i generi Chrysolophus, Columba, Gallus, Gennaeus, Graphophasianus, Guttera, Hierophasis, Lophura, Phasianus, Syrmaticus. Tra i principali risultati ricordiamo la scoperta della “gonomonarrenia” o fecondità dei soli ibridi di sesso maschile, le osservazioni sulla intersessualità da ibridazione, eterosi e sviluppo di caratteri sessuali secondari; inoltre, la costituzione di una tra le collezioni più complete al mondo di ibridi di Phasianidae e altri Galliformi. A questi aspetti vanno aggiunte anche le riflessioni teoriche di Ghigi, nella cui ricca bibliografia si riscontrano interessanti titoli riguardanti l’evoluzionismo darwiniano e il suo rapporto con la genetica. Si tenga presente che, a cavallo tra Ottocento e Novecento, la teoria evoluzionista stava attraversando un momento di grave stagnazione teorica destinata ad essere superata solo grazie a quella compenetrazione tra evoluzionismo e genetica favorita dai maggiori fautori della cosiddetta Modern Synthesis: il genetista americano Theodosius Grigorevich Dobzhansky (1900-1975), autore nel 1937 di “Genetics and the Origin of Species”, lo zoologo tedesco Ernst Mayr (1904-2005), autore nel 1942 del libro “Systematics and the Origin of Species”, il biologo e divulgatore britannico Julian Huxley (1887-1975), autore nel 1942 di “Evolution, the Modern Synthesis”, il paleontologo britannico George Gaylord Simpson (1902-1984) ricordato per il libro del 1944 “Tempo and Mode of Evolution” (Barsanti, 2005: 347-368).

L’aggiornamento della riflessione di Ghigi su questi argomenti è interessante e da approfondire, anche se - come si evidenzierà più avanti - la componente genetica e, soprattutto, eugenetica della biologia di quegli anni condurranno il naturalista a gravi affermazioni di carattere ideologico legate alla sua adesione alla legislazione razziale, evidente nell’opuscolo apologetico del 1939 intitolato “Problemi biologici della razza e del meticciato” (Cassata, 2006 e 2011). Peraltro, da un punto di vista teorico, Ghigi aveva precedentemente prodotto interessanti riflessioni sull’evoluzionismo: già nel 1907 presso l’Università di Ferrara pronunciava un discorso su “Il darwinismo nella biologia moderna” (Ghigi, 1907); nel 1921 affrontava il tema de “Le insufficienze del mendelismo” (Ghigi, 1921); nel 1932 si occupava de “L’origine delle specie nella odierna biologia sperimentale” (Ghigi, 1932) alludendo con ciò al darwiniano “mistero dei misteri”, quello della speciazione; nel 1937, infine, dedicava ancora un articolo a “Le applicazioni della genetica nel campo zootecnico” (Ghigi, 1937). Nel Secondo dopoguerra Ghigi avrebbe abbandonato simili terreni per dedicarsi con ben maggiore successo e competenza a quelli ormai fondamentali e meno speculativi della conservazione naturale.

 

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Ultima modifica il Mercoledì, 15 Febbraio 2023 10:18
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