
Paleontologia
Neandertal come noi: i loro neonati avevano gli stessi tempi di svezzamento dell’Homo sapiens
03 Nov 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Dall’analisi di tre denti da latte appartenuti a bambini neandertaliani vissuti tra 70.000 e 45.000 anni fa nell’Italia nord-orientale emerge che il loro ritmo di crescita era molto simile al nostro: la scoperta porta ad escludere che uno svezzamento tardo possa essere tra le cause che hanno portato alla scomparsa di questa specie umana. Allo studio, pubblicato su PNAS, ha partecipato il Diet and ANcient TEchnology Laboratory della Sapienza
I Neandertal iniziavano lo svezzamento dei loro neonati intorno al quinto o sesto mese d’età, un periodo del tutto simile a quanto avviene per l’uomo moderno. La scoperta deriva dal lavoro di un gruppo internazionale di ricerca che ha realizzato analisi geochimiche ed istologiche su tre denti da latte appartenuti a bambini di Neandertal vissuti tra 70.000 e 45.000 anni fa nell’Italia nord-orientale.
A Notarchirico in Basilicata rinvenuti i più antichi manufatti litici Acheuleani europei: la scoperta sposta l’origine della tecnica a 700mila anni fa
15 Set 2020 Scritto da Università di Roma L a Sapienza
Un team internazionale di ricercatori, fra cui alcuni studiosi dei dipartimenti di Scienze della Terra e di Scienze dell'Antichità della Sapienza, ha ritrovato nel sito archeologico di Notarchirico in Basilicata, già noto per precedenti scavi, utensili in pietra scheggiata riconducibili alla cultura Acheuleana del Paleolitico inferiore associati a una datazione che consente di spostare indietro nel tempo l’origine dell’’Acheuleano in Europa. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports
Il sito di Notarchirico, nei pressi di Venosa in Basilicata, da decenni è oggetto di diversi studi archeologici e geo-paleontologici.
Bambini in acqua un milione di anni fa: scoperte impronte fossili umane in un fiume preistorico a Melka Kunture
04 Set 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Nel sito di Melka Kunture, in Etiopia, la missione archeologica della Sapienza Università di Roma ha portato alla luce, fra le centinaia di orme fossili lasciate tra 1,2 milioni e 850.000 anni fa, le più antiche impronte di piede di bambino finora conosciute. Lo studio, che offre una rara immagine dell’infanzia nei periodi più remoti della preistoria, è pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews
Melka Kunture, 50 km a sud di Addis Abeba, è un importante complesso di affioramenti archeologici situato lungo il bacino superiore del fiume Awash, sull’altopiano etiopico. In quest’area, le ricerche archeologiche sono iniziate oltre 50 anni fa e dal 2011 sono condotte dalla missione italiana guidata da Margherita Mussi e dal suo team del Dipartimento di Scienze dell'Antichità della Sapienza Università di Roma.
7 milioni di anni fa il coccodrillo africano attraversò l’Atlantico e colonizzò il Nuovo Mondo
27 Lug 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
La ricostruzione in 3D dei resti del cranio di un coccodrillo, ritrovato ad As Sahabi (Libia) e conservato per quasi un secolo presso il Museo Universitario di Scienze della Terra (MUST) della Sapienza Università di Roma, ha permesso di identificare nel rettile sahariano l’antenato degli attuali coccodrilli americani. I risultati dello studio condotto da un team di ricercatori italiani, sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports, permettendo di ripercorrere milioni di anni di storia evolutiva.
Dopo una lunga traversata dell’Oceano Atlantico, l’esploratore scorge in lontananza la terra ferma, un continente fino a quel momento sconosciuto, dove presto però sarebbe stata scritta una nuova storia.
Sembra la narrazione dell’approdo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo circa 500 anni fa, eppure si tratta di quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports grazie al quale viene ricostruito un tassello della storia evolutiva dei coccodrilli. È possibile che alcuni esemplari di coccodrilli siano partiti circa 7 milioni di anni fa dal Nord Africa, e abbiano verosimilmente attraversato l’Oceano Atlantico per arrivare sulle coste del Sud America, dove si sono adattati e diversificati dando origine alle specie di Crocodylus, che ancora oggi abitano il continente americano. La ricerca colloca il reperto africano del Miocene, identificato come Crocodylus checchiai, alla base dell'albero evolutivo dei coccodrilli americani.
“Lo sguardo dell'antropologo": un nuovo allestimento per esplorare le connessione tra Egittologia e Antropologia - da sabato 13 giugno fino al 15 novembre - Museo Egizio di Torino
12 Giu 2020 Scritto da Università degli studi di Torino
La mostra, realizzata in collaborazione con il Museo di Antropologia dell’Università di Torino, restituisce al pubblico una parte della collezione dell’istituto universitario, chiuso dal 1984.
Dopo la riapertura al pubblico delle proprie sale, il Museo Egizio riprende anche l’attività espositiva temporanea: da domani, sabato 13 giugno, e fino al 15 novembre, la visita della collezione egittologica viene arricchita da "Lo sguardo dell'antropologo”, una piccola mostra allestita in una sala del primo piano e realizzato dai curatori del Museo Egizio in collaborazione con il Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università di Torino (MAET).
Quando gli elefanti popolavano il Nord Europa
25 Mag 2020 Scritto da Comunicato Stampa Università La Sapienza di Roma
Il Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza ha partecipato al ritrovamento di uno scheletro quasi completo di elefante preistorico, insieme a strumenti d’osso, schegge di pietra e a numerose impronte nel terreno. I resti, rinvenuti nel sito archeologico di Schöningen in Germania, risalgono a 300.000 anni fa e forniscono un nuovo scenario per il nord Europa del tempo
Schöningen, in Germania, è senz’ombra di dubbio uno dei siti dell’età della pietra più importanti al mondo. In passato ha già fornito importanti informazioni sulla flora, la fauna e sulle specie umane e animali che popolavano la Terra 300.000 anni fa, durante il Pleistocene.
Oggi, una nuova importante scoperta in questo sito permette di ricostruire lo scenario, piuttosto inaspettato, del nord Europa del tempo: un team di ricercatori, guidato dall’italiano Jordi Serangeli e da Nicholas Conard, dell’Università di Tübingen e del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, ha ritrovato uno scheletro quasi intero di elefante insieme a resti di strumenti litici utilizzati probabilmente per cibarsene, e, a pochi metri di distanza, delle impronte di un piccolo gruppo di elefanti.
Lo studio, pubblicato sulla rivista tedesca Archäologie in Deutschland, conferma come quelle terre, nonostante il clima piuttosto simile a quello attuale, fossero abitate al tempo da molti animali selvatici che oggi considereremmo in gran parte esotici, quali cavalli, leoni, tigri dai denti a sciabola e persino grossi elefanti.
Due milioni di anni fa Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus hanno vissuto contemporaneamente in Sudafrica
06 Apr 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Pubblicati sulla rivista Science i risultati di uno studio internazionale che ha riportato alla luce importanti resti fossili nel sito paleoantropologico di Drimolen. Nel team di ricerca anche Università di Pisa e Università di Firenze
Due milioni di anni fa in Sudafrica, nella cosiddetta Cradle of Humankind (culla dell’umanità), hanno vissuto contemporaneamente i nostri antenati Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus. Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Science, a cui hanno partecipato anche Giovanni Boschian, docente del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che nello specifico ha coordinato lo studio stratigrafico, curando la parte microstratigrafica, e Jacopo Moggi-Cecchi, antropologo dell’Università di Firenze, membro storico del gruppo.
Nel corso degli scavi condotti a Drimolen, un sito paleoantropologico situato presso Johannesburg, ricercatori e studenti di varie nazionalità hanno riportato alla luce due nuovi fossili importanti, entrambi databili tra 2.04 e 1.95 milioni di anni fa, lo stesso periodo in cui è attestata la presenza in Sudafrica dell’Australopithecus. I nuovi fossili sono DNH 152, chiamato “Khethi” in riconoscimento al proprietario del terreno, è un neurocranio di Paranthropus robustus, incompleto ma che mostra bene la parte superiore della calotta. Il Paranthropus robustus è un ominino appartenente alle australopitecine e caratterizzato da un apparato masticatore estremamente robusto, con molari grossi anche più di 2 cm. Fin qui, non sarebbe un ritrovamento particolarmente nuovo se non fosse associato, nei medesimi strati, a DNH 134, chiamato “Simon” in ricordo di un collaboratore della ricerca prematuramente scomparso, che non è certamente un Paranthropus, come dimostrano la struttura cranica e le grandi dimensioni dell’encefalo. Si tratta di un altro neurocranio incompleto attribuito a un individuo giovane, che presenta notevoli analogie con Homo erectus sensu lato. Purtroppo manca la faccia, che avrebbe potuto dare informazioni più precise.
Antichi flussi migratori: nel DNA di siciliani, sardi e abitanti di altre isole mediterranee i geni delle popolazioni delle steppe asiatiche e dell’Iran
28 Feb 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte la Sapienza, ricostruisce le dinamiche migratorie post-neolitiche nelle isole del Mediterraneo occidentale e rivela nuovi dati sulla storia genetica degli abitanti. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Ecology & Evolution.
Fin dalla preistoria il Mar Mediterraneo ha rappresentato una delle principali rotte per le migrazioni marittime nonché centro delle relazioni commerciali e delle invasioni, ma la storia genetica delle isole di questo bacino è ancora poco documentata, nonostante i recenti sviluppi nello studio del DNA antico.
Un nuovo studio internazionale, nato dalla collaborazione tra ricercatori della Sapienza, dell'Università di Vienna, dell'Università di Harvard, dell'Università di Firenze insieme alla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le provincie di Sassari e Nuoro, ha analizzato il DNA di 66 individui preistorici per ricostruire la storia genetica delle antiche popolazioni delle isole del Mediterraneo, in particolare Sicilia, Sardegna e isole Baleari.
L’analisi del DNA antico di un gruppo di individui, risalenti a Neolitico, Età del Bronzo ed Età del Ferro, ha portato alla luce un modello complesso di migrazioni dall’Africa, dall’Asia e dall’Europa che varia in dinamiche e tempistiche per ciascuna delle isole del Mediterraneo. In Sicilia, ad esempio, è stata riscontrata una nuova discendenza a partire dalla media Età del Bronzo (2000-1550 a.C.), che si sovrappone cronologicamente con l'espansione della rete commerciale greco-micenea.
Gli abitanti del Sahara, antico popolo di pescatori
24 Feb 2020 Scritto da Università di Roma la Sapienza
Una ricerca rivela la predominanza del pesce nella dieta degli abitanti del Sahara di 10.000 anni fa e getta luce sulle fasi del progressivo inaridimento nella regione. Lo studio coordinato dal Dipartimento di Scienze dell'antichità della Sapienza, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università degli Studi di Milano e con il Royal Belgian Institute of Natural Sciences di Brussels, è ora pubblicato su Plos One.
Uno studio appena pubblicato su PLOS ONE, coordinato da Savino Di Lernia del Dipartimento di Scienze dell'antichità della Sapienza e svolto in collaborazione con Andrea Zerboni del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università degli Studi di Milano e con Wim Van Neer del Royal Belgian Institute of Natural Sciences di Brussels, rivela come la fauna ittica rappresenti la maggior parte dei resti animali emersi nel riparo del Tararkori, nel Sahara centrale libico, nel primo e medio Olocene.
Il deposito archeologico indagato ha restituito migliaia di ossa di pesce, corrispondenti a specie diverse e a individui di grandi dimensioni, oltre un metro di lunghezza, paragonabili a quelli che oggigiorno vivono nel fiume Nilo o nei grandi laghi africani.
Tutti i resti animali restituiti dal riparo del Takarkori, più di 17.500, sono stati identificati come scarti alimentari, grazie ai segni di taglio e di cottura che presentavano; di questi, solo il 19% è costituito da mammiferi, uccelli, rettili e molluschi (gli anfibi sono l’1% del totale) mentre il restante 80% è riconducibile alla fauna ittica.
La datazione dei resti ha attestato la graduale riduzione della fauna ittica a favore dei mammiferi: dalla predominanza ittica pari al 90% tra gli anni 10.200-8.000, si è arrivati a circa il 40% di apporto ittico tra il 5.900-4.650; questo dato consente di apprezzare la progressiva affermazione della pastorizia nel Sahara, durante la quale la risorsa ittica ha gradualmente perso importanza, per scomparire intorno ai 5000 anni fa.
Il riciclo ai tempi del Paleolitico: premiata il 6 febbraio una ricerca di dottorato con il Tübingen Prize
07 Feb 2020 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Il riconoscimento alla giovane Flavia Venditti che grazie alle analisi condotte presso il Laboratorio Sapienza LTFAPA, ha accertato il riciclo degli strumenti in pietra già 400.000 anni fa.
Già 400.000 anni fa, gli antichi cacciatori-raccoglitori riciclavano antichi strumenti di pietra ormai inutilizzati per produrre nuove schegge: questo il senso dello studio condotto da Flavia Venditti, che le è valso il Tübingen Prize for Older Prehistory and Quaternary Ecology 2020. La ricerca, intitolata “The recycling phenomenon during the Lower Paleolithic: the case study of Qesem Cave (Israel)” e svolta durante il dottorato di ricerca in Archeologia alla Sapienza, è stata condotta attraverso analisi microscopiche e chimiche presso il “Laboratory of Technological and Functional Analyses of Prehistoric Artefacts”, diretto da Cristina Lemorini del Dipartimento di Scienze dell’Antichità che è stata anche la tutor di tale ricerca di dottorato.
Flavia Venditti ha dimostrato come antichi cacciatori-raccoglitori vissuti 400.000 anni fa nel sito del Paleolitico Inferiore di Qeserm Cave (Israele) riciclassero antichi strumenti di pietra inutilizzati per produrre nuove schegge piccole e taglienti. Attraverso le analisi di laboratorio, è stato possibile diagnosticare tracce riconducibili alla lavorazione delle carcasse animali attraverso attività di macellazione, ma anche di lavorazione di osso, pelli e persino di piante e tuberi. Le particolari condizioni di preservazione degli oggetti analizzati hanno reso possibile identificare micro-residui di osso, tessuti animali e grasso relativi al loro utilizzo. Nei suoi esperimenti, Flavia Venditti dimostra come questi piccoli strumenti fossero particolarmente adatti a compiere specifiche attività di taglio con un alto grado di accuratezza. Inoltre, attraverso la distribuzione degli oggetti nel sito, la ricercatrice ha messo in luce una chiara divisione spaziale delle attività nelle diverse aree della grotta.
Attraverso il suo lavoro la ricercatrice è stata in grado di evidenziare come i nostri antenati del Paleolitico si impegnassero in azioni mirate di riutilizzo delle risorse disponibili, aprendo la strada a ricerche future sull’argomento.