La comprensione dei meccanismi cellulari e molecolari che stanno alla base dell’insorgenza dell’edema maculare diabetico ha consentito la ricerca di terapie alternative di tipo farmacologico, aprendo strade molto promettenti per la cura del DME. L’alterazione della permeabilità dei vasi sanguigni della retina è dovuta al fatto che nei soggetti diabetici l’elevata concentrazione di glucosio ematico (iperglicemia) determina l’innesco di una serie di reazioni biochimiche che portano ad una produzione eccessiva di una molecola chiamata VEGF, che agisce specificamente sulle cellule della parete interna dei vasi sanguigni, promuovendo un aumento della permeabilità vascolare. La maggior parte delle terapie farmacologiche per il trattamento del DME mirano ad inibire tale processo. Diversi farmaci hanno come bersaglio specifico il VEGF e sono in grado di inattivarlo, arrestando così il suo effetto patologico sui vasi sanguigni della retina. Questi farmaci anti-VEGF vengono somministrati all’interno dell’occhio tramite una iniezione intravitreale, assolutamente indolore.
I farmaci anti-VEGF sono molto promettenti e, se utilizzati tempestivamente, permettono il mantenimento della visione a medio-lungo termine. Il limite principale di questa terapia risiede nella temporaneità dell’efficacia farmacologica, che rende necessaria la sua ripetizione ogni 4-8 settimane, a seconda del farmaco utilizzato e della sensibilità individuale. Per questo motivo sopperire a questo limite temporale, sono stati messi a punto e sono in fase sperimentale dei microdispositivi da iniettare all’interno della cavità intravitreale in grado di rilasciare un principio attivo in modo graduale nel tempo. Si tratta degli impianti intravitreali a lento rilascio, costitutiti da polimeri completamente biodegradabili che intrappolano al loro interno un farmaco cortisonico con azione antinfiammatoria in grado di controllare il processo che porta alla produzione del VEGF. Gli impianti intravitreali sono in grado di liberare il principio attivo per un periodo che va dai 6 mesi ai 3 anni. Ciò consente di ridurre le recidive e l’intervallo di somministrazione intravitreale degli anti-VEGF. L’applicazione degli impianti vitreali a base di cortisonici può provocare degli effetti collaterali quali l’aumento della pressione intraoculare e l’induzione della formazione della cataratta. Entrambi queste condizioni sono gestibili e sono comunque molto meno gravi degli effetti che si avrebbero a causa della progressione del DME.
Sia i farmaci anti-VEGF sia gli impianti intravitreali possono essere utilizzati in combinazione con la fotocoagulazione laser. In tutti i casi, i pazienti affetti dal DME devono sempre sottoporsi a monitoraggio strumentale della retina per verificare lo stato di salute dello strato vascolare retinico e determinare l’eventuale necessità di ulteriori somministrazioni di farmaco r/o trattamenti laser.
CONSULENZA SCIENTIFICA Prof. Dr. med. Andrea CUSUMANO
I dispositivi intravitreali con molecole cortisoniche a lento rilascio sono diventati oggi una realtà per il trattamento dell’edema maculare diabetico, specie quando questo è cronicizzato o non risponde alla terapia con le convenzionali iniezioni intraoculari con anti-VEGF. Esistono degli effetti collaterali e dei rischi potenziali associati a questi nuovi trattamenti della malattia, in particolare lo sviluppo di una cataratta – nei pazienti che non si sono ancora operati – o la formazione di un glaucoma secondario al cortisone che è presente negli impianti. Tutte queste complicanze sono però trattabili perché la cataratta può esser facilmente operata ed il glaucoma – nella maggior parte dei casi – può essere trattato con delle terapie sotto forma di colliri, con dei farmaci o con la terapia laser, la “trabeculoplastica” o in qualche raro caso con un intervento chirurgico. I benefici superano pertanto oggi di gran lunga i rischi e gli effetti collaterali e questa terapia deve realmente essere considerata per la gestione dell’edema maculare diabetico.
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