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In Italia 1 bambino su 3 è obeso o sovrappeso. L’importanza di un corretto stile di vita. Nei casi più gravi intervengono farmaci e chirurgia bariatrica. Più di 1.300 i bambini seguiti al Bambino Gesù nell’ultimo anno.
In Italia, un bambino su tre è obeso o in sovrappeso, una condizione che rappresenta una delle principali emergenze sanitarie, sia nei Paesi industrializzati, sia in quelli in via di sviluppo. Anche nei casi meno gravi, il sovrappeso può provocare complicanze metaboliche già in età pediatrica, compromettendo la qualità di vita e aumentando il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e ipertensione. L’obesità infantile ha cause multifattoriali, tra cui familiarità, sedentarietà e cattive abitudini alimentari. Per affrontarla è necessario un approccio personalizzato, basato su educazione alimentare, attività fisica e, nei casi più complessi, trattamenti farmacologici o chirurgici. In occasione della giornata mondiale dell’obesità di domani, gli esperti del Bambino Gesù forniscono alle famiglie informazioni e consigli per affrontare il problema. «È importante tenere sotto controllo i bambini obesi o in sovrappeso, perché hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie croniche da adulti - spiega il dottor Danilo Fintini, dell’unità operativa di Endocrinologia e diabetologia dell’Ospedale- Affrontare il problema precocemente permette di prevenire complicanze e di favorire una crescita sana». Solo nell’ultimo anno sono stati più di 1.300 i bambini seguiti dall’Ospedale per problemi di peso. 

Pubblicato in Medicina



La nave da ricerca italiana Laura Bassi ha concluso la missione che l’ha portata a navigare per due mesi nelle acque antartiche a supporto delle attività di ricerca sulle dinamiche fisiche e biogeochimiche di specifiche aree del continente. Ha navigato per più di due mesi nel Mare di Ross per le attività di ricerca del PNRA

 Con il rientro al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda, avvenuto il 1 marzo, termina così anche la 40° spedizione scientifica in Antartide finanziata dal Ministero dell’Università e Ricerca (MUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, dall’Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale – Ogs per la gestione tecnica e scientifica della rompighiaccio Laura Bassi.

Pubblicato in Ambiente


L’osservatorio Solaris è un innovativo progetto scientifico e tecnologico - frutto di una collaborazione tra diverse istituzioni scientifiche nazionali coordinate dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dall’Università degli Studi di Milano e dall’Università di Milano-Bicocca nell’ambito del PNRA (Piano Nazionale di Ricerca in Antartide) - finalizzato allo sviluppo di un sistema di monitoraggio continuo del Sole alle alte frequenze radio, per studi di fisica fondamentale, climatologia spaziale e interazioni Terra-Sole.

Nonostante sia attivo da pochissimo tempo e ancora nelle fasi iniziali di sviluppo (è infatti passato poco più di un anno dalla sua costituzione), Solaris ha già prodotto dati interessanti dal punto di vista scientifico per applicazioni di climatologia spaziale, in particolare mappe solari che consentono di studiare in banda radio a 95 gigahertz l'evoluzione della regione attiva che ha prodotto le tempeste solari responsabili dell’aurora di capodanno, visibile anche alle nostre latitudini. Le immagini sono state ottenute nelle scorse settimane, e sono tuttora in fase di analisi e interpretazione da parte di un team multidisciplinare di esperti [scarica le immagini].

Pubblicato in Astrofisica


Una ricerca internazionale, a cui ha contribuito la Sapienza, ha fornito nuove informazioni sulla composizione del sottosuolo marziano e ha definito le caratteristiche dei ghiacciai che ricoprono il polo nord del pianeta. I risultati, pubblicati su Nature, si basano su un'analisi geofisica simile a quella utilizzata sulla Terra per studiare la deformazione della crosta sotto il peso delle masse glaciali
La superficie della Terra e quella di Marte, come degli altri pianeti terrestri, è costituita perlopiù da roccia e metalli. Nonostante l’aspetto apparentemente inalterabile, la crosta di questi pianeti è soggetta a una serie di deformazioni. Ma rispetto al mantello terrestre, quello marziano risulta essere molto più resistente: a questa scoperta, recentemente pubblicata su Nature, ha contribuito il Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza. Gli scienziati sono partiti dallo studio del polo nord di Marte per capire come la superficie del pianeta risponda alla pressione esercitata da una vasta calotta di ghiaccio, documentando per la prima volta in ambito planetario processi di isostasia post-glaciale.

Pubblicato in Astronomia

 

Il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa è partner di LIFE OASIS, un progetto europeo che punta a salvaguardare la biodiversità marina riducendo il rischio intrappolamento che deriva da attrezzi da pesca abbandonati o smarriti

Ogni anno, in Mediterraneo molte tartarughe marine possono rimanere intrappolate in attrezzi da pesca persi o abbandonati. Proteggere gli ecosistemi del ‘Mare Nostrum’ richiede un'azione coordinata e una responsabilità condivisa, fra i diversi paesi e le diverse flotte che operano al suo interno, per proteggere la nostra biodiversità, ma anche la sostenibilità della pesca e la sicurezza marittima. LIFE OASIS è stato istituito per affrontare questo problema, un progetto pionieristico che combina tecnologia, ricerca e collaborazione diretta con il settore della pesca e marittimo a livello internazionale e che vede il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa fra i partner. Il progetto durerà cinque anni e punta a mitigare gli impatti negativi della pesca e dei rifiuti marini sulla biodiversità del Mediterraneo, con particolare attenzione alle tartarughe Caretta caretta, una specie prioritaria, censita anche nella Direttiva Habitat e classificata nella Lista Rossa della IUCN come specie “Vulnerabile” a livello globale.

Pubblicato in Ambiente


Il fenomeno dell’Arctic greening consiste nell’espansione di vegetazione terrestre al circolo polare artico in un ambiente precedentemente coperto da neve o ghiacci e rappresenta una delle risposte più rilevanti degli ecosistemi terrestri al cambiamento climatico. Uno studio internazionale, coordinato dal Cnr-Isp e svolto in collaborazione con Alfred Wegener Institute, Helmholtz Center for Polar and Marine Research e Joint Research Center-Eni-Cnr, fornisce dati scientifici su come questo processo si sia evoluto nel corso del XX secolo. I risultati sono pubblicati su Nature Communications Earth & Environment

 La tundra, vegetazione tipica delle zone polari artiche, è in rapida espansione, non da oggi ma a partire dall’inizio dello scorso secolo. A svelarlo uno studio internazionale coordinato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e svolto in collaborazione con l’Alfred Wegener Institute, l’Helmholtz Center for Polar and Marine Research e il Joint Research Center Eni Cnr. Secondo la ricerca, che ha ricevuto per le foto la copertina della rivista Nature Communication Earth & Environment, il fenomeno sarebbe strettamente legato alla diminuzione della copertura di ghiaccio marino e al ritiro dei ghiacciai.

Pubblicato in Ambiente


La ricerca, a cui ha preso parte un team di biologi della Sapienza, ha individuato i meccanismi molecolari che consentono ad alcune microverdure di germogliare e crescere al buio. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Plant Communications”
Tra le principali sfide nella coltivazione di verdure nello spazio, una delle più rilevanti è la limitata disponibilità di risorse energetiche, in particolare la luce, fondamentale per la crescita e il corretto sviluppo delle piante.

L’individuazione di varietà di microverdure in grado di essere coltivate in contesti ambientali estremi, come le missioni spaziali, rappresenta una soluzione ideale soprattutto per rifornire di cibi freschi gli astronauti durante i viaggi e la loro permanenza nello spazio.

Pubblicato in Scienza generale

 

Confronto tra un "burst-like swarm" (pannello d e cerchi rossi nel pannello b) e una sequenza sismica generica caratterizzata da brevi intervalli temporali tra eventi successivi (pannello c e cerchi blu nel pannello b). Si osserva che gli eventi appartenenti alla sequenza di tipo "burst-like" sono prevalentemente localizzati nell’area idrotermale di Solfatara-Pisciarelli, mentre le localizzazioni della sequenza sismica generica si trovano solo nel settore più superficiale del volume sismogenetico

 



Un nuovo studio svolto congiuntamente da Cnr e INGV svela segnali sismici peculiari ai Campi Flegrei: una chiave per comprendere l'attuale dinamica. La ricerca è pubblicata sulla rivista Nature Communications

 Un'importante collaborazione tra ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irea) ha portato alla luce nuovi e significativi risultati sulla sismicità dei Campi Flegrei, area vulcanica attiva che dal 2005 è caratterizzata da processi dinamici che mostrano un graduale incremento nel tempo.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha preso in esame alcuni sciami sismici di tipo vulcano-tettonico divenuti evidenti dal 2021, osservando un incremento nella loro frequenza di accadimento, caratterizzata da intervalli di tempo estremamente brevi tra un evento e l’altro: “Questi sciami sismici, definiti "burst-like", si manifestano con una sequenza rapida di piccoli terremoti che rende complessa la distinzione dei singoli eventi nel sismogramma tramite le consuete tecniche di analisi”, racconta Flora Giudicepietro, ricercatrice INGV e prima autrice del lavoro. “Parallelamente, i fenomeni di sollevamento del suolo, l’attività sismica ordinaria e le emissioni di gas, tipici di questa fase di attività, hanno mostrato un’accelerazione”.

Pubblicato in Geologia


Uno studio coordinato dal Cnr ha indagato per la prima volta gli effetti delle inalazioni di nanoplastiche nei mammiferi, rivelando che queste sono in grado di penetrare nel cervello e deteriorare, in particolare, la funzione olfattiva. La ricerca, condotta in collaborazione con il Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma è pubblicata sulla rivista Science of The Total Environment.


Le nanoplastiche - piccolissimi frammenti di plastiche, di dimensioni inferiori a un millesimo di millimetro - sono ormai diffuse in quasi tutti gli ecosistemi, compresi suolo, aria e acqua: la massiccia contaminazione determina un rischio per gli organismi viventi, tra cui l’essere umano, che può entrare in contatto con queste sostanze in diversi modi, attraverso la catena alimentare, l'acqua e l'aria. Oggi, per la prima volta, uno studio coordinato dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) di Monterotondo Scalo (Rm) ha approfondito gli effetti dell'inalazione di nanoplastiche nei mammiferi.

Pubblicato in Medicina


Grazie all’analisi isotopica di ossa e denti di oltre 50 individui, uno studio guidato dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova rivela che nell’VIII secolo a.C. la comunità dell’isola di Ischia era formata da immigrati greci, fenici e italici (con una presenza importante di donne anch’esse immigrate)
Nell’VIII secolo a.C. l’isola vulcanica di Ischia vede il primo insediamento greco nel Mediterraneo occidentale e diventa un vero emporio di convivenza tra comunità locali, greci e fenici: a rivelarlo è lo studio dal titolo Where Typhoeus lived. 87Sr/86Sr Analysis of Human Remains in the Volcanic Environment of the First Greek Site in the Western Mediterranean (Pithekoussai, Italy), pubblicato sulla rivista scientifica “iScience”, di un team internazionale di ricerca coordinato da Melania Gigante del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova che ha analizzato i resti umani della necropoli di Pithekoussai (a Ischia) dimostrando la complessità delle interazioni culturali e biologiche in questo sito chiave per lo studio della nascita della Magna Grecia.

Pubblicato in Archeologia

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