Le azetidine si generano con la luce solare

Team di ricerca scopre nuovo metodo per creare piccole molecole per farmaci che possono curare tumori e patologie genetiche.
La crescente popolarità delle piccole molecole organiche nella ricerca di nuovi farmaci ha spinto i chimici a sviluppare nuove strategie per creare queste strutture.
Recentemente, è stato utilizzato un metodo chiamato "rilascio di tensione" per costruire nuove molecole bioattive. Per rilascio di tensione si intende la possibilità di fare reagire dei composti che hanno un’elevata energia dovuta alla tensione creata tra glia atomi che li compongono, un po’ come quando si tende una corda all'estremo.
Una nuova tecnologia per migliorare la mappatura dell’attività cerebrale

Messo a punto da studiosi dell’Università di Bologna e del Dartmouth College, è un innovativo template della superficie corticale, costruito a partire dall’anatomia di 1031 cervelli umani, che permette di realizzare studi di risonanza magnetica funzionale con meno dati ed un maggiore livello di replicabilità e riproducibilità Bologna, 1 agosto 2024 - Un nuovo strumento, più efficiente, più accurato e più economico, per studiare il funzionamento della corteccia cerebrale. Si chiama “Onavg”, abbreviazione di “Open Neuro Average”, ed è nato dal lavoro congiunto di studiosi dell’Università di Bologna e del Dartmouth College (USA).
Così le aree visive superiori del cervello influiscono sulla percezione della realtà

Uno studio dell'Istituto di neuroscienze del Cnr di Pisa, pubblicato su Nature Communications, ha indagato per la prima volta dal punto di vista sperimentale la funzione svolta dalla corteccia visiva secondaria nei processi di apprendimento percettivo visivo, evidenziandone il ruolo rispetto alla corteccia visiva primaria.
Uno studio dell'Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In), con la collaborazione del Dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze, ha aggiunto un importante tassello alla comprensione dei processi di apprendimento percettivo visivo, tradizionalmente attribuiti all’area del cervello nota come “corteccia visiva primaria”.
La ricerca, pubblicata su Nature Communications, ha infatti dimostrato che tali processi coinvolgono anche cortecce di ordine superiore, che trasmettono informazioni aggiuntive rispetto a quelle elaborate dalla corteccia visiva primaria, in particolare su aspetti sensoriali relativi al contestocomportamentale in cui le attività del soggetto si svolgono. E’ la prima volta che viene confermato a livello sperimentale in modo così rigoroso il ruolo di questa parte di corteccia, confermando l’esistenza di un “dialogo” tra queste due aree, finora solo ipotizzato.
La gravidanza e l’osteomalacia nell'Alto Medioevo: analisi bioarcheologica rivela carenza di vitamina D da probabile celiachia

I ricercatori del Labanof dell’Università Statale di Milano hanno esaminato due scheletri di donne e dei loro feti, con deformità attribuibili all'osteomalacia, una patologia legata alla fragilità ossea e
associata alla carenza di vitamina D. Carenza che potrebbe essere stata causata da celiachia. I resti, risalenti all’Alto Medioevo, sono stati rinvenuti nei cimiteri milanesi della Basilica di Sant'Ambrogio e della Basilica di San Vittore al Corpo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Journal of Archaeological Science.
L’osteomalacia (o “rachitismo” nei bambini) è causata da una carenza di vitamina D, in questo caso probabilmente derivante da celiachia. Si tratta di una patologia legata alla fragilità ossea, che ha influito sulla salute di due donne in stato di gravidanza nell’Alto Medioevo, aumentando i rischi di complicanze durante il parto.
Analizzato per la prima volta il DNA delle iene fossili siciliane

Le iene siciliane, che abitavano l’isola prima dell’arrivo di Homo sapiens, appartengono a un gruppo diverso da quelle africane: si tratta di una popolazione “relitta” di iene insulari, caratteristica che le rende uniche al mondo, il cui DNA fossile nei resti biologici è sopravvissuto al clima caldo del Mediterraneo. La pubblicazione su Quaternary Science Reviews.
Prima ancora che Homo sapiens arrivasse in Sicilia, circa 16 mila anni fa, sull’isola erano molto diffuse le iene del genere Crocuta.
Tra i più iconici carnivori delle savane, la iena macchiata è oggi presente in buona parte dell'Africa sub-sahariana, ma durante il Pleistocene, tra 800 e 16 mila anni fa, era diffusa in territori molto più ampi che includevano l’Europa e l’Asia, mentre l’unica isola dove la presenza di questa specie è stata documenta-ta dai fossili, è la Sicilia. Questa caratteristica rende le iene siciliane uniche da un punto di vista paleo-biologico e offre agli studiosi una rara opportunità per comprendere meglio sia gli adattamenti che i pro-cessi evolutivi legati all’isolamento geografico di un grande carnivoro, estremamente raro in contesti insulari.
Il ritiro dei ghiacciai: aree della Terra diverse, ma processi di colonizzazione uguali

Un team internazionale coordinato dall’Università degli Studi di Milano ha analizzato, tramite DNA ambientale, 1200 campioni di suolo provenienti dalle aree del mondo in cui i ghiacciai si stanno ritirando: nonostante le aree geografiche siano molto differenti, le dinamiche di colonizzazione e di interazione tra microrganismi, flora e fauna seguono processi simili. La pubblicazione su Nature.
La colonizzazione e l’interazione di microrganismi, di flora e di fauna a seguito del ritiro dei ghiacciai segue una dinamica simile in tutto il mondo, nonostante i ghiacciai siano dislocati in aree completamente diverse del Pianeta: è la conclusione a cui è giunto un gruppo di ricerca della Statale di Milano, che ha utilizzato approcci innovativi basati su tecniche di DNA ambientale.
La ricerca è stata coordinata da Francesco Ficetola, docente di Zoologia del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano, ed è stata appena pubblicata su Nature. Il ritiro dei ghiacciai è uno dei segnali più evidenti del cambiamento climatico: in tutto il mondo, infatti, dalle Alpi all’Artico, i ghiacciai si stanno contraendo, lasciando libere aree sempre più vaste sia in montagna che intorno alle calotte polari.
L’RNA non codificante regola la trasmissione dei segnali nervosi, un nuovo studio chiarisce come

Una ricerca della Sapienza e dell’Istituto Italiano di Tecnologia ha descritto per la prima volta un meccanismo di controllo della morfologia dei neuroni e delle comunicazioni nervose che si basa sull’interazione tra un RNA non codificante e un RNA messaggero. Lo studio, pubblicato su Nucleic Acids Research, apre nuove interpretazioni sull’effettivo ruolo dei vari tipi di RNA nei processi biologici
Le molecole di RNA che non producono proteine, dette non codificanti, sono state descritte nell’ultimo decennio di ricerche come fondamentali per la modulazione dell'espressione dell’informazione contenuta nei geni e dei processi che determinano lo sviluppo di tessuti e organi diversi, compreso il sistema nervoso. La loro peculiare caratteristica di agire sul singolo tessuto in maniera specifica e in momenti precisi dello sviluppo e del differenziamento cellulare rende questa classe di molecole estremamente interessante nell’ ambito della ricerca biomedica.
Un metodo per misurare la potenza di fusione nei reattori nucleari

A sinistra, l'interno del JET. A destra, rappresentazione schematica della reazione di fusione deuterio-trizio
Un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Cnr di Milano ha dimostrato che i raggi gamma prodotti nella reazione nucleare deuterio-trizio possono fornire un metodo di misura accurato e alternativo della potenza raggiunta nei nuovi reattori a fusione. Lo studio è oggetto di due articoli scientifici pubblicati su Physical Review C e Physical Review Letters
Un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Istp) fornisce un importante contributo nel risolvere una delle più grandi “sfide” legate all’utilizzo dell’energia nucleare: misurare la potenza raggiunta nei nuovi reattori a fusione basati sulla reazione deuterio-trizio.
Un futuro incerto per la biodiversità del bacino del Congo

La prima review dedicata agli impatti dei cambiamenti climatici in una delle foreste pluviali più grandi al mondo ha evidenziato le possibili conseguenze negative sulla biodiversità: dall’estinzione delle specie alla diminuzione delle dimensioni degli organismi. I risultati del lavoro, coordinato dal Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza, sono pubblicati sulla rivista Biological Conservation
Il bacino del Congo, la seconda foresta pluviale continua più grande al mondo, è un centro chiave della biodiversità del pianeta e svolge un ruolo significativo nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Quest’area si trova ad affrontare minacce multiformi, tra cui il cambiamento di destinazione d'uso del territorio, lo sfruttamento delle risorse naturali e i mutamenti climatici.
Etna: ecco come il magma arriva in superficie

Team internazionale di ricerca svela dettagli cruciali sulla struttura interna del vulcano Etna.
Una tecnica avanzata di tomografia sismica anisotropa, ovvero che considera la variabilità della velocità delle onde sismiche in base alla direzione di propagazione, ha permesso di ottenere informazioni senza precedenti sulla struttura della crosta terrestre nella regione etnea e sull'interazione tra tettonica e vulcanismo, evidenziando le possibili vie attraverso le quali il magma si “fa strada” verso la superficie. Questo è il risultato dello studio Crustal Structure of Etna Volcano (Italy) From P-Wave Anisotropic Tomography condotto da un team di ricercatori guidato dall’Università degli Studi di Padova, in collaborazione con l’Osservatorio Etneo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE) e con l’Università di Leeds (UK), recentemente pubblicato sulla rivista scientifica «Geophysical Research Letters».
«Rispetto ai precedenti studi tomografici condotti nell’area etnea, questa ricerca si distingue per l’utilizzo pionieristico, in ambiente vulcanico, di tecniche di tomografia anisotropa» spiega Rosalia Lo Bue, prima autrice dello studio, condotto nel ruolo di assegnista all’Università di Padova, e oggi assegnista di ricerca presso l’Osservatorio Etneo dell’INGV. «La tomografia sismica funziona in maniera analoga alla tomografia medica ma utilizza onde sismiche per esplorare l’interno della Terra. Tradizionalmente, la tomografia sismica impiega un approccio isotropo, che non considera la variabilità della velocità delle onde sismiche in base alla direzione di propagazione» dichiara Elisabetta Giampiccolo, ricercatrice dell’INGV-OE.
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