La musica che cura

Marina Pinto 23 Nov 2010

Tutti noi abbiamo a che fare con la musica, che in generale consideriamo una creazione artistica funzionale all’intrattenimento. Ma così pensando le facciamo un grave torto, perché, pur rimanendo indiscussa la sua carica di gran piacere, non consideriamo affatto una delle più importanti funzioni dell’arte dei suoni, ossia quella diagnostico-terapeutica, vale a dire la scienza medica che prende il nome di Musicoterapia.

Si tratta di un settore medico che prende in considerazione l’uso della musica e dei suoi elementi (suono, ritmo, melodia e armonia) in un processo atto a facilitare o sollecitare la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione e l’organizzazione dell’individuo in difficoltà, o anche risolvere o migliorare problemi legati a necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali o cognitive.
In parole semplici la Musicoterapia è la scienza che studia il complesso rapporto fra l’uomo e il suono, al fine di scoprire quali sono gli elementi presenti nella musica in grado di aprire i canali emozionali che sono alla base del processo di recupero del paziente in difficoltà.

Molteplici sono i campi di applicazione: autismo infantile, ritardo mentale, disabilità motorie, morbo di Alzheimer, psicosi, disturbi dell'umore, disturbi somatoformi (in particolare sindromi da dolore cronico), disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa o anche bulimia), plurihandicap e sindromi varie, ed inoltre sono possibili altre attuazioni in campo anestesiologico e chirurgico.

I principi base della Musicoterapia sono due: la partecipazione attiva del paziente ed il suo rapporto di fiducia ed accettazione verso la cura. Inoltre la tecnica terapeutica impone un adattamento ed una personalizzazione degli incontri, così che ci sia uno scambio reciproco di proposte e risposte fra paziente e terapeuta.
Possiamo classificare la Musicoterapia in due categorie distinte: quella ATTIVA (produrre i suoni), e quella PASSIVA (ascoltare i suoni), che è il punto di partenza di ogni percorso terapeutico.
I suoni intorno a noi sono percepiti da tutto il corpo, ed essi, agendo beneficamente su molte patologie, sono diventati una vera e propria “cura”. Iniziamo da una semplice osservazione: la maggior parte delle persone pensa di ascoltare la musica semplicemente attraverso le orecchie, ma accade spesso che l’ascolto non sia consapevole, ma subìto, così che i benefici della musica si fanno vani. Il vero ascolto è invece un avvenimento corporeo, che inizia dalla pelle per giungere al cervello passando per tutti gli organi del corpo. L’influenza della musica sull’uomo inizia già nella vita prenatale, e l’intensità con la quale essa viene percepita è fondamentale per sviluppare la capacità di ricezione e comprensione della stessa, donando in più al soggetto la capacità di vivere in profondità il piacere della musica.
Infatti sotto l’effetto del suono il corpo stesso diventa uno strumento, ed inizia un processo di tipo fisico-chimico molto importante. Le nostre strutture sensoriali si attivano all’ascolto della musica attraverso le cosiddette fibre C, dette “fibre dell’affettività”, ed è grazie ad esse che noi percepiamo il piacere dell’ascolto. Dette fibre si collegano direttamente con il cervello, il quale produce sostanze capaci di procurare benessere, e ciò si rispecchia in tutto il corpo.
Ma non basta che ci sia della musica perché accada tutto questo. Per fare in modo che un tale processo sia realmente benefico e salutare, è necessario “saper ascoltare”. Ciò significa prima di tutto conoscere quale sia il piacere della musica, e poi concentrarsi affinché ascoltandola essa possa “entrare” nel corpo e nella mente liberamente e senza ostacoli dando il via ad un processo di benessere che è unico. Ascoltare la musica in questo modo significa fare un salto in avanti nella propria qualità di vita, diventare coscienti di ciò che si è e di ciò che si sente, in una parola “ascoltare significa ascoltarsi”.
L’abitudine corretta all’ascolto dei suoni porta il paziente a desiderare di produrne, e così inizia la seconda fase della cura, dove improvvisazioni e sperimentazioni con strumenti musicali diventano un momento importante ed un passo decisivo verso un recupero di conoscenze ed abilità compromesse.

Ma i suoni possono veramente far guarire? La Musicoterapia dà invero grandi risultati, ma non si può prendere la musica da sola senza considerare la scienza della medicina nei suoi saperi, specie nei campi della neurologia e della psichiatria, perché dobbiamo sempre tener presente che la musica ha sull’uomo un impatto che è prima di tutto emotivo, e poi, semmai, clinico. Certamente l’effetto benefico sul sistema emozionale ha una grande importanza ed è di grande aiuto in un qualsivoglia ambito terapeutico, così da risultare un efficace complemento nei trattamenti di rilassamento corporeo e mentale o nei casi di ritardi dell’apprendimento, in alcune patologie psichiche e nei disturbi del comportamento sociale.

La Musicoterapia non è nata ieri, è anzi una modalità assai antica, risalente addirittura all’antichità, quando il sacerdote/medico/sciamano sapeva riequilibrare un organismo malato attraverso i principi musicali del ritmo e dell’armonia, basandosi sull’esempio della vita del cosmo, anch’essa fondata sugli stessi elementi. L’evoluzione della scienza medica ha in seguito trascurato tali pratiche, ma la musica non ha mai abbandonato del tutto il campo medico, così che esempi di “cure musicali” sono presenti nella letteratura scientifica in tempi risalenti al XVIII secolo, fino ad oggi, quando, prepotente più che mai, essa si riaffaccia al mondo moderno con tutte le sue peculiarità e la sua efficacia.
Il mistero/segreto che da sempre accompagna la Musicoterapia sta proprio nella musica e nella sua capacità di dar vita tali effetti. Gli stati psicologici di ognuno di noi dipendono da tanti fattori (ambientale, culturale, sociologico), e lo specialista deve saper seguire il paziente scegliendo accuratamente la musica adatta ad un preciso stato clinico, ed all’uopo le scelte sono assai varie.
La musica classica è ovviamente la scelta preferita, dato che la sua carta vincente è la tonalità (unita alla ricchezza della melodia ed alla stabilità ritmica), così che sono state selezionate una serie di musiche adatte a modalità terapeutiche diverse a seconda di quale sia lo stato che il paziente deve raggiungere.
Per esempio, per ottenere uno stato di rilassamento si suggeriscono “La danza della Regina” del “Lago dei cigni” di Ciajkovskij o il “Largo” dall’opera “Serse” di Handel, per stimolare uno stato di calma interiore si consigliano l’Aria dalla “Suite n. 3 in Re Maggiore” di Bach, il primo movimento del “Concerto n. 1 in Sib” di Ciajkovskij, l’Intermezzo della “Cavalleria Rusticana” di Mascagni, il coro degli schiavi dal “Nabucco” di Verdi o anche l’”Ave Verum” di Mozart, e per esaltare o tonificare un organismo o una psiche spenta si propone l’ascolto del secondo movimento del concerto “Imperatore” di Beethoven o l’Allegro della “Sinfonia dal Nuovo Mondo” di Dvorak, ma la lista è assai lunga, e comprende anche musica di matrice etnica, come il terzo movimento della “Musique pour instrument à corde” di Bela Bartok.



Marina Pinto

 

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Dicembre 2010 23:42
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